In Italia negli ultimi dieci anni il numero di aziende zootecniche con vacche da latte si è ridotto fino ad arrivare a poco più di 50mila. In Lombardia in particolare, secondo i dati del censimento Istat 2010, sono presenti circa 8.500 allevamenti di vacche da latte.
La quantità di latte prodotto per ogni azienda è aumentata dal 2003 ad oggi, passando da 354 a 475 tonnellate. La dimensione aziendale degli allevamenti bovini da latte è cresciuta negli ultimi anni da 46 capi/azienda nel 2000 a 65 capi/azienda nel 2010 (Istat); sono cresciute quindi le aziende che potenzialmente possono gestire in modo più accurato il processo produttivo in tutte le sue parti e che possono quindi avvalersi di mezzi più accurati per monitorare le varie fasi della produzione del latte alla stalla.
Relativamente alla mungitura, esistono diversi strumenti che possono dare informazioni differenti su performance di mungitura, qualità del processo di lavaggio dell’impianto e andamento del vuoto nelle diverse fasi di mungitura. Una valutazione accurata, affidata anche alla presenza di sensori in azienda, può permettere una pronta valutazione ed intervento in caso di problemi.
In questo articolo si vuole fare una breve rassegna di alcune possibilità di utilizzo di sensori nel processo di mungitura, portando alcuni dati relativi a prove di campo effettuate per scopi di ricerca dal Dipartimento di Scienze agrarie e ambientali (Università degli studi di Milano) all’interno di vari progetti che si sono svolti negli ultimi anni.
Produzione di latte e andamento della curva di emissione
La quantità di latte prodotta è sicuramente un primo importante dato che interessa l’allevatore. È importante poter conoscere lo storico delle produzioni della mandria e della singola bovina, in modo da individuare rapidamente cambi repentini della produzione, che possono essere dovuti a problemi sanitari o gestionali della mandria.
La registrazione in continuo della produzione lattea è possibile tramite l’utilizzo di lattometri elettronici mobili e tramite sistemi di misurazione montati direttamente sull’impianto di mungitura. In diverse sperimentazioni portate avanti dal nostro gruppo di ricerca è stato studiato l’utilizzo di flussometri elettronici, come il Lactocorder, che permette di poter generare curve di flusso ad alta risoluzione (la misurazione viene fatta ogni 0,7 sec), per valutare l’andamento della curva di emissione lattea. Lo studio della curva di emissione lattea può infatti dare informazioni relative a problematiche legate al singolo animale, quale ad esempio uno sbilanciamento produttivo tra quarti o un flusso latteo eccessivamente alto, che predispone ad infiammazioni mammarie (figura 1).
Avendo però a disposizione un numero maggiore di registrazioni effettuate da Lactocorder nella medesima azienda è possibile fare una valutazione generale delle performance di mungitura: sulla routine di mungitura, in termini soprattutto di tempi di attesa prima dell’attacco del gruppo, sul numero di ingressi d’aria durante la mungitura, e sull’adeguatezza del livello di stacco.
In molti casi però tali sistemi di misurazione non sono presenti in azienda di frequente, quindi, utilizzando l’ampia base di dati a nostra disposizione, è stata fatta una valutazione della relazione tra alcuni parametri registrati da Lactocorder e alcuni parametri registrati da un sistema informatizzato di gestione della mandria.
La relazione è risultata molto forte per quanto riguarda i parametri di durata della mungitura, produzione di latte, flusso massimo e flusso nei primi due minuti di mungitura (figura 2).
Sono risultate invece scarsamente correlate le durate/flussi della diverse fasi della curva di emissione lattea, in particolare quelle a basso flusso, nelle prime e nelle ultime fasi di mungitura (fase ascendente e discendente). Sembra quindi interessante utilizzare un sistema come il flussometro elettronico Lactocorder se lo scopo è quello di fare una valutazione più attenta dell’andamento della curva di emissione lattea e della durata dell’eventuale sovramungitura.
Un altro interessante utilizzo del Lactocorder è la valutazione dell’andamento dell’emissione lattea del singolo animale anche ripetuta a distanza di tempo, nel corso della lattazione. Come è possibile vedere nella figura 3, una bovina frisona primipara, che presentava uno sbilanciamento tra quarti a inizio lattazione, anche a distanza di 180 giorni, lo mantiene ed anzi l’emissione simultanea da tutti e quattro i quarti si riduce ulteriormente, portando ad un aumento del tempo di mungitura in cui vengono sovramunti i quarti anteriori (da poco più di 1 minuto a più di 2 minuti).
Nella figura 4 si può vedere la curva di emissione lattea di un’altra bovina frisona primipara a distanza di 60 giorni, è possibile notare un calo produttivo nella seconda registrazione, ma due caratteristiche distintive della curva rimangono costanti: la presenza di bimodalità, definita come diminuzione o interruzione del flusso latteo dopo l’emissione del latte cisternale, e la presenza di un flusso massimo elevato, che da studi precedenti (Sandrucci et al, 2007; Tamburini et al., 2010) sono caratteristiche che possono predisporre una maggior suscettibilità a mastiti.
Valutazione e monitoraggio del vuoto nell’impianto di mungitura
I fattori principali legati all’impianto di mungitura che hanno un effetto sulle condizioni del capezzolo, secondo un gruppo di ricerca americano (Reinemann, 2013), sono i seguenti (in ordine di priorità):
Dimensioni della guaina in relazione alla dimensione del capezzolo.
Tipologia di guaina inclusa la forma, il materiale e la ventilazione (eventuale).
Livello di vuoto di mungitura, sia durante il flusso massimo che durante il basso flusso.
Durata della sovra-mungitura.
Pulsazione.
L’adeguatezza della dimensione del capezzolo, in termini di diametro e soprattutto di lunghezza, alla guaina scelta da ogni azienda è essenziale affinché la mungitura avvenga in modo corretto e non si sviluppino stress a breve e a lungo termine sul capezzolo. Fenomeni come la cianosi e l’arrossamento del capezzolo, la formazione di anelli alla base dello stesso e la presenza di ipercheratosi sulla punta del capezzolo (figura 5) possono, a lungo andare, compromettere in modo importante la sanità della mammella e senza dubbio sono sintomi di uno scarso benessere in fase di mungitura.
Per valutare l’adeguatezza di una guaina alla mandria è necessario quindi analizzare prima di tutto il problema che si è verificato: cianosi/arrossamento dei capezzoli, ipercheratosi dell’apice del capezzolo molto diffusa oppure problemi legati alle performance di mungitura, quali frequenti cadute del gruppo di mungitura, durata eccessiva della mungitura ecc.
In base alla tipologia di problema è poi possibile fare diversi rilievi associando l’utilizzo di sensori, per valutare come procedere.
Per valutare le interazioni animale-uomo-macchina
Recentemente è stata messa a punto una nuova tecnologia (VaDia: Vacuum Diagnostics of milking), sviluppata da Biocontrol (Norvegia) in collaborazione con l’International Dairy Federation (IDF) e Tine, la più grande cooperativa lattiero-casearia della Norvegia, per misurare il vuoto durante la mungitura in quattro punti del gruppo prendicapezzoli. Di fatto, si tratta di un datalogger sufficientemente piccolo e leggero da poter essere fissato direttamente a un prendicapezzolo (figura 6) durante la mungitura, per misurare il livello di vuoto all’interno dei tubi corti del latte (short milk tube vacuum- SMT) e di pulsazione (short pulsation tube vacuum), e nella testa della guaina (mouthpiece chamber vacuum-MPC).
Al termine della sessione di mungitura i dati immagazzinati nel dispositivo possono essere scaricati su PC e, attraverso un software dedicato, possono essere visualizzati in dettaglio.
Questa tecnologia apre una nuova fase nel controllo della mungitura permettendo di valutare non solo le prestazioni della macchina mungitrice in sé, ma anche le interazioni animale-uomo-macchina evidenziando, ad esempio, se le guaine impiegate non si adattano ai capezzoli della mandria, se le mammelle non vengono stimolate a sufficienza prima dell’attacco del gruppo prendicapezzoli, se la sovramungitura è smisurata, se l’attacco del gruppo di mungitura avviene con eccessivi ingressi d’aria. La grossa novità è legata al fatto che le misurazioni vengono fatte nel corso della mungitura, e non a impianto vuoto, questo dà un’informazione importante su ciò che realmente accade quando l’animale viene munto, d’altra parte essendo ogni animale diverso molte sono le variazioni legate proprio al flusso latteo di quello specifico animale.
Relazione tra flusso latteo
e vuoto
Per questo motivo in un lavoro svolto di recente dal nostro gruppo di ricerca è stato accoppiato l’utilizzo del sensore Vadia con il Lactocorder, in modo da avere un’informazione in più sulla relazione tra flusso latteo e vuoto (figura 7).
Il vuoto nella testa della guaina (MPC) durante la mungitura è necessario che sia adeguato per mantenere la guaina stessa adesa al capezzolo; se il vuoto nella testa della guaina è troppo basso si possono verificare cadute del gruppo con ingresso di aria (e con questa batteri-maggior infezioni mammarie); se invece è troppo alto si può verificare congestione (edema e cianosi) del capezzolo, in questo caso l’adesione tra guaina e capezzolo avviene all’apice ma non tra capezzolo e corpo della guaina. È quindi molto interessante valutare il vuoto in questo punto del gruppo, esso deve essere indicativamente tra 10 e 30 kPa (Ronningen e Rasmussen, 2008), è in relazione con il flusso latteo, con le dimensioni del capezzolo che aderisce più o meno alla guaina determinando in alcuni casi l’ingresso di aria nella testa della guaina, è sicuramente in relazione con la presenza o meno di ventilazione della guaina.
Nella sperimentazione svolta da noi è stato registrato un abbassamento del vuoto nella testa della guaina utilizzando guaina ventilate, rispetto a quelle non ventilate, come è possibile vedere dalla figura 8. Nelle guaine ventilate infatti c’è un continuo ingresso d’aria, da un foro presente sulla testa della guaina, che permette appunto un abbassamento del vuoto in questa zona, questo dovrebbe determinare una mungitura più delicata con un minor stress del capezzolo.
Fluttuazioni di vuoto eccessive nella testa della guaina sono sintomo di un abbassamento del flusso latteo e di prolungata fase a basso flusso, tale parametro dovrebbe essere utilizzato per settare il livello di stacco automatico.
Nelle figure 9 e 10 sono state messe a confronto le curve registrate da Lactocorder e quelle registrate da Vadia, sulle medesime bovine. È possibile notare un andamento speculare del flusso latteo e del vuoto nella testa della guaina, al diminuire del primo aumenta il secondo, e viceversa. Quando dopo pochi secondi di mungitura (figura 9) si è verificato un ingresso d’aria nel gruppo, si può notare una caduta repentina del vuoto nel tubo corto del latte (SMT) ed un aumento delle fluttuazioni del vuoto nella testa della guaina (MPC). Verso fine mungitura, inoltre le fluttuazioni nella testa della guaina aumentano, quando cioè si verifica un abbassamento del flusso latteo. Questo ultimo aspetto è ancora più evidente nella figura 10, in cui è stata misurata una curva di emissione lattea ‘a gradini’, nella quale, come detto in precedenza la produzione lattea è sbilanciata tra quarti anteriori e posteriori, per questo quando il flusso diminuisce sensibilmente, a causa dello svotamento dei quarti anteriori, le fluttuazioni di vuoto nella testa della guaina sono importanti (anche numericamente) e prolungate nel tempo.
Il lavaggio dell’impianto
Utilizzando il medesimo strumento utilizzato per registrare le curve di emissione lattea (Lactocorder) è possibile, con un programma specifico, valutare l’andamento del lavaggio nell’impianto di mungitura. Il Lactocorder è in grado di suddividere il ciclo di lavaggio in tre fasi principali (figura 11): risciacquo iniziale, lavaggio vero e proprio con utilizzo di detergente neutro, risciacquo finale. Durante le varie fasi il flussometro misura la durata, la temperatura massima, media e minima, il grado di riempimento delle tubature con la soluzione circolante (indicata come acqua in percentuale), la turbolenza dell’acqua, data dalla miscela aria e acqua, e la conducibilità elettrica della soluzione circolante.
Dai risultati ottenuti in una sperimentazione condotta dal nostro gruppo di ricerca nel 2009-2010 su 22 aziende lombarde, è risultato un problema molto diffuso quello dell’utilizzo di acqua troppo fredda per lavare l’impianto di mungitura: la media rilevata è stata di soli 35°C come temperatura massima di lavaggio.
Inoltre, risultato ancora più interessante, si è visto che aziende che utilizzavano una temperatura dell’acqua più bassa della media hanno avuto una maggior contaminazione batterica nel latte (Carica batterica standard - Cbs), nelle guaine dell’impianto di mungitura, misurata tramite l’analisi di tamponi passati sulle guaine stesse, e nell’acqua di risciacquo dell’impianto (figura 12).
In conclusione possiamo dire che l’utilizzo di questi sensori può essere un valido aiuto per analizzare la situazione aziendale e per valutare se tutto funziona correttamente (routine di mungitura, impianto di mungitura e di lavaggio). I diversi strumenti sono inoltre un utile mezzo per capire dove sta il problema nel caso in cui si presentino dati anomali quali, incremento improvviso delle cellule somatiche individuali o di mandria, stato del capezzolo non ottimale, incremento della carica batterica ecc.
È importante però che tutti questi strumenti vengano usati correttamente e che l’interpretazione dei dati che mettono a disposizione sia accurata, per questo motivo è importante che i ricercatori, i tecnici, gli allevatori e i mungitori riescano a dialogare tra loro per tramutare le informazioni ottenute in nuove modalità di lavoro, per migliorare continuamente la gestione della delicata e fondamentale fase di mungitura.
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