La Penn State University, Stati Uniti, ha pubblicato uno studio circa l’efficienza alimentare per le vacche in lattazione e la correlazione con l’Iofc (Income Over Feed Costs, ossia l’indice di reddito al netto dei costi alimentari) di Daryl Maulfair e al., 2011. Di tale studio quest’articolo analizzerà solo la parte riguardante l’efficienza alimentare, in particolare la sua definizione, il calcolo e i fattori che la influenzano.
Non è tutto. Chi scrive ha analizzato le efficienze alimentari di alcuni allevamenti del Piemonte e degli Stati Uniti secondo i calcoli proposti dallo studio statunitense di Maulfair. Presenteremo qui, nella seconda parte di questo articolo, i risultati di queste analisi.
Che cos’è l’efficienza alimentare
L’efficienza alimentare, secondo lo studio di Daryl Maulfair, è utilizzata per determinare l’abilità della bovina a trasformare i nutrienti degli alimenti in latte o in componenti del latte. In termini più semplici sono i kg di latte prodotti per i kg di sostanza secca ingerita. È un parametro importante che dovrebbe essere monitorato costantemente dall’allevatore soprattutto nei periodi in cui i margini di profitto diminuiscono.
Ci sono due strategie per migliorare l’efficienza alimentare nelle bovine da latte: aumentare la produzione di latte somministrando alle bovine la stessa quantità di sostanza secca, quindi non aumentarla, oppure diminuire la quantità di sostanza secca somministrata mantenendo la stessa produzione di latte. Questo è possibile, sottolinea Maulfair, se l’animale è nutrito con alimenti di alta qualità.
Aumentare, invece, l’ingestione della sostanza secca potrebbe diminuire la digeribilità della razione e la bovina diventerebbe alquanto meno efficiente a estrarre energia da ciò che si nutre. È molto importante ottimizzare l’ingestione della sostanza secca piuttosto che massimizzarla.
Nella maggior parte dei casi aumentare l’ingestione nelle bovine ad alta produzione suona economicamente pratico ma in qualche circostanza, avere un maggior costo per avere più energia potrebbe essere meno conveniente, anche se la bovina produce più latte. Questo porterebbe ad avere un basso Iofc.
Calcolare l’efficienza alimentare
Lo studio di Maulfair, svolto alla PennState University, propone diversi fattori da considerare quando si misura e si calcola l’efficienza alimentare.
Il primo è utilizzare l’attuale sostanza secca ingerita dalla bovina. Un’accurata raccolta di dati dell’ingestione di sostanza secca è vitale per stimare con accuratezza l’efficienza alimentare. Si parte dalla mangiatoia, è fondamentale porre attenzione alla razione realmente consumata dalla bovina rispetto la razione formulata, quindi attenzione agli avanzi! Nel calcolo della sostanza secca ingerita è necessario prendere in considerazione anche lo scarto giornaliero.
Altro fattore fondamentale è la percentuale di sostanza secca negli alimenti, monitorarla settimanalmente è molto utile per calcolare l’efficienza alimentare.
Infine, un punto importante e necessario per far confronti equi è la standardizzazione dell’efficienza alimentare tramite il parametro “Latte Corretto a Energia” (Energy Corrected Milk - ECM). Questa standardizzazione, calcolata con una formula, permette di confrontare bovine di razze diverse o della stessa razza che producono latte con composizione di grasso e proteine differenti. È stata studiata nel 1965 da Tyrrell e Reid, ecco la loro formula:
ECM = (12.82 x libbre di grasso) + (7.13 x libbre di proteina) + (0.323 x libbre di latte).
Una volta ottenuti questi dati è possibile procedere alla semplice divisione tra i chilogrammi di latte prodotto e la sostanza secca ingerita.
L’ingestione può essere calcolata per la mandria, per i gruppi o la singola bovina.
Lo studio di Daryl Maulfair infine ha individuato alcuni fattori che influenzano l’efficienza alimentare. Li schematizziamo in sei punti nel box pubblicato qui sotto.
Analisi delle razioni di cinque allevamenti
Ora, chi scrive è passata ad analizzare in base a questi principi cinque allevamenti di bovine da latte: tre situati in Piemonte e due situati nell’Iowa, Stati Uniti. Grazie a queste cinque aziende è stato possibile calcolare l’efficienza alimentare secondo lo studio della PennState University.
Obiettivo di questa iniziativa: presentare agli allevatori che ci leggono esempi concreti di applicazione di questi principi teorici, in modo da fornir loro le basi per calcolare l’efficienza alimentare delle proprie bovine.
Piemonte/1: Società Agricola l’Alpina
Il primo allevamento, denominato L’Alpina di Giaveno, è una società agricola cooperativa dei tre fratelli Giorgio, Paolo e Fabio ed è situata a Giaveno (To). L’allevamento ha 160 bovine in lattazione, munte due volte al giorno, con una produzione media di 33 kg di latte dì al 4% di grasso e al 3,55% di proteina.
L’azienda lavora 60 ettari di terreno di prato stabile, tutto il resto degli alimenti è acquistato. Questa scelta è stata fatta per le caratteristiche del territorio in cui l’allevamento risiede; la zona è molto collinosa quindi non permette di spostarsi adeguatamente con i macchinari agricoli o di eseguire lavori necessari per alcune colture come ad esempio il mais.
L’allevamento conferisce il latte alla Compral, cooperativa che ha in gestione, come primo acquirente, la fornitura del latte da destinare al polverizzatore Inalpi di Moretta (Cn).
La Tabella 2 descrive la razione somministrata ai capi in lattazione, l’allevamento non ha gruppi suddivisi per alimentazione quindi vi è un’unica razione e non c’è scarto giornaliero. Le bovine ingeriscono 22.1 kg di sostanza secca e presentano un latte ECM di 35.9 kg con efficienza alimentare 1.6.
Piemonte/2: Azienda Agricola Futura
La seconda azienda analizzata è l’Azienda agricola Futura, di Michelangelo Giughera e figlia Elisa. L’allevamento, situato a Cercenasco (To), ha 74 bovine in lattazione munte due volte al giorno con una media di 32.6 kg di latte al dì al 3.9% di grasso e al 3.4% di proteina.
L’azienda lavora 44 ettari suddivisi in 30 ettari di mais, 13 ettari di prato stabile e 1 ettaro di grano. L’allevamento conferisce il latte all’Abit ed è utilizzato per produrre il latte fresco di alta qualità.
La Tabella 3 mostra la razione somministrata alle bovine in lattazione dall’azienda agricola Futura: l’allevamento non ha gruppi suddivisi per alimentazione e non c’è scarto giornaliero. Le bovine ingeriscono 20.1 kg di sostanza secca e presentano un latte ECM di 34.4 kg con efficienza alimentare 1.7. Nel momento in cui è stata fatta l’intervista la stalla aveva un terzo di primipare in lattazione.
Piemonte/3: Bas Farm Holstein
La terza azienda analizzata è la Bas Farm Holstein, di Basano Franco e figli. L’allevamento è situato ad Airasca (To) e munge 150 vacche due volte al giorno, con una produzione media di 36.5 kg di latte al dì al 4% di grasso e al 3.57% di proteina.
L’azienda lavora 110 ettari suddivisi in 65 ettari di mais, 30 ettari di prato stabile, 8 ettari di orzo e 7 ettari di grano. La Bas Farm Holstein conferisce il latte alla Centrale del latte utilizzato per produrre il latte fresco di alta di qualità.
La Tabella 4 mostra la razione somministrata alle bovine in lattazione in questa azienda. L’allevamento ha tre gruppi di gestione delle bovine in latte, fresche, primipare e pluripare e un’unica razione. È presente una piccola quantità di scarto che non è stata conteggiata nel calcolo in quanto non significativo nel risultato finale. Le bovine ingeriscono 25.9 kg di sostanza secca e presentano un latte ECM di 39.9 kg con efficienza alimentare 1.5.
Le due aziende statunitensi
Infine, chi scrive ha analizzato anche due allevamenti situati nel Nord-est dell’Iowa, Stati Uniti. Il primo allevamento (qui denominato “allevamento statunitense 1”) munge 350 bovine tre volte al giorno, con una produzione media di 41.7 chilogrammi di latte al dì al 3.5% di grasso e al 3.1% di proteina. L’azienda lavora 1.200 ettari suddivisi in 800 ettari di mais, 200 di erba medica e 200 di soia. Il latte è conferito all’American Milk Producers Incorporated per produrre burro e formaggio.
La Tabella 5 mostra la razione somministrata alle bovine in lattazione da questo primo allevamento statunitense. L’allevamento ha un solo gruppo di alimentazione e le bovine ingeriscono 26 kg di sostanza secca. Il latte ECM è di 42.1 kg e l’efficienza alimentare è 1.6.
La seconda azienda (qui denominata “allevamento statunitense 2”), sempre dislocata nel Nord-Est dell’Iowa, Stati Uniti, ha 200 vacche in lattazione. Al 40% delle bovine, durante la mungitura, è iniettata la somatotropina. Gli animali sono suddivisi in due gruppi di alimentazione: le primipare e le pluripare. Le primipare producono 35.4 chilogrammi di latte al dì al 4% di grasso e al 3.2% di proteina mentre le pluripare producono 39.5 chilogrammi di latte al dì al 4% di grasso e al 3.2% di proteina.
L’azienda lavora 80 ettari di terreno: 40 ettari di mais e 40 di erba medica. Il latte è conferito allo stesso caseificio della prima azienda.
Abbiamo elaborato due tabelle per l’ “allevamento statunitense 2”: la Tabella 6 mostra la razione delle primipare con un’ingestione di sostanza secca 25.1 kg, un latte ECM di 37.7 kg e un’efficienza alimentare di 1.5. La Tabella 7 mostra la razione delle pluripare con un’ingestione di sostanza secca 28.3 kg, un latte ECM 42.1 e un’efficienza alimentare pari di 1.48
Uno strumento potente
In conclusione, lo studio di Maulfair, svolto alla PennState University, afferma che l’efficienza alimentare può essere utilizzata come strumento di gestione per migliorare le produzioni, la redditività e la gestione dei nutrienti.
L’efficienza alimentare, usata correttamente, può diventare uno strumento potente. Migliorare l’efficienza può essere sempre vantaggioso perché significa ottenere più latte per unità di sostanza secca ingerita, o ottenere la stessa quantità di latte diminuendo la sostanza secca somministrata.
Comune denominatore di entrambe le strategie è l’impiego, in razione, di alimenti di alta qualità.
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