Il ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, Maurizio Martina ha convocato per l’11 febbraio prossimo un nuovo incontro con i rappresentanti del mondo agricolo e industriale della filiera lattiero casearia italiana e delle regioni interessate a Roma. “Lavoriamo – ha dichiarato intervenendo recentemente a Soragna al convegno suI Parmigiano Reggiano – per gestire un momento cruciale per il settore del latte come la fine del regime delle quote. Per questo siamo impegnati in Europa per un’uscita morbida e per una strategia di medio periodo che tuteli in particolare il ruolo e il reddito degli allevatori”. Il ministro ha ricordato il Fondo Latte di qualità inserito nella Legge di Stabilità con una dotazione di circa 110 milioni di euro per i prossimi tre anni che finanzierà azioni volte al miglioramento del prodotto. “Stiamo predisponendo - ha sottolineato sempre Martina - il decreto ministeriale di attuazione che presenteremo agli operatori della filiera. Il nostro Istituto Ismea supporterà l’operazione attraverso interventi sulle garanzie finanziarie per gli allevatori, in modo da rendere ancora più efficace l’azione”.
Il prezzo in caduta libera
Intanto le stalle devono affrontare un crollo verticale dei prezzi della materia prima che sta innescando una crisi del settore senza precedente, anche in vista di una fine del regime delle quote latte dal 1° aprile 2015 e di una liberalizzazione della produzione e anche del valore di mercato.
Dal 30 giugno 2014 non c’è un prezzo di riferimento in Lombardia, la regione che produce il 42% del latte nazionale perché non è stato possibile rinnovare il contratto aziendale tra Italatte, il più grande primo acquirente del latte nazionale, e le organizzazioni agricole regionali di Coldiretti, Confagricoltura e Cia. Il prezzo di questa intesa da anni è considerato come benchmark al posto di quello dell’accordo interprofessionale con Assolatte, l’associazione italiana delle industrie della trasformazione.
In una lettera inviata ai conferenti allevatori il 31 dicembre 2014 la multinazionale francese ha infatti comunicato che avrebbe pagato 36 centesimi al litro per le consegne di dicembre 2014. Significa il 19,1% in meno rispetto al prezzo dell’accordo scaduto 7 mesi fa che prevedeva un pagamento di 44,5 centesimi al litro. A ottobre e novembre il latte era stato liquidato invece tra i 37 e i 38 centesimi.
Ma non solo: Italatte e altre imprese della trasformazione chiedono anche di indicare nel “contratto di somministrazione” quanto ciascun allevatore prevede di produrre della campagna 2015-2016. Una dichiarazione che secondo la multinazionale sostituisce “l’indicazione dei capi presenti in azienda” ma che i produttori di latte hanno giudicato un’imposizione.
Le organizzazioni professionali agricole
Confagricoltura e Cia hanno sottolineato il momento di grande difficoltà per il settore lattiero–caseario” alle prese con un andamento particolarmente sfavorevole del mercato.
Per le due organizzazioni “risulta sostanzialmente impossibile per gli allevatori programmare la propria produzione nell’immediato futuro, in assenza di una prospettiva economica certa che garantisca il loro lavoro”. Tradotto, i produttori di latte non possono prevedere quanto latte produrranno senza sapere quanto sarà loro pagato.
Il gruppo latte della Cia riunito a Milano ha indicato il percorso: “E’ necessario arrivare a un accordo sul prezzo della durata di almeno 3 mesi – ha commentato Mario Lanzi, coordinatore della Cia Lombardia. Non si può pensare inoltre di sostituire le quote latte con le dichiarazioni produttive chieste dalle imprese agli allevatori. In vista di una fine del regime delle quote latte il settore necessita inoltre di misure che consentano al settore un atterraggio morbido in modo da salvaguardare il reddito dei produttori”. Chi non ha pagato le multe per essere in regola non dovrebbe poi aver diritto agli aiuti della Pac.
In particolare, Agrinsieme, il coordinamento tra Cia, Confagricoltura e Alleanza delle Cooperative Agroalimentari, ha chiesto al ministro Martina di prevedere la creazione di un organismo interprofessionale che si faccia promotore delle future strategie nazionali in conformità con le norme comunitarie di riferimento sancite dal cosiddetto “Pacchetto Latte” e la revisione delle norme e delle regole che sovraintendono ai rapporti contrattuali, rendendo più attuali le regole ed contenuti dei contratti di fornitura.
“Non sono preoccupato per la richiesta di una previsione di produzione da parte di Italatte – fa sapere anche Ettore Prandini, presidente di Coldiretti Lombardia - ma le imprese agricole non possono sapere quanto verranno pagate solo dopo la consegna. E’ una situazione inaccettabile. L’industria non può assumere questo atteggiamento così provocatorio”.
Propositivo Gianpiero Calzolari, presidente del Gruppo Granarolo: “Se teniamo sul serio alla sopravvivenza della filiera zootecnica italiana, occorrono misure strutturali per tutelare gli allevatori dalla volatilità dei prezzi del latte, soprattutto ora che il regime delle quote finirà. Il rischio è che, altrimenti, chi ha fatto un investimento sulla qualità e tipicità del proprio prodotto - come gli allevatori Granlatte-Granarolo - si trovi a concorrere ad armi impari con del latte europeo omologato che arriverà sul mercato italiano a prezzi molto più bassi”.
Sul mancato accordo del prezzo del latte fra allevatori e industria di trasformazione, Fava sollecita per l’ennesima volta l’intervento del ministero delle Politiche agricole. “Le logiche del mercato devono essere mediate da soluzioni concrete – ha detto -. Siamo un paese che ha ancora la mediazione nazionale, mi auguro ci sia qualcuno che convoca il Tavolo interprofessionale per chiudere la partita, perché su questo la Regione non ha poteri concreti”..
Martina contro Fava e viceversa
“Aspettavo oggi a Roma l’amico Assessore Gianni Fava per la riunione che abbiamo avuto con le Regioni proprio sul Piano operativo nazionale (Pon) di sviluppo rurale. Peccato non abbia potuto partecipare, mi aspettavo delle proposte, anche per il settore del latte, ma non è arrivato nulla. È stato un incontro proficuo proprio per stabilire anche delle linee di azione per l’impiego di 1,64 miliardi di euro che abbiamo voluto fortemente destinare alla gestione delle crisi e ai settori che sono a rischio, come quello lattiero caseario” Così ha detto il ministro Martina sottolineando anche che “Il Governo fa la sua parte con atti precisi non certo con polemiche inutili”.
L’assessore lombardo all’Agricoltura aveva attaccato nei giorni scorsi il Piano messo a punto dal governo, “che vale sulla carta 108 milioni, ma di questi solo 8 milioni sono veri, perché stanziati per il 2015, mentre gli altri sono suddivisi 50 e 50 nei prossimi due anni e sappiamo con quanta facilità l’esecutivo cambia le disponibilità a bilancio”. Per Fava la soluzione sarebbe il ricorso allo strumento delle assicurazioni per tutelare gli allevatori contro la volatilità all’interno del comparto lattiero caseario. Il modello, peraltro, è stato adottato anche negli Stati Uniti, con notevole successo
Non saliranno le quotazioni fino a luglio 2015
a livello internazionale e secondo le previsioni della banca olandese Rabobank all’orizzonte non ci saranno schiarite nel brevissimo termine: la ripresa delle quotazioni si farà attendere almeno fino a luglio a causa dell’assenza dal mercato degli acquirenti cinesi e del persistente blocco nelle importazioni da parte della Russia. Una spinta per il mercato è invece la perdita di valore dell’euro rispetto al dollaro e dalle recenti misure annunciate dalla Bce. La banca prevede ancora che il vero impatto del blocco dalla Russia, che assorbiva il 30% delle esportazioni di formaggi della Ue, si avvertirà in primavera, quando in Europa la trasformazione lattiero-casearia raggiungerà il tetto produttivo stagionale. Anche se in Europa si prospetta una produzione di latte contenuta nel primo semestre 2015 ed in Nuova Zelanda la crescita è debole, l’offerta mondiale continuerà ad eccedere rispetto alla domanda. Francesca Baccino