È all’orizzonte una delle date più importanti dell'anno per la zootecnia italiana, il primo luglio. Non è la scadenza per fare domanda di adesione a un piano di sviluppo rurale, né il giorno dell’assemblea del consorzio del Grana padano. Ma rimane una data cruciale per il lavoro degli allevatori: è il giorno in cui, a Roma, verranno presentati i palinsesti di autunno della Rai.
E si fa sempre più vivo il timore che quel giorno andremo a sbattere contro un muro. Che venga annunciata una recrudescenza degli attacchi agli allevamenti italiani, nel nome di quel catastrofismo ambientalista e di quel veganesimo oltranzista che fanno tanta audience signora mia.
Attacchi che avevano già vivacizzato le serate in tivvù nei tre mesi del lockdown. Che avevano individuato negli allevamenti intensivi la causa della diffusione del coronavirus, o che avevano addebitato alla zootecnia la responsabilità dello scioglimento dei ghiacciai con immediata sommersione delle città costiere. Immortale il frame video che riproduciamo anche qui. Con il risultato di screditare il lavoro degli allevatori presso la pubblica opinione. Obiettivo raggiunto (complimenti).
Per questo il primo luglio prossimo viene visto come una data cruciale: tutto lascia pensare che questa linea editoriale continuerà, forse si accentuerà. A danno di un settore fondamentale dell’economia nazionale com’è quello delle produzioni animali.
In marzo, aprile, maggio, di fronte al problema tutto il mondo agricolo aveva reagito indignato, la stessa nostra rivista se n’era occupata più volte, le associazioni di settore come Cia, Confagricoltura, Alleanza cooperative, Copagri, Carni sostenibili, Unaitalia, Assalzoo, Assocarni, Assolatte, Assica, Coldiretti… avevano protestato anche scrivendo ai vertici Rai (si veda per esempio il sito di IZ al link https://bit.ly/3dy6KQn ). Avevano protestato, ricordando come rispetto ambientale benessere animale e sicurezza alimentare siano ormai dei prerequisiti, senza però trovare risposte nell’offerta giornalistica televisiva. Ed è facile prevedere che le stesse proteste si ripeteranno dalla sera del primo luglio, sempre senza effetti.
A meno che non intervenga, tra chi decide sui palinsesti Rai, un sussulto di dignità giornalistica a favore del pluralismo, della completezza dell’informazione, più che del facile sensazionalismo. Non si accenda per esempio l’intuizione di quanto potrebbe essere interessante per il grande pubblico conoscere le storie imprenditoriali ma anche umane di chi produce gli alimenti che si portano in famiglia facendo la spesa.
È cosa ingenua sperare di ritrovare questo tipo di svolta, il primo luglio? Probabilmente sì. D’altra parte noi giornalisti un fondo di ingenuità nelle nostre analisi e nei nostri interventi lo conserviamo sempre, per natura. E anche Marcello Foa è un giornalista.