Parmigiano Reggiano, al via l’operazione scolmatura

Nicola Bertinelli.
Si tratta dell’aspetto più innovativo del pacchetto di contromisure messo a punto dal consorzio per rispondere ai problemi di mercato dovuti al coronavirus. Il presidente del consorzio Nicola Bertinelli spiega all’Informatore Zootecnico i dettagli del progetto

 

Il consorzio del formaggio Parmigiano Reggiano ha un progetto per far fronte agli effetti del Covid sul mercato del formaggio. Un progetto articolato, rigoroso, innovativo, che prevede fra l’altro la collaborazione degli allevatori. Ci spiega tutto il presidente del consorzio Nicola Bertinelli.
Bisogna partire, premette, “dal fatto che la quantità di Parmigiano Reggiano sul mercato deve essere in consonanza con la domanda. Quindi non è solamente un problema di aumento dell'offerta, è anche un problema di diminuzione della domanda. Cioè noi dobbiamo lavorare perché quanto è accaduto, sta accadendo e forse accadrà col Covid non comporti l’affermazione di questa distonia tra la quantità di prodotto che verrà offerta e quella che verrà richiesta. Perché comunque quello che accadrà sui mercati internazionali e nazionali nessuno in realtà lo sa fino in fondo”.

Dunque c’è grande incertezza su come evolveranno gli equilibri di mercato.

“Guardiamo per esempio a un paese come gli Stati Uniti, che è il principale mercato estero del Parmigiano Reggiano: è sotto gli occhi di tutti quello che sta accadendo da un punto di vista sanitario e presumibilmente anche da un punto di vista imprenditoriale e aziendale. Non si sa in futuro la domanda come evolverà, in quel paese. Ma pensiamo anche al Regno Unito, che è il nostro quarto mercato estero, e alla grande incertezza generata dalla Brexit. E pensiamo a tutto il consumo fuori casa, che non è legato solo al Parmigiano Reggiano perché il Parmigiano Reggiano fa parte di un mercato dei formaggi granosi dove fra questi esiste una elasticità incrociata con il prezzo. Cioè se calerà la quantità domandata ad esempio di Grana Padano nella ristorazione, o aumenterà l'offerta di Grana Padano, come cambierà il prezzo e quindi anche la domanda di Parmigiano Reggiano?”.

In conclusione?

“In conclusione, il Covid è un problema che crea condizioni per le quali tutto è molto incerto e non prevedibile. Siamo tutti all'interno di un sistema con dei vasi comunicanti. In questo scenario però il consorzio non è rimasto fermo”.

Qui Bertinelli allude per cominciare alla strategia varata con l’assemblea del 24 giugno, strategia riassunta nell’idea dello sgabello a tre gambe, per cui se una gamba non regge allora non regge neppure tutta la struttura. Ma l’analisi che il presidente propone all’Informatore Zootecnico nel corso di questa intervista, come vedremo, andrà anche oltre l’approfondimento di questa strategia.
Comunque intanto parliamo di questa idea dello sgabello a tre gambe. La quale prevede appunto una triplice azione sulle dinamiche di mercato: a) ritiro dal mercato di 320mila forme da parte del consorzio; b) valorizzazione del prodotto puntando sulla lunga stagionatura; c) riduzione delle quantità prodotte.
Alla fine dell’intervista ricordiamo alcuni dettagli di queste tre azioni. Ed ecco invece l’interpretazione, l’analisi, che ne fa lo stesso Bertinelli.

Cosa prevede la “prima gamba” di questa vostra strategia?

“Il mercato del Parmigiano reggiano al caseificio è caratterizzato da un prodotto fresco che viene acquistato dagli operatori per metterlo all'interno di un magazzino. Si tratta quindi di un mercato molto legato alle aspettative: io oggi compro una cosa che metto in un magazzino; ma quando questo prodotto sarà pronto per essere commercializzato quali saranno le condizioni di mercato? All’interno di questa situazione il consorzio del Parmigiano Reggiano vuole avere un ruolo nuovo, non vuole fare il commerciante. Assolutamente no. Vuole piuttosto essere un operatore che in un momento di tensione entra sul mercato e ritira temporaneamente delle forme mettendole in stagionatura al fine che si producano le condizioni per la loro valorizzazione. Quindi diventa una sorta di polmone.  E questa è la prima gamba”.

Passiamo alla seconda gamba dello sgabello.

“La cosiddetta seconda gamba - continua il presidente del consorzio - prevede questo: insieme al nostro ufficio marketing, insieme agli operatori della distribuzione, insieme ai commercianti valorizzatori, cerchiamo delle strade, delle tecniche e delle strategie perché questo prodotto venga reimmesso sul mercato nel momento giusto. Con formati e tipologie che ne aumentino il valore. Attenzione: non intendiamo con questo far aumentare i prezzi a carico del consumatore finale. Assolutamente. Quello che vogliamo è paradossalmente calmierare i prezzi al consumo, senza che intervenga un'inflazione dovuta soprattutto a una emotività legata al prodotto stesso”.

Infine la terza gamba.

“Ovvio come la terza gamba di questo sgabello preveda poi di dire: però ragazzi se noi abbiamo in previsione che possa esserci questa distonia tra quantità offerta e quantità domandata, allora cerchiamo di diminuire la quantità di Parmigiano Reggiano che si produrremo. Questo obiettivo lo riusciremo a raggiungere usando due leve:
- La prima: inaspriamo la contribuzione aggiuntiva, in modo tale che se io non ho un diritto a produrre latte per fare Parmigiano Reggiano mi diventi estremamente antieconomico farlo.
- La seconda leva consiste nella cosiddetta scolmatura. Mi spiego: ok, c’è l’intenzione di cercare di non fare altro latte. Ma se un allevatore in stalla dispone comunque di una certa produzione di latte, perché ha fatto il Psr, perché ha un giovane in azienda… e non riesce a trovare quote per produrre latte per Parmigiano Reggiano, allora è meglio evitare che questo suo latte venga trasformato in un bianco similare, evitare che si vada a creare una sorta di competitor che tolga valore al Parmigiano Reggiano. Così in questa situazione il consorzio si propone come player dicendo: cerchiamo delle strade per far uscire dalla filiera queste quantità di latte di pregio, latte che in teoria sarebbe idoneo a essere trasformato in Parmigiano Reggiano. Noi questa operazione la chiamiamo scolmatura”.

Analizziamo più a fondo questa idea della scolmatura.

“Noi stiamo ragionando con catene distributive e con l'industria di trasformazione per fare delle linee di prodotto utilizzando il latte fatto conformemente a produrre Parmigiano. E se vogliamo fare progetti con questo latte è evidente che le industrie della trasformazione e della distribuzione ci chiedano che ci sia un flusso minimo continuativo nel tempo di questa tipologia. Questo significa che  l'operazione scolmatura è per noi un'operazione strutturale di medio-lungo periodo. Fra l’altro il consorzio si pone come cabina di regia per tutta la sua filiera affrontando tematiche di tecnica sanitaria, di tecnica di disciplinare, di tecnica logistica per esempio anche per reperire i tank per stoccare questo latte. Ma anche di tecnica progettuale: per fare dei progetti, insieme agli operatori dell'industria di trasformazione e della distribuzione, perché si possa avere una valorizzazione di questo latte di questa filiera”.

Sono stati fatti i nomi di queste industrie lattiero casearie con le quali potreste rapportarvi.

“In realtà noi abbiamo dialogato con tutte. Oggi stiamo mettendo a fuoco rapporti mirati, stiamo finalizzando. Ma la novità è che noi ci stiamo ponendo in un modo strutturale di fronte a questo strumento. Uno strumento che non è una svalorizzazione del latte, ma una possibilità di utilizzare questo latte per avere delle linee di prodotto che ne permettano una maggior valorizzazione”.

Cioè voi collaborerete con l'industria X in modo tale che esca una linea dedicata di prodotti lattiero caseari.

“Perfetto. Ecco perché ora il consorzio vede tutto questo come una pratica valorizzante. Valorizzante del Parmigiano Reggiano perché andiamo a calmierare la situazione di mercato. Valorizzante anche queste industrie perché useranno latte di pregio. E valorizzante anche per il consumatore finale perché avrà a disposizione una linea di prodotti fatti con un latte di questo territorio, un latte che non è una commodity”.

Queste industrie potrebbero dichiararlo in etichetta?

“Non possono dire che è fatto con latte di Parmigiano Reggiano. Possono dire che è un latte di questo territorio, ma anche ad esempio un latte fatto con fieno. Poi noi andremo a riempire progressivamente di contenuti queste proposte, assieme al marketing di queste aziende, sottolineando le caratteristiche che ha il nostro latte. Ma a questo proposito ci sono tre cose importanti che secondo me devono uscire sui media”.

Diciamole.

“Uno: stiamo parlando una misura strutturale per riuscire a gestire la quantità di latte in eccesso; ma non è in eccesso perché siamo degli sconsiderati che ci siamo messi a produrre molto di più, ma perché in un momento storico in questo paradossalmente c'è una grande incertezza sulla domanda, non è solo un problema d'offerta. Due: l'altro ragionamento è che noi non andiamo a ingolfare il mercato del latte commodity ma andiamo a creare una segmentazione a valore aggiunto. Tre: e infine la terza idea è che il consorzio si pone come cabina di regia perché tutto questo possa essere realizzato, coordinato ed effettuato a valore aggiunto. Quindi non è che andremo a inondare il mercato del latte commodity, quindi magari creando qualche problema a qualcun altro, ma anzi andremo a segmentare”.

Ma c’è un problema: per l’allevatore il costo di produzione del latte destinato alla trasformazione in Parmigiano Reggiano è molto più alto del costo di produzione del latte commodity.

“Per la precisione, in base a un nostro studio che abbiamo commissionato al Crpa, il costo di produzione è di 10 euro al quintale in più rispetto a un latte italiano commodity. Bene, noi andiamo a coprire il 70 per cento dei maggiori costi, soprattutto in una fase di set-up del progetto. Cioè non è che stiamo dicendo ti do 11 euro al quintale, che significherebbe che vado a incentivarti a farlo. Ti sto dicendo che per il latte certificato, che non voglio che vada Parmigiano Reggiano per un'incertezza soprattutto sulla domanda, per non farlo diventare un bianco e svalorizzare la categoria, ti vado a coprire il 70 per cento del maggior costo”.

Cioè 7 euro al quintale.

“E noi abbiamo produttori che dicono: ci sto a sostenere costi pari a un 30 per cento in più, in una fase di set-up. Ovviamente ci auguriamo che in questa fase, dove bisogna creare il progetto, tutti andiamo a investire: il consorzio investe con i 7 euro al quintale, l'allevatore investe con i 3 euro, l'industria della trasformazione e la distribuzione investiranno in ricerca sviluppo e marketing perché si possa creare un sistema per il quale in un futuro il consorzio non darà più i 7 euro e l'allevatore avrà copertura di parte dei suoi costi attraverso il maggior prezzo che l'industria e la distribuzione andranno a riconoscere”.

Ma molti allevatori non tengono una contabilità, non fanno il bilancio aziendale, quindi stare quantificare quanto è il 70% dei maggiori costi non è semplice.

“Questa quantificazione l'abbiamo fatta noi, mediante uno studio fatto con il Crpa.

Alla base di tutto questo c'è una progettualità, c’è uno studio rigoroso, non c'è faciloneria”.

Come andrà avanti questo progetto?

Se io ti dò 7 euro, te li do in una fase zero. Ma se poi il progetto parte, e ha successo, e ci troviamo dunque nella fase uno, il consorzio non deve più sostenerti con i 7 euro, sarà l'allevatore che coprirà parte dei suoi maggiori costi grazie alla maggiore remunerazione del latte. Questo perché il progetto, che vede questa partnership consorzio - allevatore - industria di trasformazione - catena distributiva, se avrà successo, se avrà una sua distintività, ci sarà una valorizzazione da parte del consumatore finale”.

Insomma un progetto forse inedito, sicuramente innovativo.

“Secondo me è un bel progetto”.

 

……………………………………………….

 

UNO SGABELLO A TRE GAMBE

  • Il 24 giugno scorso il comunicato ufficiale del consorzio post-assemblea recitava: “Il consorzio acquisterà dai suoi 335 caseifici ben 320mila forme (160mila dell’ultimo quadrimestre 2019 e 160mila del primo quadrimestre 2020) così da riequilibrare il mercato”. E questa è la cosiddetta prima gamba della strategia messa a punto dal consorzio del Parmigiano Reggiano per rispondere agli squilibri del mercato.
  • La seconda gamba dello sgabello invece prevede di utilizzare la lunga stagionatura per valorizzare il prodotto. Per esempio a Natale verrà proposto lo stagionato 40 mesi.
  • La terza gamba: “Abbiamo inasprito del 20% - ha dichiarato Bertinelli - la contribuzione aggiuntiva per i produttori che nel 2021 sforeranno le quote assegnate di latte e formaggio. Inoltre copriremo il 70% della perdita per chi deciderà di vendere il latte in sovrappiù al di fuori della filiera”. I.Z.

 

Una delle tante differenziazioni di prodotto proposte dal Caseificio Bertinelli.

Parmigiano Reggiano, al via l’operazione scolmatura - Ultima modifica: 2020-08-17T14:50:28+02:00 da Giorgio Setti

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome