Università Sassari: «L’impronta carbonica della zootecnia è zero»

zootecnia smart
. Nell’ultimo decennio (2010-2020), la zootecnia italiana avrebbe contribuito a produrre non più oltre 206 milioni di tonnellate di anidiride carbonica equivalente, ma solo 49 milioni di tonnellate.

La zootecnia italiana non altera il clima e ha un'impronta carbonica pari a zero. Lo sostiene la ricerca condotta dall’Università di Sassari, che si è avvalsa di una nuova metrica messa a punto dai fisici dell’Università di Oxford dimostrando come i calcoli fatti negli ultimi 20 anni siano totalmente da rivedere.

Lo segnala Confagricoltura Mantova. «Quando si parla di agricoltura – spiega Alberto Cortesi, presidente di Confagricoltura Mantova – accennare solo alle emissioni è totalmente fuorviante, dato che il primario è l’unico settore che produce, ma anche che assorbe gas serra. Il sistema zootecnico nazionale non impatta così tanto, come enfatizzato
da molti media, in percentuale sul totale delle emissioni siamo a poco più del 10%».

«Utilizzando i dati provenienti da Oxford – spiega Giuseppe Pulina, ordinario di zootecnia presso l’ateneo sardo e “deus ex machina” del progetto Carni sostenibili – abbiamo rivisto totalmente i dati riguardanti il nostro comparto zootecnico, che include bovini da latte, da carne, bufali, ovicaprini, suini, equini, muli, asini, conigli e allevamenti avicoli. Ebbene, prendendo in considerazione la permanenza nell’atmosfera dei gas serra, abbiamo dimostrato come, tra il 1990 e il 2020, il comparto zootecnico italiano abbia in realtà ridotto le sue emissioni di metano, andando addirittura in negativo, sottraendone cioè dall’atmosfera».

Short living e long living

Finora le emissioni si calcolavano in CO2 equivalente, ma nel 2017 un team di fisici di Oxford si è accorto che esprimere così tutti i gas è errato. Occorre distinguere infatti tra “short living” e “long living”: il metano, ad esempio, ha un tempo di dimezzamento di circa 8,6 anni, per cui nel giro di vent’anni scompare del tutto.

Discorso diverso per l’anidride carbonica, che resta in atmosfera in media oltre mille anni. Riducendo le emissioni di metano dunque, come da anni sta facendo l’agricoltura, si raffredda l’atmosfera.

Da oltre 206 milioni di tonnellate di CO2 a 49 milioni di tonnellate

Approntato dunque un nuovo set di equazioni, che tenesse conto della differente vita del metano e della CO2 in atmosfera, ecco i dati ufficiali: nell’ultimo decennio (2010-2020), in base alle vecchie metriche la zootecnia italiana avrebbe contribuito a produrre oltre 206 milioni di tonnellate di CO2 equivalente, ma con il nuovo sistema di calcolo, come detto ben più preciso, ecco che questo dato scende clamorosamente, arrivando a -49 milioni di tonnellate.

Università Sassari: «L’impronta carbonica della zootecnia è zero» - Ultima modifica: 2023-03-08T21:48:32+01:00 da Francesca Baccino

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome