Dopo un andamento tra marzo e la prima metà di aprile che sembrava scongiurare nuovi ribassi ai listini del latte e una sostanziale stabilità di mercato, l’ultima seduta dello scorso 23 aprile ha visto il latte spot in Italia perdere in media il 4% rispetto alla quotazione della settimana precedente.
Le piazze di Lodi e Verona hanno registrato una flessione rispettivamente dell’1,63% e del 4,76% per il latte spot, tanto che per 100 kg di materia prima il prezzo era di 30,25 € alla borsa merci lombarda e di 30 € a quella veneta.
Giù anche i listini del latte intero pastorizzato spot estero di Verona (28,50 € per 100 kg, -6,56%), del latte intero pastorizzato spot di provenienza francese a Lodi (27,50 € per 100 kg, -3,51% sulla quotazione precedente) e frenata anche per il latte intero spot proveniente dalla Germania, che lunedì 23 aprile a Lodi è stato quotato 29 € al quintale, con un ribasso del 3,33% rispetto alla settimana precedente.
Cosa attendersi per il futuro? Probabilmente qualche oscillazione ancora, ma nessun crollo verticale.
Le esportazioni di prodotti lattiero casearie sono positive, così come quelle dell’Unione europea, che nel primo bimestre del 2018 hanno accelerato: +5,2% in quantità e +2,4% in valore, con un incremento dell’export totale in equivalente latte (Me) nel periodo gennaio-febbraio 2018 su base tendenziale pari al 4,4%.
Segnali positivi si hanno per il latte per l’infanzia (+24,2% in quantità e +16,2% in valore), i formaggi (+2,9% in quantità e +0,8% in valore), il burro (+33% in quantità e +45,2% in valore) e la polvere di siero (+16,7% in quantità e +4,5% in valore).
La soglia di attenzione è comunque elevata, tanto che nei giorni scorsi Karsten Schmal, il presidente dei produttori lattiero caseari dell’Associazione degli agricoltori tedeschi (Dbv), ha fatto presente al commissario europeo all’Agricoltura, Phil Hogan, che le scorte di polvere di latte scremato (Smp) in Europa ammontano a 380mila tonnellate. Volumi massicci, dunque, che potrebbero appesantire il mercato, se non adeguatamente smaltiti, secondo modalità tali da non influenzare negativamente i prezzi.
La Cina, intanto, continua la sua corsa a importare. Nel primo trimestre del 2018, le importazioni di Pechino sono cresciute del 15,3% in quantità e del 24,2% in valore rispetto allo stesso periodo del 2017.
L’ex Celeste Impero si rivela un buon importatore di Wmp (+9,9% in quantità e +21,6% in valore), di latte sfuso e confezionato (+36,3% in quantità e +60,1% in valore) e di polvere di siero (+11,5% in quantità, ma -2,2% in valore). Forte accelerazione del burro, che cresce dentro il perimetro della Grande Muraglia del 29,9% in quantità e dell’82,9% in valore.
In questo scenario, però, sono aumentati i costi per i produttori, almeno con riferimento all’alimento simulato, secondo l’elaborazione di Teseo by Clal, con riferimento a un’ipotetica razione alimentare di 100 chilogrammi, suddivisa tra 70 kg di mais nazionale e 30 kg di soia nazionale. I valori, ottenuti basandosi sulle quotazioni della Camera di Commercio di Milano, hanno indicato un costo totale dell’alimento simulato di 25,80 €, in crescita costante dallo scorso settembre, quando il costo era di 22,04 €/100 kg e il prezzo del latte crudo alla stalla in Lombardia era di 38,31 € per 100 chili. A marzo, secondo l’elaborazione di Clal.it, il prezzo del latte crudo alla stalla in Lombardia era sceso a 35,89 euro, con la conseguenza che la vita degli allevatori si è complicata sul versante del reddito.
Invariati i listini di Grana Padano e Parmigiano Reggiano, che potranno trarre soddisfazioni dall’incremento delle esportazioni, a patto che affrontino la sfida attraverso politiche più aggressive per promuovere il made in Italy. La qualità, indubbiamente, c’è.
INDIA, IN AUMENTO LE CONSEGNE DI LATTE (+5,6%)
Nell’analisi di Nomisma, presentata nel corso dell’assemblea del Grana Padano il 27 aprile a Veronafiere, sono stati proiettati gli scenari evolutivi dell’offerta sul mercato lattiero. La previsione relativa alla produzione di latte nel 2018 vede tutti i grandi player mondiali in crescita, con esclusione della Russia, per la quale Nomisma prevede una flessione dello 0,2% rispetto al 2017.
In particolare, le consegne di latte dovrebbero aumentare in Ue (+1,4%), Usa (+1,7%), Nuova Zelanda (+1,4%), Argentina (+6%), Australia (+2,5%), Cina (+2,8%), Brasile (+1,8%) e India (+5,6%).
Ed è proprio l’India, primo paese produttore di latte al mondo, che spalanca le porte ad alcuni interrogativi, proprio per le grandi quantità. Che riflesso avranno sul mercato? L’India, la cui politica nel settore lattiero caseario è di autosufficienza, ha un tasso di autoapprovvigionamento del 100% e non esporta, salvo modeste quantità. Un incremento nelle consegne del 5,6%, quali effetti avrà?
Gli analisti di Clal.it avevano nelle scorse settimane contattato i principali produttori indiani, Amul e Parag Milk Foods, per conoscere i livelli degli stock. I quantitativi di polvere stoccata nei magazzini, infatti, ha inevitabilmente riflessi sui prezzi. Tanto più sono elevati i volumi stivati, quanto più è probabile che una loro immissione sul mercato, già in presenza di una produzione di latte in crescita – i dati rilevati da Clal.it, infatti, evidenziano una produzione lattiera in aumento del +2,7% nel periodo gennaio-marzo 2018 su base tendenziale – faccia diminuire i prezzi.
Il problema dell’India è che non ci sono dati ufficiali del ministero o fonti certe, in grado di comunicare l’esatto ammontare delle polveri di latte stoccate. Tuttavia, si stima che i magazzini contengano fra 150.000 e 200.000 tonnellate di polvere di latte scremato (Smp). Numeri non trascurabili, che si aggiungono agli stock dell’Unione europea (375.000 ton) e degli Stati Uniti (140.000 ton).
Clal ha rilevato le esportazioni di polvere di latte scremato (Smp) dell’India. Nel 2017 l’India ha esportato 10.115 tonnellate, in diminuzione del 45,77% rispetto all’anno precedente. Il record degli ultimi anni dell’export risale al 2013, con 129.715 tonnellate. I paesi destinatari sono prevalentemente asiatici: Bangladesh (3.757 tonnellate, anno 2017), Afghanistan (2.751 t), Nepal (1.763 t), Buthan (905 t) e Pakistan (563 tonnellate).
A livello mondiale non mancano le buone notizie sulle previsioni dei consumi di formaggi, che potrebbero favorire l’export dei prodotti made in Italy. Secondo Nomisma, l’incremento previsto annuo nel periodo 2017-2022 dovrebbe essere favorevole in Cina (+11,3%), Messico (+4,4%), Giappone (+2,8%), Usa (+2,1%), Francia (+0,5%), Germania (+1,3%), Russia (+1,4%), Regno Unito (+0,4 per cento). In diminuzione, ma non sorprende, la previsione in calo per l’Italia (-0,7%).