L’allarme della peste suina in Cina e lo choc che sta provocando sugli stoccaggi, sui consumi e sui prezzi della carne di maiale, uno dei prodotti più apprezzati sulle tavole, sta distogliendo l’attenzione dallo scenario lattiero caseario, che vede l’ex Celeste Impero viaggiare con ritmi elevati di importazioni.
Secondo i dati elaborati da Clal.it, lo scorso settembre le importazioni cinesi sono aumentate del 14,1% in quantità e del 6,1% in valore, con un’accelerazione significativa dell’import di “latte e panna”, categoria merceologica cresciuta del 67,3% in quantità e del 45,9% in valore su base tendenziale, complice anche una flessione dei prezzi unitari, scesi a 1,28 $/kg (-12,8 per cento).
La Cina aumenta anche le acquisizioni di polvere di latte intero (+17% in quantità e +24,3% in valore), polvere di latte scremato (+30,3% in quantità e +61,9% in valore), mentre a settembre segnano il passo il latte per l’infanzia (-6,4% in quantità e -2,9% in valore), la polvere di siero (-12,2% in quantità e +2,8% in valore) e i formaggi (-2,9% in quantità e -5,9% in valore).
Quali Paesi vendono a Pechino
I dati accumulati per il periodo gennaio-settembre 2019 confermano la fame di latte e derivati da parte del Paese del Dragone, forse anche in vista dei grandi festeggiamenti proclamati per celebrare in ottobre i primi 70 anni dalla fondazione della Repubblica Popolare. Di sicuro hanno pesato le tensioni con gli Stati Uniti e la guerra sui dazi, tanto che l’export americano è in costante discesa, a tutto vantaggio delle due grandi aree di “rifornimento” di Pechino: Nuova Zelanda e Australia e Unione europea.
I dati di Clal.it sono incontrovertibili: nei primi tre trimestri dell’anno sono infatti aumentate le importazioni del 9,8% in quantità e del 10, 3% in valore. Osservando le importazioni totali con gli occhiali dell’unità di misura del Milk Equivalent (equivalente latte, valore che mette insieme latte sfuso e confezionato, Wmp, Smp, latte condensato, yogurt e formaggi), si assiste a una impennata del 24,19%, con un evidente canale commerciale privilegiato fra Cina e Oceania.
Anche l’Unione Europea incrementa le esportazioni, passando da poco più di un milione di tonnellate in equivalente latte esportate nel periodo gennaio-settembre 2018 a oltre 1.600.000 tonnellate nello stesso periodo del 2019.
Tutte le principali voci del sistema lattiero caseario registrano una crescita significativa: polvere di latte intero (+22,2% in quantità e +14,1% in valore), latte e panna (+39,9% in quantità e +27,1% in valore), latte per l’infanzia (+12,6% in quantità e +15% in valore), polvere di latte scremato (+30,3% in quantità e +47,8% in valore), Formaggi (+4,8% in quantità e -0,1% in valore).
La possibile collaborazione con la Ue e l’Italia
Secondo gli analisti del Team di Clal, “le notevoli importazioni di prodotti lattiero caseari e, in particolare, di latte confezionato, testimoniano probabilmente una carenza interna cinese di organizzazione produttiva e logistica”.
Che cosa significa? Che “è lontana l’autosufficienza e, dunque, ci sono margini ulteriori di crescita in chiave commerciale anche per l’Italia e l’Unione europea e, allo stesso tempo, è possibile pensare a costruire un ponte con la Repubblica Popolare Cinese anche per sostenere un percorso di crescita, di innovazione, di diffusione del know how europeo, dove in particolare la sicurezza alimentare è uno degli elementi di forza.
Nel caso dell’Italia la strada potrebbe essere agevolata dalle recenti visite istituzionali a Pechino del ministro degli Esteri Luigi Di Maio e dall’alleanza italo-cinese siglata nei mesi scorsi col progetto per la Via della Seta.
Resta ancora irrisolto il nodo legato ai formaggi. Le importazioni cinesi di formaggio – evidenzia il Team di Clal - vanno a rilento. “Servirebbe una strategia europea per farlo conoscere, raccontando storia, cultura, caratteristiche e modalità di consumo, con un a task force comunitaria, aggregata, non lasciata alle iniziative sparse dei singoli. Serve una strategia di grande impatto”.
E gli investimenti non mancano
La Cina sta vivendo una fase in cui il fabbisogno di latte è in crescita e la produzione locale non riesce sicuramente a soddisfare la domanda interna. Da qui, appunto, le importazioni massicce.
Eppure, gli investimenti e le grandi manovre sul territorio non mancano. Recentemente il gruppo Mengniu – gigante del settore, quotato sul listino borsistico di Hong Kong - ha investito 700 milioni di euro per realizzare un’azienda agricola e una fabbrica per la lavorazione del latte a Jaozuo, nella Cina centro-orientale.
Allo stesso tempo, Mengniu ha raggiunto un accordo con la Fondazione Penghai (sostenuta dal governo provinciale di Hebei) e con Junqian Management per la vendita delle sue azioni a Junlebao. Oggetto dell’intesa sono impianti produttivi per la realizzazione di latte per l’infanzia e yogurt.
In forte fase espansiva, la Junlebao ha varato la costruzione di un impianto di latte in polvere, che dovrebbe essere completata alla fine del 2020 ed è stato inserito fra i progetti chiave del territorio di Hebei. A regime l’impianto dovrebbe arrivare a produrre 50.000 tonnellate di latte in polvere all’anno.