Nel corso del 20° secolo la temperatura alla superficie terrestre è aumentata di 0,6 °C. Circa metà di questo aumento si è verificato durante la seconda metà del secolo ed è stato largamente imputato all’effetto dei gas serra. Le previsioni indicano che la temperatura alla superficie terrestre aumenterà di circa 0,06 °C per ogni decade e questo andamento viene interpretato come una progressiva tendenza al spesso allertato riscaldamento globale.
Nel breve periodo e in un tale contesto vi sono comunque aspetti ben più importanti del temuto riscaldamento globale a lungo termine. Viene infatti previsto che in alcune regioni il clima diventerà molto più variabile con andamenti climatici spesso molto più estremi e con potenziali importanti ripercussioni sulle produzioni in genere ma in particolare su quelle agrozootecniche.
Il clima avverso e nello specifico i “colpi di freddo” e le “ondate di caldo” sono in grado di alterare l’omeostasi fisiometabolica dei bovini compromettendone la produttività e il benessere. I bovini sono in grado di adeguarsi ai cambiamenti anche repentini di temperatura modificando le proprie funzioni fisiologiche in modo da mantenere il metabolismo basale entro range di normalità. Tale capacità non è però sufficiente per contrastare stress termici importanti e prolungati determinando nell’animale cambiamenti critici nelle sue funzioni organiche.
Ma cos’è lo stress da caldo? Per stress da caldo si intende la condizione in cui l’animale non è più in grado di dissipare un’adeguata quantità di calore al fine di mantenere la sua temperatura corporea entro valori di normalità.
L’indice di temperature e umidità
Conoscere la temperatura di confort per l’animale deve esser uno dei principali obiettivi per l’allevatore al fine di adottare misure preventive in grado di mitigare le ondate di caldo, in particolar modo in considerazione di un clima in evidente cambiamento.
Un ambiente confortevole dipende dal rapporto tra temperatura e umidità relativa, parametro definito con l’acronimo Thi (Temperature and humidity index) e da tempo usato nelle vacche da latte per determinare la soglia di stress da caldo, in quanto meglio in grado di esprimere lo stress fisiologico legato a condizioni climatiche avverse rispetto alla sola temperatura ambientale. Un considerevole numero di studi evidenziano che il valore soglia di Thi per la vacca da latte è pari a 72 mentre nei bovini da carne sembra superiore e pari a 78 (figura 1), in quanto, rispetto a loro, le vacche da latte hanno una minor capacità adattativa conseguente non solo a uno stress fisiologico maggiore legato alla produzione, in particolare durante la prima fase di lattazione, ma anche per caratteristiche genetiche (Pereira et al., 2014). Esistono comunque importanti differenze anche tra gli animali da carne e che sono strettamente legate alla densità e dimensione delle ghiandole sudoripare, alla velocità di trasferimento del calore metabolico alla cute e alla resistenza dei tessuti e del mantello nei confronti della dispersione del calore. Ad esempio, i soggetti Bos indicus hanno una maggior capacità di termoregolarsi in condizioni di calore estreme rispetto a soggetti Bos Taurus, in quanto dotati di una maggiore densità e dimensione delle ghiandole sudoripare e una minore resistenza dei tessuti e del mantello nel dissipare il calore. Tale aspetto evidenzia come la capacità di acclimatamento abbia anche una importante componente genetica su cui in futuro sarà potenzialmente interessante lavorare.
Il comfort ambientale
Troppo spesso non viene adeguatamente considerato il reale significato di confort ambientale e in particolare nei comprensori con clima temperato. Se infatti ci si sofferma ad analizzare il Thi nel corso dell’intero periodo dell’anno si possono recepire informazioni sorprendenti ed estremamente utili per capire quanto sia importante focalizzare la nostra attenzione su tale aspetto. Ad esempio, Di Giuseppe et al. (2008), hanno evidenziato che normalmente in provincia di Lodi (Pianura padana), il Thi è superiore al livello soglia per la vacca da latte di 72 per un numero di ore superiore al 40% dell’intero periodo dell’anno, con punte che superano il 60% come nel caso dell’annata 2006. Tale evidenza sottolinea in maniera lampante come sia importante migliorare non solo stalle e strutture ma anche il management aziendale nel complesso al fine di contrastare efficacemente lo stress da caldo. È consuetudine infatti ritenere che i bovini risentano del caldo quando anche noi incominciamo a risentirne ma in realtà essi incominciano a subirne le conseguenze molto prima.
Le ondate di caldo inducono nel bovino importanti cambiamenti fisiometabolici (vedi box “Cambiamenti fisiometabolici evocati dallo stress da caldo”) e se le condizioni di stress termico persistono il benessere animale può risultare fortemente compromesso.
Infatti, in situazioni di stress termico la suscettibilità alla morbilità da patologia respiratoria, zoppia e dismetabolia digestiva, aumenta. Diversi studi evidenziano come ondate di caldo della durata di almeno 3-4 giorni determinino una riduzione significativa della reattività immunitaria nell’allevamento confinato del bovino da carne. Tale riduzione è la conseguenza sia degli effetti che le reazioni fisiologiche indotte dal caldo esercitano sul complesso delle capacità difensive dell’organismo, sia dell’aumento del cortisolo plasmatico che si verifica in tali condizioni e che esercita la sua riconosciuta azione immunodepressiva (figura 2).
Stress ossidativo
Il prolungarsi di temperature avverse compromette inoltre anche lo stato antiossidante dell’organismo, elevando la produzione di mediatori ossidativi con un progressivo aumento delle effetti negativi connessi a un crescente stress ossidativo. In tale situazione tutti gli antiossidanti disponibili a livello organico vengono mobilizzati con l’intento di contrastare gli effetti dei super ossidi circolanti, esponendo l’animale a un concreto rischio di carenza di antiossidanti e pertanto a un’inadeguata capacità di risposta del sistema immunitario (Bernabucci et al., 2002).
In un recente studio condotto da Morignat et al. (2015), emerge come nelle realtà Francese e Italiana, il rischio di mortalità nel bovino da carne all’ingrasso aumenta del 4,7% all’aumentare di 1 °C oltre il valore ottimale di Thi.
Disordini metabolici
Lo stress da caldo eleva anche il rischio di disordini metabolici a seguito di un aumento delle endotossine circolanti. Nei ruminanti l’80% delle endotossine è assorbito a livello enterico attraverso la vena porta mentre il restante 20% è assorbito a livello ruminale attraverso la vena mesenterica. Durante condizioni di stress da caldo si verifica un imponente incremento dell’assorbimento delle endotossine, dovuto a un aumentata permeabilità delle pareti tissutali, aumento che può arrivare a valori prossimi al 300% (Wang et al., 2011; tabella 1). In tali condizioni viene compromessa la capacità detossificante epatica esponendo l’animale a un aumento dei disordini metabolici ma anche del rischio di tossicosi conseguenti sia all’assunzione di alimenti contaminati da micotossine ma anche di tossine prodotte da batteri, come nel caso delle clostridiosi (figura 3).
Questa è una delle principali motivazioni per cui durante il periodo estivo si assiste frequentemente ad una aumento di tali problematiche che spesso risulta di difficile spiegazione.
Caldo e consumo di alimento
Uno tra i segni più evidenti del caldo è la riduzione del consumo di sostanza secca, che è la principale strategia messa in atto dall’animale per favorire la termoregolazione corporea, in quanto riduce la produzione di calore conseguente alla digestione dell’alimento. Normalmente si verifica già a partire dal secondo giorno successivo all’ondata di caldo e si mantiene fino a quando le condizioni ambientali non migliorano. Contestualmente, l’energia e i nutrienti in genere, vengono sottratti ai fabbisogni per la crescita, la produzione di latte o la riproduzione, a favore dello sforzo metabolico necessario al mantenimento dell’eutermìa. I bovini cercano inoltre di modulare lo stress da caldo incrementando il consumo idrico, riducendo il movimento e aumentando il tempo dedicato al riposo/decubito, in particolar modo ricercando zone fresche. Spesso però, e in particolare quando le condizioni ambientali risultano non ottimali (eccessiva densità e lettiere sporche che non stimolano al decubito e riposo), il bilancio energetico e nutrizionale viene ulteriormente compromesso da un acuirsi degli atteggiamenti di competizione che si scatenano a seguito del nervosismo indotto dall’elevato Thi ambientale.
La riduzione nel consumo di sostanza può variare dal 10 al 40% con valori medi nel lungo periodo che si attestano sul 13-15% e con ripercussioni ovviamente drammatiche sulle performance di allevamento.
Caldo e performance in allevamento
Numerosi sono gli studi condotti nella bovina da latte che evidenziano il drammatico effetto dello stress da caldo sulla produzione e sulle performance riproduttive, mentre decisamente limitate sono le indagini riguardanti i bovini all’ingrasso. O’Brien et al. (2010), mimando, in uno studio della durata di 9 giorni, il naturale andamento circadiano attraverso un lento e progressivo aumento della temperatura ambientale da 29 °C alle 6:00 di mattino a 40,0 °C alle 16:00 per poi ritornare lentamente a 29 °C alle 23:00 in presenza di un’umidità del 20%, osservarono una riduzione della crescita pari al 90% con una diminuzione del consumo di sostanza secca del 7,3%.
L’importanza delle condizioni ambientali emerge prepotentemente se si considera che qualsiasi approccio mirato a ridurre lo stress da caldo, pur semplice e basilare che sia, comporta un risultato eclatante. Ad esempio, Mitlohner et al.(2002) e Davis et al.(2001), semplicemente rendendo disponibile agli animali rispettivamente ombra e acqua irrorata, evidenziano un sensibile aumento del consumo di sostanza secca, dell’incremento ponderale medio giornaliero e dell’indice di conversione alimentare (tabelle 3 e 4).
Caldo e qualità della carne
I cambiamenti climatici hanno un importante effetto sulla qualità della carne. L’eccesso di caldo ne peggiora sia colore che tenerezza ma anche capacità di ritenzione idrica, sapore e conservabilità. Lo stress indotto dalle ondate di calore provoca infatti una risposta adrenergica stimolando la vasodilatazione periferica e la glicogenolisi a livello muscolare, con un conseguente rilevante aumento del pH finale (tabella 5 e figura 4). Questo è il motivo per cui la pratica di somministrare sostanze glucoplastiche, come glicerolo o melasso, nei giorni precedenti la macellazione, determina, nel periodo estivo, miglioramenti nelle caratteristiche della carne particolarmente soddisfacenti ed evidenti. Tali evidenze spiegano chiaramente il motivo per cui nel mondo e in particolare nelle zone a clima temperato, si assiste a un costante e tipico andamento della qualità nel corso dell’anno, con una riduzione nel periodo estivo a cui si associa una maggiore incidenza di carne con colore più scuro (figura 5).
Emerge pertanto come sia importante prevenire adeguatamente lo stress da caldo al fine di migliorare non solo la qualità del prodotto finale carne ma anche il bilancio degli allevamenti in quanto carne con non ottimali caratteristiche organolettico-sensoriali origina da animali con performance di crescita ed efficienza produttiva altrettanto non ottimali.
Come gestire lo stress da caldo
Da un punto di vista nutrizionale i principali aspetti da considerare per limitare gli effetti negativi dello stress da caldo sono:
- in primis, garantire un adeguata quantità e qualità dell’acqua;
- ridurre l’incremento di calore conseguente al processo digestivo;
- massimizzare l’assunzione di sostanza secca, la disponibilità di nutrienti e l’efficienza digestiva;
- sostenere un ottimale stato immunitario e antiossidante;
- ridurre le tossicosi e le micotossicosi.
Durante le ondate di calore, la perdita corporea di acqua può aumentare fino al 60% dal momento che pur riducendosi del 25% quella persa con le feci, aumentano invece le perdite attraverso respirazione e urina, con valori che rispettivamente raggiungono il 54% e 26%.
Il fabbisogno idrico aumenta pertanto considerevolmente (tabella 6), spesso superando il 100% in quelle realtà prive di adeguato isolamento termico o di ventilazione forzata o con condizioni di sovraffollamento. In tali situazioni, fondamentali risultano il numero, le dimensioni e la funzionalità degli abbeveratoi ma anche una loro ottimale gestione al fine di garantire, 24 ore su 24, la disponibilità di acqua fresca e gradevole. Relativamente alla funzionalità, un abbeveratoio con un flusso inadeguato, rende impossibile per l’animale soddisfare gli aumentati fabbisogni, amplificando le conseguenze negative dello stress e predisponendolo a una maggiore incidenza di disordini ruminali in un momento in cui risulta fondamentale massimizzare salute e funzionalità ruminale. Inoltre gli abbeveratoi caratterizzati da scarso flusso comportano, durante l’abbeverata, un’introduzione rilevante di aria nel rumine che sfavorisce ulteriormente i processi fermentativi e di sintesi.
Il fattore più importante che porta un animale a ridurre il consumo di alimento in condizioni di stress termico è il tentativo di ridurre la produzione di calore conseguente al processo digestivo. Dal momento che l’Ndf è un nutriente altamente termogenico, risulta utile ridurne il suo contenuto ma anche elevare nel complesso la digeribilità della razione. Naturalmente il limite a tale approccio è rappresentato dall’incremento del rischio di acidosi, che dev’essere evitato, in primis, attraverso un corretto rapporto tra carboidrati non strutturali e strutturali della dieta nonché con una sua corretta preparazione e miscelazione e, secondariamente, integrando nutrienti in grado di ottimizzare l’efficienza digestiva. Anche l’utilizzo di grassi rumino protetti rappresenta una strategia efficace, orientandosi però solo verso prodotti di eccelsa qualità al fine di non incorrere nell’effetto opposto a causa di una riduzione di appetibilità.
Nutrizione, i punti chiave
I punti chiave relativi alle strategie nutrizionali per la gestione dello stress da caldo possono essere cosi riassunti:
- garantire un ottimale equilibrio tra fibra, energia e proteina, cioè somministrare una dieta ben bilanciata, omogenea, non selezionabile e con adeguate caratteristiche strutturali;
- apportare la giusta quantità di tamponi e minerali;
- escludere l’uso di alimenti mal conservati e poco appetibili;
- aumentare il numero di fabbricazioni e somministrazioni della dieta nel corso della giornata;
- somministrare la quota maggiore della dieta giornaliera nel tardo pomeriggio dal momento che in estate gli animali dedicano più tempo “alla mangiatoia” durante la sera;
- escludere la presenza di residui nella mangiatoia e garantirne un’estrema pulizia;
- evitare il rischio di fermentazioni secondarie in mangiatoia;
- ottimizzare l’efficienza ruminale.
Rischio micotossicosi, i punti chiave
Relativamente al rischio di tossiemie e in particolare di micotossicosi, risulta necessario:
- evitare la somministrazione di materie prime e insilati contaminati da livelli eccessivi di micotossine;
- integrare la dieta con inattivanti tecnologici ed efficaci per le micotossine, in considerazione del fatto che una loro circolazione è da un lato inevitabile e dall’altro imprevedibile;
- integrare la dieta con mannano oligosaccaridi (Mos) per ottimizzare ambiente e difese a livello intestinale;
- utilizzare acido propionico per stabilizzare la dieta in mangiatoia;
- non aggiungere acqua alla razione per non favorire pericolose fermentazioni secondarie;
- evitare la presenza di residui nel carro miscelatore e in mangiatoia;
- garantire un’ottimale pulizia della mangiatoia.
Ambiente, i punti chiave
In conclusione si vuole comunque sottolineare che al vertice dei fattori più importanti in grado di limitare lo stress da caldo, si posizionano indiscutibilmente aspetti di ordine generale intimamente connessi con l’ambiente e nello specifico:
- garantire l’ombra nelle stalle proteggendo gli animali dal contatto diretto con il sole;
- ottimizzare la circolazione dell’aria con la ventilazione forzata, possibilmente utilizzando i destratificatori;
- aumentare lo spazio disponibile per animale (≥ 4 m2/capo) evitando tassativamente il sovraffollamento;
- ottimizzare numero, dimensioni e in particolare funzionalità degli abbeveratoi;
- ottimizzare le condizioni della lettiera e la sua gestione;
- evitare tutti i fattori, nutrizionali e non, che favoriscono nervosismo e competizione tra gli animali;
- combattere insetti e parassiti.
(1) Dipartimento di Scienze veterinarie per la Salute, la produzione animale e la sicurezza alimentare, Università degli Studi di Milano.
(2) DVM PhD, libero professionista.
(3) PhD Zoonomo, Vercelli spa, Formigliana (Vc).
L’articolo completo di tabelle e grafici è pubblicato su Informatore Zootecnico n. 13/2016
L’edicola di Informatore Zootecnico