Hamburger vegano?

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La strana battaglia di chi invece dovrebbe rifiutare questo termine

Il voto del parlamento europeo che ha respinto gli emendamenti presentati dai francesi sul divieto di utilizzare le definizione dei tagli di carne “hamburger, polpetta, scaloppina, salsiccia” per i cibi vegani, è stato condizionato da una barricata eretta da vegani, animalisti, ambientalisti, crudariani, che hanno pressato parlamentari europei e opinione pubblica, con ogni strumento, per raggiungere lo scopo.
Strano, molto strano, almeno dal punto di vista dei vegani, poiché, costoro, che rifiutano qualsiasi prodotto “contaminato” dalla carne, identificano parte del loro cibo con termini che dovrebbero inorridire chi ha fatto questa scelta di vita.
Scelta di vita, perché non esiste una dieta vegana, esiste un’auto imposizione, che potrebbe essere interpretata come “religione vegana”.

Chi ha perso

Dopo il voto, nulla cambia rispetto a prima, anzi, no, è aumentata, proprio nei giorni seguenti la decisione del parlamento europeo, la pubblicità sui media delle multinazionali che processano e producono il cibo vegano, “fac-simile” della carne.
Chi ha perso da questa partita all’ultimo voto? Non certo il settore zootecnico, abituato, appunto, ad ogni sorta di attacco da parte di chi vede l’allevamento come il male assoluto.
Ha perso il consumatore che, ancora una volta, l’Europa ha deciso di “ingannare”, permettendo all’industria “big-food” di usare termini che nulla hanno a che spartire con prodotti legati all’allevamento bovino, suino, avicolo, allo solo scopo di vendere di più, sperando che molti cadano nella trappola del “proviamo l’hamburger vegano”.

Rimediare alla svista europea

Poco male, per rimediare alla svista europea ci può pensare la politica italiana, normando con apposita legge le definizioni vegane, per rendere giustizia ai consumatori ed anche a chi fornisce proteine nobili, gli allevatori, a circa 500 milioni di europei e facciamo conto tondo, considerato che, tra questi, i vegani rappresentano lo zero virgola.
In ogni caso, gli allevatori italiani hanno già iniziato un percorso per comunicare ai consumatori le loro produzioni, per distinguerle in modo inequivocabile con un marchio ombrello ed hanno avviato il progetto legato al Sistema di Qualità Nazionale Zootecnia ed al Consorzio Sigillo Italiano.

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Giuliano Marchesin è il direttore dell’Aop Italia Zootecnica.

La carne di “vitellone e scottona allevati ai cereali” è già disponibile con il marchio di certificazione Consorzio Sigillo Italiano e tra poco dovrebbe fare la sua prima apparizione sugli scaffali della gdo l’Uovo + Qualità ai Cereali che, grazie ad una macchina etichettatrice innovativa, potrà essere identificato anch’esso con il bollino che sarà posto non solo sulle confezioni ma anche su ogni singolo uovo.
Poi sarà la volta del pesce allevato secondo il Disciplinare “Acquacoltura Sostenibile” e, speriamo presto, di poterlo mettere sui prodotti del lattiero caseario e sulle carni di vitello, suino, coniglio e bufalo.

Sconfitta la trasparenza

Si potrebbe già affermare che “ci farà un baffo” l’industria del cibo vegan-processato, se il marchio Consorzio Sigillo Italiano prenderà piede e potrà essere divulgato su social e media nazionali.
Chi non ha ancora capito questo progetto e non lo sostiene, oltre ad essere dannoso per la zootecnia italiana, fa il gioco di tutte le altre parti che lavorano per sfruttarla.
Basta solo che l’interprofessione decolli ed eserciti il ruolo che le compete, con l’applicazione dell’Erga omnes e ci lasceremo alle spalle la preistoria del cibo anonimo, senza marchio, sempre in balia dei listini che arrivano dall’estero, con cifre al ribasso che fanno troppo gola alla Gdo. Un marchio senza soldi non è un marchio. Provate a chiedere che cifre sta sborsando l’industria per promuovere l’hamburger vegano.
C’è da chiedersi cosa avevano in testa i parlamentari europei durante il voto e contro chi intendevano esercitarlo respingendo gli emendamenti. A costoro diciamo che non è stata sconfitta la zootecnia la quale, legittimamente, senza usare toni da rivolta nei social, per difendere gli emendamenti, chiedeva di non essere mistificata sugli scaffali della Gdo.
E’ stato sconfitto il buon senso, la trasparenza delle informazioni da dare ai consumatori, già dimostrata dalla Commissione europea in altre occasioni ed aggiunto un tassello alla delegittimazione di questa Europa, ritornata in auge, purtroppo, solo a causa della pandemia Covid19, per la “potenza di fuoco in denaro”, che ancora deve essere stampato e reso disponibile a chi sta chiudendo attività o ha perso il posto di lavoro.

Vegani e animalisti scatenati sui social

Infine, c’è l’aspetto belligerante da considerare, il più pericoloso, che deve preoccupare psicologi e sociologi: la cattiveria che si scatena sui social, principalmente Twitter e poi, a ruota, Facebook, se qualcuno si azzarda a scrivere “bene” della zootecnia.
Per sostenere il voto europeo del meat-sounding, su Twitter, al grido #StopTheVeggieBurgerBan, c’è stata una vera e propria caccia all’uomo, contro chi si azzardava a sostenere gli emendamenti per vietare l’uso improprio delle definizioni “carne”. Ed è bastato partecipare ad una discussione nata da un articolo di Carni Sostenibili su Twitter (@sostencarni), per sentirsi augurare, da vegani e animalisti, ogni sorta di male.
Compassione per gli animali, spregio per gli umani onnivori? Diamoci una calmata e rispettiamoci reciprocamente, ognuno con la propria diversità di opinione, che di disgrazie da combattere ne abbiamo ogni giorno sempre di più. Terrorismo compre

Hamburger vegano? - Ultima modifica: 2020-11-09T15:29:18+01:00 da Lucia Berti

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