De Waal: carne bovina, la ripresa è possibile

carne bovina
Fiera di Cremona, al convegno Inalca-IZ il vicepresidente di Assocarni analizza il momento critico che sta vivendo questa filiera. Ma individua anche alcune strategie per affrontare il problema autosufficienza

È una tematica di grande attualità, ha affermato alla Fiera di Cremona Paulo de Waal, vice presidente di Asso­carni, “quella di trovare delle strategie per la ripresa del settore zootecnico del bovino di carne. Infatti abbiamo una situazione che dal 2019 ad oggi ci ha visto con un’autosufficienza della carne bovina che arrivava al 52%. Oggi però siamo a un’autosufficienza vicina al 37%, per cui la percentuale è calata; e i consumi sono sostanzialmente rimasti invariati. E questo ci porta a tutta una serie di considerazioni, di problemati­che, da valutare per il futuro”.

Paulo de Waal durante l’incontro alla Fiera di Cremona

Inoltre c’è anche l’argomento della sa­nità, “delle problematiche sanitarie che abbiamo in giro per l’Europa: anche que­ste sicuramente sono importanti nelle valutazioni su come poter aumentare quello che è il patrimonio zootecnico del bovino da carne italiano, per evitare per quello che è possibile le importazioni dall’estero”.

Così de Waal ha aperto il convegno or­ganizzato da Inalca e dall’Informatore Zootecnico che si è tenuto due setti­mane fa alla Fiera di Cremona con lo scopo di mettere a fuoco strategie per una ripresa della filiera italiana della car­ne bovina. Filiera che da qualche tempo sta vivendo situazioni di una certa cri­ticità a causa fondamentalmente della carenza di vitelli da portare all’ingrasso.

Il convegno, di grande spessore, ha ospitato anche gli interventi di Carlo Angelo Sgoifo Rossi dell’Università di Milano, di Martino Cassandro di Anafibj e di Vincenzo Lenucci di Confagricol­tura.
Nel prossimo numero di IZ verrà pubblicato un ampio report sull’evento, intanto qui proponiamo qualche antici­pazione dei messaggi del solo de Waal.

La questione mortalità

Che fare dunque per affrontare il deficit di carne, quali strategie per il futuro? Al primo posto, ha risposto Paulo de Waal, “l’intervento che ritengo che possa es­sere quello più veloce, è quello di agire sulla mortalità”.
Sono stati diffusi dati della Bdn “secon­do i quali dei possibili vitelli ne nasce soltanto l’80%. Per cui perdiamo il 20% dei vitelli: questi non arrivano alla carrie­ra produttiva, cioè non andranno a fare latte o non andranno a fare carne”.

In particolare (all’interno di questo più ampio dato del 20%, che comprende anche altre situazioni, come ritardi di fertilità e altro, ndr) “ci sono problemi di mortalità: c’è quasi un 10% di mor­talità negli allevamenti delle vacche da latte. In modo particolare il sottoscrit­to, che segue la filiera dei vitelli carne bianca, vede che anche lì abbiamo que­sto dato, effettivamente molto molto pesante, che è ancora più accentuato quando lo confrontiamo con i vitelli che importiamo”.

Ogni tanto durante l’anno (noi dell’indu­stria del vitello a carne bianca) “dobbia­mo importare vitelli perché non ce ne sono a sufficienza sul mercato italiano; e quando confrontiamo i risultati tecnici dell’allevamento straniero di vitelli con i risultati dell’allevamento nazionale di vitelli ci troviamo meno della metà della mortalità che riscontriamo negli alleva­menti italiani: questo è sicuramente un dato su cui riflettere e su cui porre tanta attenzione all’interno degli allevamenti”.

Colostro, strutture e management

Poi ci sono diverse altre problematiche, “per esempio quella della colostratura, di cui si parla molto molto spesso. Op­pure quella del management all’interno della stalla: tante volte la gestione del vitello o della vitella all’interno dell’orga­nizzazione aziendale viene lasciata al personale probabilmente meno esperto; uno dei problemi principali per gli alleva­tori è quello di trovare personale qualifi­cato per seguire tutti i lavori e succede molto spesso che il personale meno qualificato è quello che deve andare a seguire il vitello baliotto, con tutto quello che ne consegue”.

Altra questione: “le strutture dell’alleva­mento tante volte non sono adeguate alle necessità perché quando troviamo in alcune stalle dei gabbiotti per i vitelli situate in zone non idonee, oppure espo­ste al freddo d’inverno e al caldo d’esta­te, sicuramente non agevoliamo quello che è lo stato di salute degli animali”.
In conclusione “fra i fattori su cui è pos­sibile lavorare abbiamo colostro, strut­ture e management, ambiti dai quali possiamo ottenere risultati anche ab­bastanza velocemente”.

Anagrafe, si può fare di più

Altro elemento “che ritengo importan­te, legato anche al discorso sanitario, è quello dell’anagrafe. Oggi, nel 2025, abbiamo ancora la maggior parte degli animali dei vitelli che hanno gli orecchi­ni senza neanche il codice barre, che è una situazione unica in Europa. Abbia­mo fatto uno studio, che abbiamo poi consegnato qualche settimana fa a un valido rappresentante del ministero del­la Salute, dove facciamo vedere la situa­zione dell’anagrafe in Italia a confronto con come vengono registrati i vitelli in tutta in tutta Europa: abbiamo sicura­mente tanto da recuperare”.

Ma anche in quest’ultimo caso “la si­tuazione si può risolvere in tempi molto molto veloci: oggi ci sono i microchip che non costano più quello che costa­vano una volta; ci sono gli orecchini di ultima generazione che non è possibile contraffare perché se uno lo toglie non riesce più a rimettere; c’è la possibi­lità di avere l’orecchino con una certa quantità del DNA della cartilagine, per poter anche identificare l’animale in mo­menti successivi se dovesse capitare qualcosa, per esempio qualche pro­blematica sanitaria o forse se si perde l’identità dell’animale, problema questo attualissimo”.

Al momento, ha detto ancora de Waal, “abbiamo un grosso impasse nella situa­zione dell’anagrafe: riceviamo, nel setto­re del vitello a carne bianca ma anche in quello dei bovini da carne, degli animali svezzati che hanno problemi nella Bdn come per esempio maschi che sono femmine, incroci che sono bianche e neri, sono frisoni, e questi animali oggi dalle autorità vengono assolutamente bloccati”.

Ci troviamo in una situazione che, “per buttarla sullo scherzo, è simile a quel­la di quel famoso film di vent’anni fa, The Terminal, dove c’era questo per­sonaggio all’aeroporto che non poteva tornare indietro e non poteva uscire dall’aeroporto perché non aveva i do­cumenti in ordine. Una cosa simile sta succedendo oggi nei vitelli: se ricevia­mo un vitello che ha questo problema, dobbiamo risalire al proprietario e il proprietario deve andare a correggere in Bdn l’errore che è stato fatto. Fino a qualche settimana fa lo poteva fare anche il detentore con l’autorizzazione dell’allevatore, o almeno con la comu­nicazione all’allevatore, dalla settimana scorsa non è più possibile, per cui in Bdn la variazione la può fare solo l’al­levatore alle partenze”.

In conclusione, “anche qui secondo me con un’anagrafe un po’ più attenta riusciremmo a risolvere tanti problemi, perché c’è qualche centinaio di capi oggi in Italia che sono bloccati nelle stalle e che molto probabilmente avranno come unico destino l’abbattimento perché nessuno si prenderà la responsabilità di autorizzare che questi animali pos­sano essere utilizzati per il consumo umano. E anche questa situazione è un fattore che effettivamente va a ridurre il numero di capi” a disposizione della filiera della carne bovina.

Il ddl Coltivaitalia

Inoltre, ha aggiunto il vicepresidente di Assocarni sempre in occasione del con­vegno di Cremona, “un’anagrafe ben fat­ta e con la tracciabilità, oltre a un discor­so di trasparenza verso il consumatore finale che ce lo chiede tutti i giorni, ci dà uno strumento in più in caso di malattie dei bovini. La Blue Tongue ormai la consideriamo presente da diversi anni, quest’anno abbiamo avuto l’afta epizootica in Germania, poi in alcuni paesi dell’est, abbiamo avuto l’Lsd in Sardegna e poi nella zona di Mantova”.

E abbiamo visto “quanto sia importante la tracciabilità degli animali per riuscire a identificare immediatamente quello che è il focolaio da cui nasce il problema e isolare più possibile i capi che possono poi essere contaminati o bloccati. Anche questa è una strategia per la ripresa del settore carne bovina; è fondamentale perché se ci capita un problema sanitario di questo tipo, altro che parlare dei 300 milioni del disegno di legge Coltivaitalia per andare a aumentare il patrimonio zootecnico!
Un problema sanitario di questo tipo ci creerebbe un danno tale che neanche i 3 miliardi ritenuti necessari dal professor Sgoifo Rossi potrebbero essere sufficienti a bloc­care la criticità”.

Il ddl Coltivaitalia “è sicuramente uno strumento importante che può dare uno stimolo a ridurre questa dipendenza dall’e­stero. E vedremo come questi 300 milioni saranno utilizzati sia per la linea vacca vitello che sulla linea beef on dairy. Rite­niamo che sicuramente è uno degli strumenti utili soprattutto sul discorso della linea vacca vitello, anche per un discorso di riuscire a mantenere la presenza della zootecnia in determinati territori che oggi hanno problematiche idrogeologiche, come l’Appennino tosco-emiliano per andare fino in Basilicata, Ca­labria e Sicilia, per vedere se questi territori possono essere recuperati con la linea vacca vitello. Sappiamo che non sarà facile, però sicuramente le risorse ci sono e dobbiamo trovare il modo di sfruttarle nel migliore modo possibile per riuscire a compensare questo gap che abbiamo con la produzione di carne nazionale”.

Il biometano

Un altro elemento “secondo me importante in una strategia per la ripresa del settore carne bovina è trovare il sistema per accelerare e semplificare le autorizzazioni degli impianti di biometano”.

Infatti, ha concluso Paulo de Waal a Cremona, “oggi i liquami e le deiezioni animali sono un problema perché ci vuole il terre­no, ci vuole lo spandimento, ci vuole il documento previsionale Pua (piano di utilizzazione agronomica degli effluenti zootec­nici), c’è tutta una serie di situazioni che mette gli allevatori, soprattutto nella pianura padana, estremamente in difficoltà perché il carico è tale per cui i terreni non sono assolutamente sufficienti”.

Ora invece “la possibile affermazione degli impianti biome­tano, soprattutto quelli di ultima generazione che stanno na­scendo, ci dà la possibilità di trattare i liquami zootecnici, di avere un reddito da queste deiezioni, e soprattutto di poter aumentare dove ci sono situazioni favorevoli anche il proprio patrimonio animale per riuscire ad aumentare le produzioni. E quest’ultimo è esattamente il motivo per cui oggi si tiene questo convegno, che vuole indagare su quali possano essere le strategie per la ripresa della filiera carne bovina”.

De Waal: carne bovina, la ripresa è possibile - Ultima modifica: 2025-12-10T12:26:54+01:00 da Laura Della Giovampaola

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