Peste suina, la reazione di politici e veterinari

La Psa è arrivata in Lombardia, se n’è discusso in un incontro a Bergamo

È una delle cinque malattie di interesse sovranazionale, inserita in classe A dal regolamento europeo e che, senza andare molto indietro nel tempo, alla Cina è costata la bellezza di 500mila suini e alcuni anni per il ripopolamento. Se queste sono le premesse, debellare la Peste suina africana (Psa) non sarà facile.

Comparsa nella Penisola italiana nel gennaio del 2022 (“Pensavamo potesse arrivare dall’area slava, e invece ce la siamo trovata in centro a Genova”, ammette il sottosegretario all’Agricoltura Patrizio La Pietra), nelle scorse settimane è arrivata in Lombardia, in provincia di Pavia, dove ad oggi si contano cinque focolai fra Montebello e Zinasco.

“Per sconfiggere la malattia servono comportamenti consapevoli dell’uomo e regole di protezione, come è stato fatto con il Covid; serve grande responsabilità”: lo ha affermato il commissario straordinario alla Psa, Vincenzo Caputo, nel corso di un recente incontro a Bergamo.

Si trattava della tavola rotonda “Peste suina africana: problema sanitario ed economico. Strategie di contenimento ed eradicazione”, organizzata da Coldiretti Bergamo, Ats e Simevep (Società italiana di medicina veterinaria preventiva) e moderata dal presidente di Simevep, Antonio Sorice. Nella foto un momento dell’incontro.

Il comparto suinicolo è uno dei pilastri del Made in Italy, con un valore dell’intera filiera che supera i 20 miliardi di euro e che vanta produzioni Dop uniche a livello mondiale, a partire dai prosciutti di Parma e San Daniele che proprio in Lombardia – ricorda il presidente di Coldiretti, Ettore Prandini – hanno il principale bacino produttivo.

Da risolvere, in particolare, il nodo dei cinghiali, che sono fra i principali vettori della malattia e che in questi anni hanno proliferato in Italia in maniera incontrollata, al punto da raggiungere numeri impressionanti. L’assessore all’Agricoltura della Lombardia, Alessandro Beduschi, parla di 2,5 milioni di capi, un numero nettamente superiore rispetto a quelli indicati da Ispra, che limitava qualche anno fa a 1,3 milioni i cinghiali in Italia.

In una sala convegni gremita, l’inquietudine è palpabile. Non soltanto fra le forze dell’ordine presenti, chiamate a svolgere nell’immediato futuro nuovi compiti nel percorso di eradicazione dei capi, ma anche fra gli allevatori di suini. Oggi il mercato sta attraversando una fase positiva per i suini grassi da macello, con prezzi record, ma quale potrebbe essere l’impatto se la malattia, “che ha una elevata mortalità e una alta resistenza ambientale, ma con bassa morbilità”, come sottolinea Mario Chiari di Ats Brescia, referente in Lombardia per la Peste suina africana, trovasse ulteriori spazi di diffusione? Il blocco dell’export sarebbe inevitabile.

Di certo tremano le province a trazione suinicola come Brescia e Mantova, che contano rispettivamente (fonte: elaborazioni Teseo) 2.155 e 701 allevamenti al 30 giugno 2023, con un numero di capi pari a 1.135.035 in provincia di Brescia e a 1.057.217 in provincia di Mantova. In termini percentuali significa collocare in sole due province il 28% e il 26% dell’intero patrimonio suinicolo regionale. Che a sua volta ammonta a 6.600 allevamenti e 4.069.947 capi su un totale nazionale di 8.349.000 maiali: vuol dire che il 49% della popolazione suinicola allevata in Italia si trova in Lombardia.

Resta il nodo dei costi per la biosicurezza e l’eradicazione della malattia. “Quanto costano la prevenzione e l’adeguamento?”, si chiede il commissario straordinario. “Molto – afferma -. E se i bandi a sostegno delle recinzioni e la biosicurezza degli allevamenti vanno deserti significa che non abbiamo fatto capire agli allevatori l’utilità della prevenzione. La sicurezza negli allevamenti va garantita e il settore deve adeguarsi”.

Spingersi a calcolare il costo degli interventi è oggettivamente complesso, ma una prima stima degli addetti ai lavori ipotizza un costo non inferiore ai 70.000 euro per ciascuno degli oltre 5.000 allevamenti suinicoli professionali.

Sul fronte medico veterinario, i tempi per la commercializzazione di un vaccino non sembrano essere vicini. “Il Vietnam sta lavorando in joint venture con gli Stati Uniti, ma non siamo pronti per il vaccino, altrimenti gli Usa lo avrebbero già utilizzato – frena Francesco Feliziani, responsabile del laboratorio nazionale di riferimento per le pesti suine -. In ogni caso, la soluzione vaccinale potrebbe essere utile per i cinghiali, con tutte le incognite di somministrazione, ma non sarebbe probabilmente molto efficace per l’Europa e la sua suinicoltura avanzata. Dobbiamo gestire il problema Psa in altro modo e, senza il vaccino, lo stamping out e la disinfezione sono le uniche soluzioni attuabili”.

Il metodo di rilevamento della malattia è, comunque, efficacissimo. Lo rende noto Feliziani, che parla di “quattro ore per avere la conferma epidemiologica dall’arrivo del campione”. La rapidità è essenziale, così come controlli e monitoraggio. “O c’è consapevolezza o la piaga della Psa sarà insanabile – avverte Prandini -. Ma siamo in ritardo e non è colpa del commissario straordinario o del precedente, che non aveva adeguati poteri. Coldiretti è dal 2018 che denuncia una presenza di cinghiali fuori controllo”.

Il commissario straordinario Caputo detta la linea di intervento

Se si riuscirà a eradicare la Psa in 36 mesi, come era stato ipotizzato nei giorni scorsi, il commissario straordinario alla Psa, Vincenzo Caputo, non lo dice. Le sue parole, seppure mitigate da una verve tipicamente campana, sono pietre: “Pregherei tutti di capire che stiamo parlando di una malattia e, proprio per questo, abbiamo bisogno di tutti”.

Servono innanzitutto comportamenti etici, responsabili e prudenti. La missione è quella di garantire la biosicurezza negli allevamenti.

“Dovete essere voi i primi a non toccare animali selvatici e a disinfettare scarpe e mani”, invita perentoriamente tanto gli allevatori, ai quali raccomanda di non fare entrare estranei nei siti produttivi, quanto i cittadini che si muovono nei boschi.

“Dobbiamo difendere agricoltura e ambiente”, ripete Caputo. Chi non aumenta la biosicurezza negli allevamenti è fuori. E i controlli, anche in una regione chiave come la Lombardia, partiranno al più presto e coinvolgeranno il 50% degli allevamenti, anticipa il dirigente di Ats Brescia, Mario Chiari.

Allo stesso tempo, grande attenzione dovrà essere accordata nelle fasi del trasporto dei maiali, con adeguata sanificazione di autocarri e mezzi.

Poi c’è la questione degli ungulati, fra i principali vettori della Psa. E sul tema il commissario è radicale e chiede “tolleranza zero per i cinghiali nei centri abitati e negli allevamenti suinicoli”.

In campo, in base a quanto accordato nei giorni scorsi dal ministro della Difesa, Guido Crosetto, scenderà in campo anche l’esercito, accanto ai 600mila cacciatori che sono considerati “bioregolatori”. L’obiettivo è quello di eliminare un numero non inferiore di 650mila cinghiali all’anno.

Il sottosegretario La Pietra: “Emergenza cinghiali già nel 2018”

Quello della Peste suina africana è un problema che affonda le proprie radici negli anni. Se si esclude la situazione della Sardegna, dove la malattia è stata eradicata faticosamente dopo decenni, il rischio di “importare” la malattia era concreto ormai da anni.

“Già nel 2018 si parlava di emergenza cinghiali – puntualizza il sottosegretario all’Agricoltura, Patrizio La Pietra, intervenuto al convegno di Coldiretti Bergamo -. L’anno successivo, nel 2019, in Commissione Agricoltura al Senato ci furono audizioni specifiche con il mondo agricolo e veterinario, che portarono al documento di giugno 2021, in cui si lanciava l’allarme per la possibile epidemia di Psa per la presenza in Italia di un elevato numero di cinghiali”. Sono le tappe, riassunte sinteticamente da La Pietra, di un’emergenza che sembra esser stata vissuta con ritardo su quasi tutta la linea.

Nel gennaio 2022 si è verificato il primo caso di Psa in Italia. Poco incisivi, par di capire, gli interventi del commissario straordinario nominato sotto il governo Conte, in quanto i poteri conferiti erano circoscritti entro un perimetro più ristretto rispetto ai margini di azione attuali, in seguito al decreto modificato a febbraio 2023.

Ora la missione è il contenimento del cinghiale, nell’ordine di 650mila unità da abbattere ogni anno, così da minimizzare i rischi di diffusione della malattia. “Con la sola attività venatoria non siamo in grado di raggiungere l’obiettivo – prosegue il sottosegretario La Pietra -. È per questo che abbiamo spinto per ottenere, grazie al ministro Crosetto, la disponibilità dell’esercito”. Parallelamente, “è fondamentale aumentare la biosicurezza in tutti gli allevamenti, non possiamo intaccare il distretto suinicolo”.

Peste suina, la reazione di politici e veterinari - Ultima modifica: 2023-09-11T17:40:16+02:00 da Elena Barbieri

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