L’inquinamento degli allevamenti, una grande fake news

Al convegno dell’Arav a Bressanvido (Vicenza) l’importanza di una corretta comunicazione

«Nell’immediato futuro ci attendono due grandi obiettivi: informare il cittadino e rendere più efficienti i nostri allevamenti attraverso una costante raccolta di dati che ci permetta di migliorare la genetica e crescere in qualità. La strada da fare è ancora molta, anche sotto il profilo della raccolta del dato a livello economico».

Con queste parole il presidente dell’Arav (Associazione regionale allevatori Veneto), Floriano De Franceschi, è intervenuto il 7 ottobre 2023 al convegno Miglioramento genetico e ambiente: tecnologie, fenotipi, selezione per una zootecnia a impatto zero, svoltosi nella Fattoria Fratelli Pagiusco di Bressanvido (Vicenza) nell’ambito del Festival dell’Agricoltura.

Dopo i saluti del sindaco di Bressanvido Luca Franzè e la breve introduzione del direttore dell’Arav, Walter Luchetta, che ha moderato la mattinata di approfondimento, l’incontro, salutato con l’invio di una lettera dal presidente della giunta regionale veneta Luca Zaia, è entrato nel vivo con l’intervento di Andrea Comacchio, direttore dell’Area Marketing territoriale, cultura, turismo, agricoltura e sport della Regione Veneto, sul tema L’evoluzione delle attività di miglioramento genetico realizzate nella Regione Veneto nella prospettiva operativa della strategia Farm to fork.

«Con la strategia Farm to fork – ha spiegato Comacchio – si vuole accelerare la transizione verso un sistema alimentare sostenibile, adottando un approccio integrato al cibo, affrontando i risvolti ambientali, sociali, agricoli e di salute pubblica legati al cibo».

Comacchio ha espresso perplessità nella realizzazione della Farm to fork, che così com’è, porterebbe a una riduzione della produzione agricola, a un aumento dei prezzi e delle importazioni con forti dubbi sulla qualità e sulla sicurezza alimentare di questi approvvigionamenti extracomunitari.

Nel frattempo la Regione Veneto, sul solco della parte positiva della Farm to fork, sostiene il miglioramento genetico anche attraverso progetti innovativi, quali Ketogen e ColoXInf, frutto del lavoro sinergico delle Associazioni nazionali di Razza, dell’Arav e dell’Università di Padova.

«Attraverso il progetto Ketogen abbiamo osservato – ha spiegato Massimo De Marchi del dipartimento Agronomia, animali, alimenti, risorse naturali e ambiente dell’Università di Padova – che al picco dei fabbisogni energetici corrisponde una riduzione dell’ingestione, che provoca uno stato di bilancio energetico negativo che si manifesta nella mobilitazione delle riserve adipose, rilasciando concentrazioni anomale nel sangue di acidi grassi non esterificati e corpi chetonici. Il laboratorio dell’Arav, attraverso le analisi del β-idrossibutirrato (BHB), è in grado di osservare queste variazioni e lanciare un conseguente campanello d’allarme all’allevatore.»

«Grazie al progetto ColoXInf possiamo ribadire che il colostro è di fondamentale importanza per la salute dei vitelli. La sua qualità e corretta somministrazione è fondamentale per proteggere i vitelli».

Concetti sui quali è tornato anche Martino Cassandro, direttore dell’Anafibj (Associazione nazionale allevatori della razza Frisona, Bruna e Jersey Italiana): «La buona gestione del colostro, che si concretizza nella tempestività di somministrazione, ossia entro 4-6 ore dal parto, nella qualità (200 grammi d’immunoglobuline per averne 50 grammi nel sangue), nella quantità (4 litri), nella sanità/sicurezza e nella conservazione (la carica batterica raddoppia ogni ora), consente l’aumento delle produzioni (2.607 kg di latte in due lattazioni), di migliorare l’efficienza riproduttiva, una miglior conversione dell’alimento e un maggior incremento di peso. Il colostro può contribuire a contrastare l’insorgenza di patologie enteriche e respiratorie. Attraverso il laboratorio dell’Arav è possibile eseguire analisi sulla qualità del colostro».

L’esperienza della Rendena, portata da Dario Tonietto, direttore dell’Anare (Associazione nazionale allevatori bovini razza Rendena) è rappresentativa del grande sforzo che gli allevatori quotidianamente compiono.

«La Rendena è una razza di cui andiamo orgogliosi – ha spiegato Tonietto – perché ha affrontato molte sfide, non ultimo il suo tentativo di eliminazione, ma oggi tra Veneto, Lombardia e Trentino conta circa ottomila capi. La Rendena di domani sarà più sostenibile dal punto di vista ambientale, più sana e più resiliente. Tutto questo grazie a una serie d’indici rilevabili attraverso analisi effettuate anche dal laboratorio di Arav».

Il problema della chetosi i suoi sintomi e la diagnosi

Sull’importanza dei dati si è soffermato Lorenzo Degano, responsabile delle valutazioni genetiche dell’Anapri: «La chetosi si manifesta con disturbo dell’appetito e ruminazione, pigrizia, odore di acetone nell’alito, nervosismo, ipoglicemia, iper-chetonemia, iper-chetonuria, collasso epatico, calo di peso e produzione, fino ad arrivare al rischio di morte.»

«Dal punto di vista dell’allevatore, comporta un’alterata qualità del latte, una ridotta fertilità, l’aumento di casi di metriti e ritenzione di placenta, una maggior dislocazione dell’abomaso, l’eliminazione fino al 5% della mandria e la perdita per lattazione di 200 litri di latte, con un costo di 250 euro/capo. La diagnosi può essere fatta dal veterinario, per la forma clinica, o con il monitoraggio del β-idrossibutirrato (BHB) nel sangue o, ancora, attraverso i controlli funzionalii».

La difesa della biodiversità parte dalla lotta al cibo sintetico

Lo straordinario patrimonio in termini di biodiversità è messo a dura prova, come ha fatto notare Luchetta: «I grandi investitori hanno stanziato 250 miliardi per parlar male del cibo vero e far spazio a quello sintetico.»

«I cittadini avveduti ben ricorderanno come, nell’epoca del Covid-19, i livelli di ossido d’azoto si erano drasticamente ridotti con la chiusura delle fabbriche e la minor circolazione di veicoli, mentre gli allevamenti non hanno mai interrotto la propria attività».

L’intervento di Luca Buttazzoni, dirigente del Crea, incentrato sugli aspetti comunicativi

D’accordo Luca Buttazzoni, del Centro di ricerca Crea-Zootecnia e acquacoltura: «Il dito puntato contro gli allevamenti, quali unici responsabili dell’inquinamento è in larga misura l’effetto di un’egemonia culturale e di comunicazione. Indubbiamente occorre ridurre le emissioni zootecniche di metano, ma i ruminanti non hanno contribuito al riscaldamento globale, emettono metano che, a differenza dall’anidride carbonica, non si accumula in atmosfera e, riducendo le emissioni, contrastano il riscaldamento globale».

Mauro Donda, direttore generale dell’Aia (Associazione italiana allevatori) ha, infine, sottolineato il valore dei contributi del convegno, soprattutto per quanto riguarda le relazioni tecniche, che hanno presentato i risultati di progetti realizzati da Arav, con la collaborazione di Enti selezionatori, con Università e grazie a finanziamenti regionali.

«Tutte le relazioni - ha detto - hanno presentato valide soluzioni per una maggior competitività e sostenibilità degli allevamenti. Non sono molti i settori economici che di fronte a questi problemi hanno a disposizione un sistema che offre soluzioni concrete. E questo deve dare la spinta ad affrontare con fiducia le sfide del futuro».

L’inquinamento degli allevamenti, una grande fake news - Ultima modifica: 2023-10-18T17:46:40+02:00 da Elena Barbieri

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