Il Gruppo Amadori condivide e rilancia l’appello di Unaitalia in merito alle pesanti ripercussioni per il settore avicolo derivanti dal rialzo dei prezzi delle materie prime agricole a livello mondiale.
Dopo un ciclo di 5 anni caratterizzato da prezzi internazionali bassi, dallo scorso mese di agosto, infatti, si è registrato un imponente rialzo del 35% delle materie prime, con i prezzi internazionali che sono tornati velocemente sui massimi del 2014 (fonte: IGC - Grains and oilseeds index). Questo andamento dei prezzi si è tradotto nel nostro Paese in una conseguente serie di rialzi a doppia cifra, che ha interessato sia il comparto proteico vegetale (+36%), che i cereali e relativi derivati (+27%) (fonte: Ager Borsa merci Bologna).
“Durante la pandemia il settore avicolo ha confermato, ancora una volta, la sua resilienza - spiega Francesco Berti, amministratore delegato Gruppo Amadori - e il nostro Gruppo ha lavorato per tutelare gli allevatori della propria filiera integrata, facendosi carico degli effetti causati dall’aumento dei prezzi delle materie prime e mitigando gli effetti delle variazioni di mercato dovute alla pandemia, legate ad esempio alla flessione del canale Horeca. In questo già delicato momento, il prolungato aumento dei prezzi rischia di indebolire in maniera pesante e irreversibile una filiera di eccellenza, 100% italiana e in grado di garantire autosufficienza produttiva all’Italia. È pertanto prioritario - conclude Berti - avviare un confronto tra tutti gli operatori con il contributo fondamentale della distribuzione, per far sì che questo tema venga affrontato guardando in maniera responsabile al futuro del settore e alla sua centralità nella dimensione dei consumi nazionali”.
L’Italia attualmente è importatore di materie prime agricole per il 60% del fabbisogno (fonte: Assalzoo) e il costante incremento dei prezzi di mais, grano tenero, crusca, farina di soia, ecc., potrebbe avere gravi conseguenze per l’avicoltura, una delle poche filiere agroalimentari nazionali in grado di soddisfare pienamente il consumo interno.
Il comparto può contare sul territorio nazionale 18.500 allevamenti, di cui 6.400 professionali, con 38.500 addetti alla fase di allevamento e 25.500 addetti impegnati nella trasformazione alimentare. Il fatturato complessivo 2019 è stato di 5,5 miliardi di euro (fonte: Unaitalia).