La migliore alimentazione per una carne di qualità

carne di qualità
La stalla di una delle aziende socie di Unicarve.
Il Sistema di qualità nazionale zootecnia (Sqnz) si appoggia al disciplinare di produzione del “Vitellone e/o scottona allevati ai cereali”. Ecco le indicazioni sulle tecniche di alimentazione degli animali che questo protocollo fornisce agli allevatori aderenti

Nato nel 2011 ma divenuto operativo solamente nel 2019 a causa di tanta burocrazia ed impreparazione da parte del sistema zootecnico, soprattutto dal punto di vista organizzativo-commerciale, Il Sistema di qualità nazionale zootecnia (Sqnz) è decollato con il disciplinare di produzione del “Vitellone e/o scottona allevati ai cereali”, garantito dal ministero delle Politiche agricole, certificato da organismi terzi e comunicato tramite il marchio ombrello “Consorzio Sigillo Italiano”. Il Sistema prevede modelli produttivi ben definiti e sottoposti a elevati standard tecnici, che tengono conto del benessere animale e della sicurezza alimentare.

carne di qualità
La caratteristica saliente del sistema di produzione Sqnz è sicuramente l’utilizzo dei cereali. Questi devono essere presenti per almeno il 60% sulla sostanza secca totale.

Con l’avvio del Sistema di qualità la definizione di “allevamento protetto” ha surclassato quella di “allevamento intensivo”, grazie alla professionalità degli allevatori, alla rigida applicazione di regole cogenti e volontarie, controllo del clima negli allevamenti, attenzione alla sicurezza alimentare, dove tutto è gestito in modo trasparente e tracciabile, dal campo al piatto, per garantire ai consumatori, attraverso l’etichetta delle carni ed il marchio Consorzio Sigillo Italiano tutte le informazioni necessarie per aiutare a scegliere con sicurezza, la carne degli allevatori italiani.
Durante questi mesi, a causa della pandemia da Covid19, i consumatori sono diventati sempre più attenti alla provenienza dei prodotti da mettere in tavola, privilegiando quelli italiani, premiando le carni bovine prodotte in Italia. Si spera che questo trend continui e venga ulteriormente premiata la capacità imprenditoriale e produttiva dell’agricoltura italiana gratificando chi in questi mesi ha lavorato per garantire che nelle nostre tavole non mancasse frutta, carne, verdura. Lo scopo del “Consorzio Sigillo Italiano” è, quindi, di facilitare i consumatori a scegliere un prodotto certificato, con un semplice colpo d’occhio.

Almeno il 60% di cereali

Nel disciplinare di produzione “ Vitellone e/o scottona allevati ai cereali“, un ruolo fondamentale lo riveste il capitolo dedicato all’alimentazione. Il quale per i bovini allevati prevede diete bilanciate, in rapporto al tipo specializzato di animale e alle sue fasi di accrescimento.
La caratteristica saliente del sistema di produzione Sqnz è sicuramente l’utilizzo dei cereali, che devono essere presenti per almeno il 60%, in rapporto alla sostanza secca totale.
L’apporto dei cereali, produzione tipica della pianura Padana, caratterizza non solo la composizione della dieta dei bovini, da sempre allevati in questo fertile territorio, ma le stesse caratteristiche qualitative e nutrizionali, che consentono di ottenere animali maturi, con le caratteristiche ottimali per un mercato che richiede carni tenere, con un grado di marezzatura che conferisce gusto sapido, privo di quegli odori e sapori tipici ad esempio delle carni di animali allevati al pascolo, come solo un bovino giovane può dare.
Un’attenzione particolare è stata rivolta all’utilizzo dell’insilato di pianta intera di mais (silomais). Questo alimento ha sempre rappresentato una ricchezza per l’allevatore di bovini da carne, per le ottime caratteristiche fisico chimiche, per la possibilità di disporne per un intero ciclo annuale dalla raccolta e per essere una risorsa economica interessante, essendo prodotta in azienda. Tuttavia un utilizzo eccessivo del silomais, valutato su quantità oltre i 12 kg, può portare a una diluizione dell’apporto energetico della razione e a un allungamento del tempo di raggiungimento della maturità commerciale, oltre alla modifica delle caratteristiche della carne, per la maggiore età alla macellazione.

Attenzione alla fibra

La scelta di indicare nel disciplinare il sistema di preparazione della razione, ovvero la tecnica dell’unifeed, è stata fatta nell’ottica di garantire che il bovino abbia sempre a disposizione una razione che contenga in una sorta di “piatto unico”, tutti gli alimenti di cui ha bisogno in tutto l’arco della giornata.Come è noto la dieta riveste una fondamentale importanza per ottenere accrescimenti ponderali economicamente utili ma in questo percorso non si devono dimenticare le esigenze fisiologiche dei bovini, prima tra tutte il fatto di essere un ruminante che per mantenere l’equilibrio del proprio processo digestivo deve avere sempre a disposizione un adeguato livello di fibra alimentare.

 

Per il rispetto di questa esigenza nel disciplinare sono stati inseriti due tipi di controllo:
- uno chimico, la misura dell’NDF (stima del contenuto di emicellulose, cellulosa e lignina), che non deve essere inferiore al 25%;
- e uno fisico, la misura della lunghezza delle particelle della razione; in questo caso si prevede che almeno il 40% delle particelle costituenti la razione abbia una lunghezza superiore ai 2 mm. Questo è possibile valutarlo tramite l’uso di vagli.

L’importanza delle analisi

Gli allevamenti aderenti all’Sqnz sono sottoposti a visite ispettive previste da precisi piani di autocontrollo da parte di tecnici e veterinari e di controllo da parte di enti terzi certificatori; nel corso di questi interventi vengono prelevati campioni di unifeed per le necessarie analisi previste dal disciplinare, e sono occasioni per fare dei campionamenti al fine del monitoraggio, necessario all’imprenditore per tenere sotto controllo il proprio allevamento.
Quello delle analisi è un punto di forza di Unicarve, capofiliera dell’Sqnz, che lo propone a tutti gli allevatori, considerato che, a fronte di investimenti irrisori (costo analisi), si possono trarre benefici enormi, a livello di conoscenza delle capacità nutritive di una specifica razione alimentare.

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Un buon apporto di cereali nell’alimentazione dei bovini da carne consente di ottenere animali maturi, con carni tenere, con un grado di marezzatura che conferisce gusto sapido, privo di quegli odori e sapori tipici ad esempio delle carni di animali allevati al pascolo, come solo un bovino giovane può dare.

Infatti, basarsi solo su una dieta “teorica” fondata sulle conoscenze empiriche, piuttosto che su una calcolata con mezzi tecnici efficaci, non è sufficiente per assicurare il giusto apporto nutritivo e, di conseguenza, una gestione efficiente dell’allevamento.
Sapere cosa stanno mangiando i bovini in stalla, ovvero cosa effettivamente arriva alla loro bocca, è necessario per calibrare la dieta, tenendo conto delle effettive capacità nutrizionali dei componenti principali della stessa. Ad esempio, i cereali, alimenti al centro dell’Sqnz, siano essi in forma di ceroso, di pastone o in farina, possono variare le caratteristiche nutrizionali da campo a campo, da varietà a varietà.
Le analisi dovrebbero essere fatte con una valutazione iniziale delle variabili, ovvero tenendo conto dell’andamento che ha caratterizzato la stagione (siccità, pioggia o grandinate) e della tempestività delle semine.
È difficile pensare che in una trincea di insilato o pastone lunga 20/30 metri o anche di più, si possano trovare le stesse caratteristiche nutrizionali dall’inizio alla fine; e quindi, sulla base di queste valutazioni, deve essere predisposto un piano di monitoraggio, che può variare da anno in anno, che stabilisca con una frequenza ben definita dei controlli analitici in grado di garantire la corretta formulazione della razione durante tutto l’anno.
Non di minor importanza sono le caratteristiche qualitative delle materie prime e, a tal proposito, il disciplinare del “Vitellone e/o scottona allevati ai cereali” prevede anche le analisi per rilevare l’eventuale presenza di aflatossine sulla razione finale. Ovviamente, un controllo di questo tipo può non essere esaustivo per la valutazione della presenza di sostanze indesiderate, ma può essere sia un elemento in grado di fornire una prima evidenza di scarsa qualità dei prodotti sia un invito ad analisi più approfondite

Gli alimenti consentiti

Il disciplinare di produzione Sqnz contiene una “lista positiva” degli alimenti consentiti, costituita con l’intento di includere le materie prime utilizzate tradizionalmente dall’allevatore di bovini da carne. Riassumiamo qui di seguito la lista positiva degli alimenti ammessi dal disciplinare Vitellone/scottona allevati ai cereali:
- cereali e derivati;
- leguminose;
- oleaginose;
- bietole e derivati;
- foraggi freschi (cereali da foraggio, erba medica, trifoglio, erba da prati naturali e artificiali);
- foraggi essiccati;
- insilati di piante intere (cereali e insilati d’erba);
- grassi vegetali;
- mangimi completi e complementari, costituiti dalle materie prime sopra elencate.
Tra gli alimenti non inclusi ci sono ovviamente quelli di origine animale: grassi e fonti proteiche devono essere solo di origine vegetale. Spazio quindi alle principali oleaginose, come la soia e il girasole, e a tutti i cereali e derivati, presenti in tutta la fase di crescita per aumentare la concentrazione di amidi in finissaggio e per favorire una corretta infiltrazione del grasso a livello intramuscolare.
Non sono ammessi neppure i sottoprodotti dell’industria alimentare: pane, pasta, biscotti e simili, sono banditi dal disciplinare, come pure i residui delle lavorazioni agro industriale come possono essere i cascami delle lavorazioni dei cereali o i “pastazzi” di frutta o verdura. Prodotti che, pur avendo buone caratteristiche nutritive, pur essendo economicamente vantaggiosi e in grado di innescare un riutilizzo virtuoso, concetto più volte ripreso nell’ottica di una economia circolare, sono però prodotti che, oltre a non appartenere alla tradizione, non nascono per l’utilizzo zootecnico e possono avere caratteristiche fisiche, chimiche e qualitative non costanti.
Va da sé che la dieta di un vitellone/scottona Sqnz, per la cura della preparazione, per la qualità e selezione degli alimenti, è sicuramente più costosa rispetto alla dieta che contiene sottoprodotti. Di conseguenza va tenuto in debito conto il rapporto qualità/prezzo; il prezzo che, in base a indagini di mercato, il consumatore è in grado di riconoscere all’acquisto.

Cosa prevede la normativa

Inoltre è opportuno ricordare cosa preveda la normativa in tema di sanità pubblica, salute degli animali e delle piante e benessere animale.
È bene ricordare che tutte le imprese, beneficiarie di interventi comunitari sono soggette a delle norme, note come “condizionalità”. Tra queste, nel settore zootecnico riveste particolare importanza la “sicurezza alimentare”, normata dal Regolamento Ce n. 178/2002, recepito con successivo decreto ministeriale, che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l’Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa le procedure nel campo della sicurezza alimentare.

In pratica, ecco cosa deve fare l’azienda per ottemperare a quanto previsto:
- verificare la congruità degli alimenti all’arrivo durante lo scarico, provvedendo al prelievo di campioni e, periodicamente, alle analisi degli stessi, assicurando un corretto stoccaggio e facendo particolare attenzione al rischio di contaminazioni;
tenere opportuna registrazione circa l’origine degli alimenti utilizzati nella dieta degli animali, siano essi acquistati o auto prodotti (Registro per la tracciabilità degli alimenti), che dei trattamenti effettuati sulle piante con il “Quaderno di Campagna”);
- registrare i prodotti medicinali veterinari o altri trattamenti curativi somministrati agli animali (Registro dei trattamenti agli animali);
- monitorare i risultati di ogni analisi, rapporto o controllo effettuato sulle piante, sugli animali o sui prodotti animali, che abbia una rilevanza ai fini della salute umana, ivi comprese le denunce delle mortalità in allevamento;
Ora, se da un lato tutto questo si tramuta in “burocrazia” tanto da diventare un onere per le aziende, dall’altro gli allevatori devono tener conto delle opportunità che da questo sistema può derivare. Avere sotto controllo l’alimentazione permette all’impresa di gestire al meglio questa importantissima fase da cui dipendono le sorti economiche dell’allevamento, trovando in essa le marginalità necessarie per dare continuità all’impresa. Il bovino è ciò che mangia!

Alimentazione e ambiente

La prossima Pac, sempre più indirizzata alla protezione dell’ambiente, potrebbe essere orientata verso sostegni in grado di migliorare l’alimentazione dei bovini, per diminuire l’impatto delle emissioni in atmosfera, obiettivo dimostrato da recenti studi effettuati a livello internazionale con il progetto Life Beef Carbon, progetto organizzato con la collaborazione di Francia, Spagna, Irlanda e Italia che vede tra i partecipanti Unicarve con il Crpa di Reggio Emilia e il Crea di Lodi.
È noto che quanto non viene metabolizzato dal bovino viene escreto attraverso feci e urine; e da queste il passaggio nell’atmosfera è breve. Diventa quindi prioritario, a livello di Nuova Pac, mantenere un buon livello di “aiuti accoppiati”, orientando tali aiuti non a “produzioni in crisi” bensì nell’ottica di applicare sistemi di qualità con disciplinari di produzione riconosciuti, che prevedano un’alimentazione non solo in grado di fornire carni di alta qualità, ma anche funzionale alla salvaguardia ambientale.

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Bovini da carne nell’allevamento dell’azienda Bernardi Sabrina, situata a Istrana (Tv). È una delle 120 aziende che partecipano al progetto Life Beef Carbon.

A tal proposito risultano assurde le posizioni di diversi ambienti ambientalisti che vorrebbero ridurre i contributi Pac alla zootecnia, bollandola come inquinante, dimenticando i progressi fatti negli anni, grazie ad investimenti negli allevamenti, trasformandoli da “intensivi” a “protetti” e puntando ad alimentare i bovini in modo “green”. Anzi, l’Europa dovrebbe riconoscere un aumento di tali contributi per tutte quelle aziende che accettano di applicare rigidi disciplinari di produzione, certificabili qualitativamente (carni) e ambientalmente (emissioni in atmosfera) per le maggiori spese che sostengono.
Tornando sull’argomento Life Beef Carbon, che ha visto monitorati 120 allevamenti da parte di Unicarve e Asprocarne Piemonte, ricerca finanziata dall’Unione europea, l’obiettivo è stato di quantificare il cosiddetto “impatto ambientale dell’allevamento zootecnico”, individuando le migliori strategie che possono contribuire alla riduzione del peso ambientale dell’azienda zootecnica. L’alimentazione, unitamente al benessere animale, sono stati i due principali argomenti oggetto di studio, con risultati sorprendenti, comunicati durante Fieragricola 2020 a Verona.

La situazione degli allevamenti Unicarve

Sfruttando i dati raccolti in occasione delle visite di autocontrollo effettuate dai tecnici di Unicarve tra il 2018 ed il 2019, è possibile infine ricavare una sintesi della situazione delle aziende aderenti al sistema di qualità per quanto riguarda, appunto, l’aspetto dell’alimentazione.
In particolare sono state prese in esame 337 razioni, i cui elementi costitutivi sono stati raggruppati nelle seguenti categorie: insilato di pianta intera di mais, insilato di pastone di mais, alimento proteici (soia, girasole), polpe di bietola, cereali sfarinati (mais, orzo, frumento), paglia e fieno. I mangimi complementari ed i nuclei sono stati separati considerando un mangime come composto dal 70% di cereali e 30% di alimenti proteici e i nuclei esattamente all’inverso.
Le prime considerazioni, senz’altro positive, che si possono trarre, è che le razioni, rispetto ai parametri obbligatori del disciplinare, sono nella maggior parte dei casi conformi.
Nella tabella 1 sono state calcolate le medie dei valori di composizione di tutte le razioni e delle stesse divise in quattro classi: senza nessun insilato, senza silomais (cioè insilato di pianta intera di mais) ma con mais pastone, con silomais inferiore ai 6 kg, con silomais uguale o superiore ai 6 kg.
Da queste medie è evidente che i dati di tutti i gruppi di razioni rispettano i parametri indicati dal disciplinare.
In tabella 2 sono riportate, invece, le situazioni critiche. In un solo caso il silomais è stato utilizzato oltre il dato dei 12 kg capo giorno, in 17 casi non è stato rispettato il rapporto tra cereali e sostanza secca totale (5%), di cui solo 8 possono essere considerate significativamente sotto il limite (2%). Per quanto riguarda il parametro indice della presenza sufficiente di fibra sono risultati sotto il limite consigliato 31 razioni (9%), di cui appena 19 (5%) significativamente distanti dal limite, ma mai inferiore a un valore di NDF del 20%. È necessario, infatti, specificare che comunque i casi non conformi non erano di livello tale da compromettere la salute degli animali.

Le esigenze economiche

Andando ad analizzare i casi in cui, sempre in questo gruppo di allevamenti, le razioni non risultano rispettose dei limiti del disciplinare, si possono individuare dei comportamenti, delle scelte da parte di chi formula la razione, sicuramente in linea con le scelte produttive ma anche delle esigenze economiche.
Il parametro relativo al contenuto di insilato di pianta intera di mais è rispettato da tutti: valori troppo elevati di questo alimento se da un lato possono dare convenienza per il bilancio economico aziendale, generano diluizione dell’energia della razione e allungamento del periodo di crescita e maturazione dell’animale; inoltre non sono pochi gli operatori della filiera che associano il silomais, e sicuramente un eccesso di utilizzo, con un peggioramento delle qualità della carne.
Le razioni che non rispettano il rapporto cereali/sostanza secca totale sono spesso proprio quelle senza o con pochi insilati, dato che per compensare la massa di alimento che viene a mancare solitamente si integra con concentrati come le polpe di bietola, o con il fieno.
Per quanto riguarda le razioni con l’insufficienza per quanto riguarda il valore dell’NDF anche qui la minor inclusione di alimenti fibrosi come il silomais e gli altri foraggi e il conseguente aumento dei concentrati, come farine di cereali o alimenti proteici, può portare a carenze. Ciò si è visto accadere nel caso delle razioni a secco per tipi genetici che per tipo di accrescimento o minor capacità di ingestione richiedono diete meno “ingombranti”.


Agire sull’alimentazione per ridurre l’impatto ambientale degli allevamenti

Il principale gas serra prodotto dall’agricoltura è il metano (CH4), che rappresenta il 62,1%, seguito dal protossido di azoto (N2O), con il 36,1%, mentre l’anidride carbonica (CO2) è appena l’1,8%. la maggior parte del CH4 è rilasciato dai ruminanti, ad opera dei batteri che degradano la fibra nel rumine.
Questo rilascio corrisponde anche a una perdita di circa il 6-12% dell’energia degli alimenti. Pertanto, la riduzione delle emissioni di CH4 da fermentazione enterica è una buona pratica da mettere in atto per l’ambiente e ha il potenziale di migliorare l’efficienza produttiva.
Numerose sono le strategie di mitigazione che sono state proposte per il settore zootecnico per la riduzione delle emissioni di metano enterico e alcune di queste sono state adottate nell’ambito del progetto di ricerca “Life Beef Carbon” ( http://centroflc.entecra.it/index.php/project ).
Il progetto, finanziato dalla Ue, ha come obiettivo quello di promuovere dei sistemi di allevamento innovativi e delle pratiche ad esso associate a bassa impronta di carbonio che favoriscano la sostenibilità economica, ambientale e sociale delle aziende di bovini da carne. L’iniziativa mira a ridurre le emissioni di gas serra derivanti del 15% in 10 anni.
Nel progetto sono coinvolti quattro paesi europei produttori di carne (Francia, Irlanda, Italia e Spagna) coinvolgendo circa duemila aziende di carne bovina. Il progetto è coordinato dall’Institut de l’Elevage (Idele) di Parigi e ha come partner leader nazionali il Teagasc per l’Irlanda, l’Asoprovac per la Spagna e il Crea, con la collaborazione per il nostro Paese dell’Asprocarne Piemonte e di Unicarve.
I risultati ottenuti nell’ambito del progetto hanno mostrato che l’aumento della quota di amido nella dieta degli consente una riduzione dell’impronta di carbonio. Ciò è dovuto al fatto che l’amido orienta le fermentazioni verso la produzione di acido propionico a scapito dell’acido acetico Anche l’aggiunta di grassi di varia origine o i CLA può favorire la riduzione del metano enterico di circa il 15% poiché questi sono digeriti nell’ intestino e non subiscono la degradazione ruminale. Il loro uso va tuttavia fatto con cautela perché è noto che i grassi aggiunti possono deprimere l’ingestione degli alimenti (Hristov et al., 2013).
Anche il razionamento per fasi di accrescimento per avvicinare il più possibile gli apporti di alimento ai fabbisogni dell’animale può rappresentare una valida strategia per migliorare l’efficienza alimentare e per ridurre le perdite di nutrienti o sottoprodotti della digestione, come il CH4.
Il progetto Life Beef Carbon ha poi messo in evidenza che il sistema di allevamento integrato francese-italiano, in cui ad una fase iniziale che si svolge prevalentemente al pascolo segue una seconda in cui gli animali sono alimentati con una dieta prevalentemente a cereali, ha un impatto ambientale estremamente buono, perché si combina la capacità di sequestro del carbonio del pascolo con la bassa emissione di CH4 della dieta a base di cereali, adottata nella fase di ingrasso.


Cosa prevede il Disciplinare

QUALI BOVINI:
- Bovini maschi e femmine con età alla macellazione compresa fra i 12 e 22 mesi
- Periodo allevamento minimo pre - macellazione 4 mesi F, 5 mesi M
- Tipi genetici ammessi (razze da carne, doppia attitudine o loro incroci).
- Esclusione classifiche commerciali O e P e stati d’ingrassamento 1, 4, 5.

LE CARATTERISTICHE DELL’ALIMENTAZIONE:
- La razione giornaliera deve contenente cereali e foraggi da cereali in quantità ≥ 60% sulla sostanza secca.
- La percentuale di fibra della razione deve essere tale da garantire un valore di NDF ≥ 25% della sostanza secca oppure il 40% delle particelle della razione deve avere una dimensione superiore ai 2 mm.
- Le razioni alimentari vengono preparate con la tecnica dell’unifeed, o “piatto unico”.
- La quantità massima ammessa di insilato di pianta intera di mais è di 12 kg sulla razione tal quale.
- Assenza di grassi e proteine di origine animale
- Utilizzo esclusivo degli alimenti contenuti nella lista positiva (vedi articolo).

LE STRUTTURE DI ALLEVAMENTO:
- Allevamento in ambiente protetto, di tipo stallino, a stabulazione libera in box multipli.
- Spazio minimo a disposizione per capo: lettiera 4 mq, grigliato 3 mq.
- Fronte mangiatoia di almeno 60 cm per capo e/o alimentazione ad libitum.

LA GESTIONE SANITARIA:
- Esclusione sostanze corticosteroidi negli ultimi 4 o 5 mesi (i capi sottoposti a trattamenti terapeutici sono esclusi dal sistema QV).

DOCUMENTAZIONE OBBLIGATORIA:
- Presenza e aggiornamento registro tracciabilità alimenti.
- Presenza e aggiornamento piano di razionamento.
- Conservazione documentazione relativa all’alimentazione.
- Presenza manuale buone pratiche di allevamento.

La migliore alimentazione per una carne di qualità - Ultima modifica: 2020-05-14T16:28:14+02:00 da Lucia Berti

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