Abbiamo intervistato Michele Muraro e Andrea Cavazza, specialisti del Consorzio Agrario del Nordest per il vitellone da ristallo, riconosciuti esperti nella gestione di questa tipologia di allevamento e non solo.
Michele e Andrea sono due operatori molto noti nel settore, in pratica delle autorità nell’applicazione di metodi e alimenti finalizzati alla riduzione degli antibiotici in stalla.
Michele Muraro, perché lei e Andrea Cavazza lavorate assieme?
Le nostre competenze si sommano e si integrano perfettamente. Io sono un veterinario esperto nella gestione degli aspetti sanitari della stalla. Andrea Cavazza è un alimentarista specializzato nella gestione della razione. Assieme forniamo all’allevatore un supporto consulenziale finalizzato allo sviluppo di una nuova cultura manageriale. È un approccio che caratterizza fortemente i servizi del Consorzio Agrario del Nordest e che si differenzia moltissimo da chi si approccia alla stalla solo “per vendere mangime, a tutti i costi”. Io e Andrea mettiamo a disposizione del cliente un’esperienza operativa che, sommata assieme, raggiunge i 50 anni, spesi tutti in prima linea, spalla a spalla con centinaia di allevatori.
Come funziona il metodo del Consorzio Agrario del Nordest, applicato ai vitelloni da ristallo?
Questo segmento è uno degli ambiti dove esprimiamo al meglio le nostre specializzazioni. Il nostro obiettivo è migliorare la qualità della vita di questi animali, unitamente al miglioramento delle performance aziendali; ovviamente questi due concetti vanno di pari passo. Siamo arrivati sul mercato con delle soluzioni distintive già nel 2006, quindi molto prima della grande rivoluzione che ha investito tutto il comparto agro-alimentare. Il servizio che il Consorzio Agrario del Nordest mette a disposizione si dipana su due binari paralleli: da una parte lo sviluppo della gestione manageriale della stalla, dall’altra l’introduzione di una alimentazione innovativa e ad alto contenuto tecnologico. Il vitellone da ristallo, generalmente, vive un alto livello di stress da trasporti; non a caso la maggior parte dei problemi emergono nel primo mese di vita in stalla. Qui, esattamente in questa fase, agiamo con una ben precisa routine sanitaria, pratiche manageriali e alimentazione mirata.
Qual è la routine sanitaria?
Vogliamo migliorare la qualità della vita dell’animale e ridurre fortemente l’utilizzo di antibiotici in stalla. La prima fase prevede una profilassi vaccinale e l’utilizzo di sverminanti. La seconda fase consiste nel realizzare, in caso di bisogno, dei tamponi nasali a campione per individuare e quantificare i microrganismi presenti nell’allevamento; a seguire, prevediamo delle analisi di laboratorio più specifiche che permettono di capire quali sono i principi attivi più efficaci per combattere i microrganismi individuati nella fase due.
Andiamo quindi ad utilizzare le Mic, cioè le minime concentrazioni inibenti, un valore che esprime la potenza di uno specifico principio attivo nei confronti di un determinato batterio (questo ci permette di utilizzare esclusivamente i principi attivi antibatterici potenzialmente più efficaci contro gli agenti patogeni individuati). Con questa routine, siamo in grado di ritagliare un vestito sanitario su misura, per ogni singola stalla. Su questo vestito, andiamo poi ad applicare una “corazza di acciaio”, grazie ad una alimentazione particolare, basata anche su ingredienti fitoterapici.
Qual è il vostro interlocutore ideale?
Preferiamo parlare con due tipologie di clienti: da una parte l’Allevatore che ha una mentalità aperta ed è disposto a valutare i benefici in base ai numeri, in base a performance accuratamente misurate; dall’altra, l’Allevatore altamente competente e preparato. Con queste figure riusciamo ad impostare un metodo di lavoro molto concreto e fruttuoso che decliniamo sia sulle attività più piccole (attorno ai 100 capi) sia su grandi produttori (tra i nostri clienti possiamo vantare degli operatori tra i più grandi a livello europeo).
Chiaramente siamo più in difficoltà con il vecchio approccio mentale “ho sempre fatto così” o con chi preferisce affidarsi a consulenti che utilizzano un metodo più teorico, cattedratico. Le nostre pratiche sono frutto di esperienze misurate – scientificamente – sul campo, non sui banchi.
Com’è cambiato l’allevatore negli ultimi anni?
Noi vediamo oggi delle splendide professionalità in stalla, veramente eccezionali, e siamo fieri di poter dire che anche noi abbiamo avuto un ruolo non banale in questo sviluppo culturale. La preparazione dell’allevatore, in linea generale, è migliorata e molto. Quindici anni fa non era così.
Cavazza, quali sono le caratteristiche dei mangimi fitoterapici?
Come ti dicevamo, abbiamo iniziato a proporre queste soluzioni a partire dal 2006, in tempi – passami la battuta – non sospetti. Siamo stati i primi ad inventare e ad introdurre questo approccio, in maniera organica e completa. Ovviamente non è stata una scelta fatta dall’oggi al domani; venivamo da anni di ricerca, in parte realizzata in collaborazione con alcune università, basata su un costante monitoraggio in stalla. Con questi mangimi puntiamo ad una rigenerazione rapida della funzionalità ruminale e al potenziamento della risposta immunitaria alle malattie. Stiamo parlando di alimenti complementari compositi e integrati con prebiotici e probiotici, con particolari sostanze fitoterapiche e altre componenti naturali.
I vantaggi dell’impiego di questi alimenti?
Questi alimenti esaltano la funzionalità ruminale, potenziando le funzioni detossificanti, antiossidanti ed immunostimolanti, e garantendo, inoltre, la protezione ed il controllo della coccidiosi; sono da usare nella fase di ristallo indicativamente in quantità di 2-3 kg capo/giorno in base al peso dell’animale, miscelati ai prodotti aziendali. Il nome di questo prodotto è, non a caso, Maxi Beef Revolution, a conti fatti lo stato dell’arte nell’alimentazione dei bovini da carne.
Come si è mosso il mercato quando avete proposto il vostro metodo?
La risposta è molto semplice: tanti competitor hanno provato a copiare le nostre soluzioni, a volte anche con una certa ingenuità. Queste imitazioni, comunque, sono la controprova del nostro successo: abbiamo imboccato la strada giusta e lo abbiamo fatto per primi, con alle spalle un know-how tecnologico e scientifico che nessun altro ha a disposizione.
Come hanno reagito i vostri clienti quando avete proposto questo nuovo approccio?
Inizialmente è stata una sorpresa.
Abbiamo messo in discussione certe sicurezze, certi punti di riferimento. Qualcuno ha detto “da adesso in poi non riusciremo più a fare i tori”. Ma noi abbiamo chiesto la loro fiducia, l’abbiamo ottenuta e abbiamo portato a casa i risultati. Abbiamo insomma invitato l’allevatore a valutare un modo alternativo di fare l’allevatore.
Con quali risultati?
Come in tutte le cose, ci sono stati nella prima fase degli allevatori “pionieri” che hanno accettato questa scommessa, vincendola; noi, a loro, dobbiamo molto… Con questi casi di successo in tasca, abbiamo avuto l’opportunità di mostrare a tante altre realtà che, sì, si può fare! Anno dopo anno abbiamo perfezionato i nostri metodi per arrivare poi al lancio del mangime Maxi Beef Revolution, nel novembre 2017. Un anno e mezzo dopo è entrata in vigore la legge sulla ricettazione elettronica, un’altra tappa importante in questo processo di trasformazione che è un vero e proprio cambio di paradigma.
Quanto tempo c’è voluto per condividere questo nuovo approccio con gli allevatori?
Diciamo che abbiamo imboccato questa strada con gli allevatori circa 15 anni fa. All’inizio era poco più che un sentiero tracciato, oggi è un’autostrada. Nel mezzo tante riunioni tecniche, eventi, incontri diretti… Adesso tutti sanno qual è il nostro metodo di lavoro e qual è la nostra soluzione.
Qual è oggi lo stato dell’arte e quali sono i risultati che avete raggiunto?
Possiamo dire a chiare lettere che il Consorzio Agrario del Nordest con Calv Alimenta – Sicuri di crescere (il nostro brand che identifica la divisione zootecnica) ha reinventato il modo di fare il ristallo; la vecchia mentalità (il farmaco che sistemava tutto, utilizzato anche come prevenzione) è stata rasa al suolo. Gli allevatori con cui lavoriamo hanno condiviso il fatto che bisogna adottare un metodo specifico per ogni tipologia di animale, peso, fase della stagione… Ora si alleva in maniera differente e più focalizzata.
E dal punto di vista sanitario?
Sono migliorati anche i programmi vaccinali, ad esempio il vaccino della pastorella è diventato un vaccino di routine. Una volta non era così. Con tutto questo riduciamo pesantemente il numero degli interventi.
L’utilizzo di un’alimentazione specifica durante la fase di ristallo abbinata ad una routine sanitaria e manageriale accurata e tagliata su misura per ogni allevamento, ci ha permesso di ridurre dell’80% l’utilizzo di antibiotici critici per la salute umana (in particolare macrolidi, cefalosporine e chinoloni); la riduzione si assesta attorno al 40% nella sua totalità, mantenendo comunque gli acquisiti livelli sanitari necessari affinché un allevamento possa essere remunerativo e performante. Questi sono numeri reali, concreti. Oggi si interviene solo in maniera mirata, dando la priorità ad antibiotici non critici per la salute umana. Con la sinergia tra il metodo sanitario di cui ti abbiamo parlato e i mangimi con additivi fitoterapici, l’incidenza delle malattie è palesemente diminuita, soprattutto le Brd (bovine respiratory disease).
Per quanto riguarda i risultati commerciali?
Le vendite del mangime Maxi Beef Revolution sono in costante crescita, mese dopo mese; oggi arricchiamo la dieta e rafforziamo la salute di decine di migliaia di capi.
Cosa chiedono oggi i trasformatori?
I driver sono abbastanza chiari: per i trasformatori è di primaria importanza acquistare animali provenienti da allevamenti che curano con attenzione il benessere animale, con programmi professionali volti alla riduzione dell’utilizzo degli antibiotici. Richiedono in aggiunta carne di qualità, con il giusto livello di grasso (si richiede una maggiore marezzatura rispetto al passato), capace di garantire a banco la tenuta del colore; è in crescita inoltre la richiesta di carne nazionale (le famose quattro “I”).