Quando si parla di Parmigiano Reggiano, una delle parole d’ordine è qualità. È proprio la qualità elevata infatti a rendere questa eccellenza tutta made in Italy uno dei prodotti più apprezzati e consumati nel nostro paese e non solo. Ma per raggiungere gli elevati standard che ne fanno un prodotto unico al mondo, è necessario seguire specifiche regole. E questo vale per tutti gli anelli della filiera produttiva, a cominciare – come dimostrano le indicazioni riportate sul Disciplinare di produzione – dalla razione alimentazione.
La domanda è quindi: come garantire un’alimentazione di qualità alle nostre bovine? A rispondere è Andrea Formigoni, docente del Dipartimento di Scienze mediche veterinarie dell’Università di Bologna, in occasione del workshop “Fienagione, i problemi gestionali. Il caso dell’azienda che produce per il Parmigiano Reggiano” organizzato da Edagricole in collaborazione con la cooperativa agricola Bonlatte di Castelfranco Emilia (Mo) e con il Crpa di Reggio Emilia lo scorso 18 maggio presso l’azienda agricola cooperativa “Il Raccolto”, a Sala Bolognese (Bo). Nel dettaglio, i fattori che influenzano la qualità e il razionale uso dei foraggi, i punti critici da considerare e le diverse strategie da adottare in campo e in stalla per ottenere un foraggio di qualità.
Un alimento difficile da sostituire
«Da sempre, in qualità di veterinario nutrizionista, mi occupo di foraggi destinati all’alimentazione delle bovine – ha spiegato Formigoni - e di come soddisfare gli ingenti fabbisogni delle bovine sempre più produttive; si è passati, nel corso degli anni, dall’uso di 4-6 kg di mangime a oltre 14-15 kg. Ma fino a che livello ci possiamo spingere senza “rompere” le vacche? Per rispondere è fondamentale tenere presente che stiamo parlando di ruminanti – ha precisato il docente dell’Università di Bologna - e che questo tipo di animali necessita di foraggi per far funzionare correttamente il rumine. I foraggi infatti sono in grado di condizionare la salute e la produttività delle bovine. Inoltre, la loro qualità influenza la composizione e le caratteristiche delle produzioni casearie: attraverso il foraggio portiamo dal campo alla stalla quei microrganismi che conferiscono al latte e al formaggio caratteristiche uniche eccezionali. Pertanto, per chi vuol produrre latte – ha sottolineato Formigoni - i foraggi devono far parte della razione e non sono sostituibili, o perlomeno non completamente».
Negli ultimi 10 anni, in collaborazione con il Crpa, la Regione e il Consorzio del Parmigiano Reggiano, Formigoni e il suo team di ricerca si sono dedicati allo studio di questi prodotti. Gli obiettivi? Conoscere i foraggi, sapere cosa contengono, stabilire le quantità adeguate da utilizzare. Ma da cosa dipende la qualità dei foraggi? «I fattori che influiscono in modo determinante - spiega Formigoni - sono molti, tra questi: la genetica delle piante, le tecniche agronomiche, le condizioni ambientali, il momento di raccolta, i sistemi di raccolta e di conservazione, le modalità di stoccaggio, i sistemi di valutazione nutrizionale, l’appropriata formulazione delle razioni e le corrette tecniche di utilizzo. Agendo su questi aspetti noi possiamo ottimizzare le produzioni e ottenere molti vantaggi in stalla». Di seguito vediamo come.
Genetica delle piante
«A seconda del patrimonio genetico – ha spiegato Formigoni -, le diverse mediche interagiscono in maniera diversa con il terreno nel quale sono state seminate. A riguardo, una scoperta interessante fu quella di accorgersi che alcune mediche hanno uno stadio giovanile molto più lungo rispetto ad altre, cioè diventano mature molto più lentamente: selezionare questo tipo di foraggio può risultare molto efficace quando, a esempio, vogliamo ottenere dei foraggi giovani con una fibra più digeribile».
Tecniche agronomiche e condizioni ambientali
«Altri due fattori che condizionano la qualità dei foraggi – ha continuato il docente bolognese - sono le tecniche agronomiche e le condizioni ambientali. Quando piove e aumenta la temperatura a esempio, otteniamo un maggiore contenuto di componente indigeribile all’interno della pianta. Dai dati ottenuti al termine di alcuni studi condotti in Nord America, si vede come la pianta, quando esposta ad alte temperature e dispone di molta acqua, cresce più velocemente e deposita più velocemente lignina. Ne consegue che i foraggi prodotti alla fine dell’inverno (i primi sfalci) sono i prodotti migliori; al contrario, il prodotto ottenuto ad agosto, magari in seguito all’irrigazione, è sicuramente un prodotto interessante perché ricco di foglie e quindi di proteina ma si caratterizza per una qualità di fibra decisamente inferiore. L’uso razionale dell’acqua e quello diversificato delle tecniche di raccolta possono pertanto condizionare in maniera significativa la qualità del prodotto finale».
Il momento della raccolta
Un altro punto sul quale possiamo agire per migliorare la qualità delle produzioni foraggere, secondo quanto riportato da Formigoni al workshop organizzato da Edagricole, è il momento della raccolta, ovvero lo stadio di maturità. «Quando la pianta raggiunge un certo grado di maturazione – ha precisato l’esperto -, la finestra di raccolta è molto breve e questo significa dover intervenire in campo in maniera efficiente e veloce. Ma sappiamo che questo non è sempre possibile perché non si sposa facilmente con le condizioni ambientali. Un altro aspetto da tenere in considerazione al momento della fienagione è che il foraggio dovrebbe essere raccolto ancora umido al fine di preservare le foglie, che rappresentano la porzione più pregiata e digeribile; è quindi necessario essiccarlo con l’aiuto di un essiccatoio per velocizzare la procedura».
La modalità di stoccaggio
Altro importante aspetto che incide sull’ottimizzazione dell’impiego aziendale dei foraggi è la modalità di stoccaggio. «Dobbiamo prestare molta attenzione a non mescolare foraggi di qualità diverse – ha sottolineato Formigoni -. In fase di stoccaggio si innesta il tema della valutazione qualitativa: noi eseguiamo pochissime analisi, dovremmo farne di più e in maniera più accurata, così come avviene per il latte. Le analisi consentono di capire se siamo sulla strada giusta oppure no. E in questo caso, le nuove tecnologie, come il Nir, ci possono essere di aiuto».
La fibra
«La medica e tutti gli altri foraggi – ha detto Formigoni all’incontro di Sala Bolognese - non si caratterizzano solo per il contenuto di ceneri e proteine ma principalmente per il contenuto di fibra. E la fibra si distingue in diverse frazioni: la più interessante, è la cosiddetta frazione indigeribile o uNDFom. Un tempo questa frazione veniva valutata solo per il contenuto di lignina, ma oggi sappiamo che la lignina non è il solo indicatore. La quota di fibra indegradabile infatti varia in funzione di tanti fattori. In generale, questa componente è un elemento dieteticamente molto importante per la razione. Il secondo tipo di frazione da considerare è la fibra potenzialmente utilizzabile dai batteri del rumine (pdNDFom). La fibra ha lo stesso valore energetico dell’amido di mais o di orzo, sempre di carboidrati si parla, e quindi i batteri lo usano con la stessa identica efficienza. Ma è molto importante distinguere la velocità con la quale questa fibra viene digerita. A esempio – ha aggiunto Formigoni -, una fibra che viene digerita lentamente nel rumine porta via spazio ad altro alimento. Se invece questa fibra è rapidamente utilizzabile il rumine si svuota rapidamente e l’animale potrà mangiare di più».
Formigoni ha poi riportato i risultati ottenuti al termine di uno studio condotto all’Università di Bologna: «Abbiamo visto che da parcelle di medica sfalciata a 21 giorni (dopo il precedente sfalcio), a 28 giorni e a 35 giorni il contenuto di proteine cala rispettivamente, mentre il contenuto di lignina aumenta. Se noi raccogliamo un foraggio più maturo quindi aumenta la quota della uNDFom, ovvero la frazione indegradabile, e il prodotto diventa più lentamente digeribile. Questo ci ha fatto pensare che le nostre finestre di lavoro dovessero essere in qualche modo modificate. E ancora, le caratteristiche di una medica sfalciata con la forbice in campo a 10 giorni – ha fatto notare Formigoni - corrispondono a quelle di un mangime: 30% di proteina, NDF al 45%, digeribilità che sfiora il 50% della fibra già a 12 ore (che significa che brucia velocemente nel rumine e arriva al 66-67% a 24 ore). Questi valori superano abbondantemente quelli del silomais. A 20 giorni la situazione cambia ma rimane interessante, così come a 27-30 giorni. Mentre a 40 giorni siamo più vicini ai valori della paglia».
Foglie e fusti
«Come già anticipato, è importante – ha aggiunto Formigoni - tenere in considerazione che le foglie rappresentano la parte più pregiata rispetto al fusto. E questo è vero per tutte le piante. Separando le foglie dagli steli, abbiamo visto che le prime hanno il 32% di proteina e il 18-19% di fibra (molta meno delle polpe e della crusca); al contrario, i fusti hanno un quantitativo di proteina decisamente più basso e di fibra più alto. Questo ci fa capire che se noi raccogliessimo solo i fusti escludendo le foglie, otterremmo un foraggio di scarsa qualità. L’unica conseguenza positiva della scelta di lasciare le foglie in campo sarebbe quella di garantire un ricco apporto nutritivo per il terreno.
Da queste considerazioni, è evidente la necessità di raccogliere un foraggio giovane e umido, trattato gentilmente in campo. Questa tipologia di prodotto può perdere umidità in modo rapido per mezzo di un processo di essiccazione».
Conoscere la percentuale di foglie della pianta al momento dello sfalcio è quindi un aspetto fondamentale per portare in stalla un prodotto di qualità. «Per questo, sulla scorta dei dati ottenuti in laboratorio, abbiamo messo a punto un’equazione (% foglie = -54.07416 + 5.7107401*PG) che consente di stimare la quantità di foglie di un foraggio (% di foglie rispetto ai fusti) a partire dalla proteina grezza. Questa valutazione, inserita nei programmi di razionamento ci permette di correggere il valore foraggio in termini di kg per il valore foglie e fusti».
Come fare per produrre fieni di qualità?
«Dai dati disponibili – ha detto l’esperto -, si ritiene che l’intervallo medio di sfalcio della medica utilizzata sia attualmente superiore ai 30-33 giorni. Oggi sappiamo che dobbiamo, se possibile, contenere l’intervallo di sfalcio entro le 4 settimane (entro i 24-25 giorni) e non oltre. In questo modo sarà possibile produrre 2-3 litri di latte in più o ridurre l’impiego di mangimi di circa 1-2 kg al giorno per animale a parità di latte prodotto».
Per quel che riguarda la gestione operativa, la tecnica di raccolta, entra in gioco la tecnologia. «Il momento ideale di raccolta sfuma molto velocemente in funzione delle numerose variabili ambientali. Appare quindi molto importante la capacità di raccogliere molto velocemente il foraggio quando è al giusto grado di maturazione, il che significa che i nostri cantieri di lavoro devono essere improntati alla massima velocità ed efficienza e dimensionati in base alla superficie disponibile. Per questo motivo l’attrezzatura impiegata dovrà cambiare in base alla superficie disponibile, solo così potrò completare lo sfalcio in pochi giorni e ottenere un prodotto omogeneo.
A ogni bovina il giusto foraggio
«In azienda servono sicuramente foraggi ad alta digeribilità, ma non solo – ha sottolineato il docente di Bologna –. Somministrare un fieno ad alta digeribilità a una bovina che produce più di 30-35 kg di latte porta sicuramente al massimo del vantaggio, ma somministrare lo stesso foraggio a una bovina che produce meno latte non consente di avere gli stessi benefici. La soluzione migliore sarebbe pertanto stoccare il fieno in base alla sua qualità e sviluppare le razioni in base ai gruppi degli animali che producono più o meno latte. in altri termini dovremmo cercare di sfruttare al meglio tutte le combinazioni possibili. Lo sfruttamento dei fieni ad alta digeribilità è molto maggiore nelle bovine fresche. I fieni a media digeribilità possono essere meglio utilizzati per gli animali meno produttivi e le manze».
Produrre qualità in montagna
Nel corso della sua relazione, Formigoni si è soffermato anche sulle produzioni in montagna, spiegando come fare per produrre un latte di elevata qualità usando i foraggi che si trovano in questi territori. «In montagna – ha sottolineato il docente – risultano di fondamentale importanza la scelta della macchina per lavorare il foraggio e il tipo di genetica delle piante, oltre a quella degli animali (alcune tipologie di animali infatti hanno migliori capacità di sfruttare il foraggio rispetto ad altri). Il consiglio per le aziende di questi territori è quello di mettere a punto un proprio modello di fienagione che sia basato sulla superficie disponibile, sui magazzini disponibili e sulle attrezzature disponibili. Esiste, in altri termini, una ricetta specifica per ogni azienda che va cercata anno per anno imparando dagli errori e dai successi».
Formigoni si è anche soffermato sul metodo di essiccazione: «l’essiccazione in due tempi è certamente un’operazione più onerosa di quella tradizionale, il costo del foraggio infatti è del 30% circa superiore (15-16 euro al quintale a fronte a 11-12 euro del fieno normale), ma è tutto valore che rimane in azienda perché si traduce in una maggiore sanità per gli animali. Un valore anche spendibile nei confronti del consumatore, che sempre più si interessa a come trattiamo gli animali per produrre il formaggio».
Tab. 1 - Rapporto fra iNDF e lignina in diversi alimenti (ivNDFd-240h) | ||||
Media | S.D. | Min. | Max. | |
Medica | 2.26 | 0.34 | 1.59 | 2.62 |
Taglio precoce | 2.07 | 0.37 | 1.59 | 2.52 |
Taglio tardivo | 2.39 | 0.26 | 1.90 | 2.62 |
Insilato di mais | 3.32 | 0.83 | 1.55 | 5.18 |
Fieno di erba | 2.70 | 0.55 | 1.77 | 3.93 |
Fieno di Triticale | 3.20 | 0.49 | 2.31 | 3.73 |
(Da: Palmonari e Canestrari, 2011. Citato da Formigoni A., 2017) |
Tab. 2 - Età della medica, composizione e digeribilità della fibra | |||
Età (giorni) | Età (giorni) | Età (giorni) | |
10 | 29.99 | 44.86 | |
20 | 22.70 | 48.85 | |
30 | 19.45 | 54.36 | |
(Formigoni A., 2017) |
Tab. 3 - Composizione nutrizionale di foglie e fusti a confronto (Medica in prefioritura) | |||||
Parte | PG, % s.s. | NDF, % s.s. | ADL, % s.s. | dNDF/12h, % NDF | |
Foglie | 31.7 | 18.9 | 4.9 | 55.5 | |
Fusti | 13.0 | 56.3 | 8.7 | 32.4 | |
(Da: Palmonari et al., Adsa, 2010. Citato da Formigoni A., 2017). |