KWS per un silomais migliore

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Varietà e stadio di maturazione del mais influenzano la quantità di sostanza secca nell’insilato. Allo studio la propensione all’insilamento dei vari ibridi e la diminuzione dei nutrienti

Il silomais negli ultimi anni ha rappresentato l’alimento principale per la zootecnia bovina soprattutto nelle aree ad alta intensificazione produttiva.

La sua grande valenza sia in termini colturali che di impiego nel razionamento del bestiame ha consentito la sua diffusione in ambiti ritenuti sino a qualche anno fa poco idonei per condizioni pedo- climatiche.

Gli obiettivi principali che sono stati e sono tuttora ancora alla base delle scelte gestionali da parte dell’allevatore sono la produttività per unità di superficie, in termini di energia netta, e in alcuni casi la digeribilità della fibra e il contenuto in amido.

Poca attenzione sinora è stata posta alla propensione all’insilamento delle diverse varietà di mais ponendo come concetto che la riuscita qualitativa del processo di insilamento dipenda quasi esclusivamente dalla corretta esecuzione delle operazioni di raccolta, compressione e chiusura dei sili. Inoltre pur essendo percepita la problematica, non si è mai approfondita concretamente l’importanza delle perdite di conservazione rimanendo per lo più sul vago o al massimo a calcoli puramente teorici sull’economicità di contenere le diminuzioni di nutrienti a causa di processi di respirazione e fermentazione connessi con l’insilamento.

La propensione all’insilamento

La mancanza di oggettive indicazioni in merito alla propensione all’insilamento e alle perdite di conservazione sono da attribuire prevalentemente a difficoltà di condurre studi adeguati per l’elevata numerosità di campioni da analizzare dovuti ai molteplici fattori che possono influire la riuscita dell’insilamento. In tempi recenti un grande aiuto per superare queste difficoltà è derivato dalla disponibilità di uno strumento denominato Polispec NIR e caratterizzato da una stabilità strumentale e dalla massimizzazione della qualità delle informazioni spettrali raccolte grazie all’impiego di un PDA (PhotoDiodeAssay) in grado di ridurre le oscillazioni di lettura dovute alla morfologia del campione o all’ambiente. Detto strumento, dotato di opportune curve di calibrazione, è stato utilizzato in un’estesa sperimentazione condotta in collaborazione con KWS Italia, per valutare la propensione all’insilamento di diverse cultivar di mais (29 varietà) e considerando gli effetti: precoce vs tardivo, l’epoca di raccolta (più o meno 5 giorni dalla maturazione cerosa) e le condizioni pedoclimatiche di coltivazione (poco, mediamente, molto stressanti).

Le procedure operative prevedevano il controllo delle caratteristiche chimiche del trinciato di mais direttamente in campo utilizzando lo strumento PolispecNIR, l’insilamento in minisilo di laboratorio (sacchetti contenenti circa 500 gr di campione e posti immediatamente sottovuoto), e la verifica del peso ante e post insilamento. Dopo 60 giorni sono stati riaperti i minisilo e controllate le caratteristiche chimiche e fermentative dell’insilato.

I dati del post insilamento sono stati poi utilizzati per esprimere un giudizio qualitativo della riuscita del processo di conservazione.

I risultati ottenuti

Da prime e preliminari considerazioni, si è potuto rilevare che la precocità delle cultivar di mais ha un effetto positivo sulla qualità dell’insilato, come pure l’epoca non tardiva di taglio indicando così la possibilità di conseguire migliori risultati con cultivar precoci e con epoche di taglio non eccessivamente avanzate.

Influenze sulla qualità dell’insilato sono state esercitate anche dalla località, poiché passando da condizioni di stress sempre più elevate è diminuito il punteggio qualitativo.

Dal successivo studio delle relazioni tra qualità e caratteristiche chimiche del trinciato fresco, si è evidenziata un’importante influenza del tenore di umidità della pianta alla raccolta, poiché con l’innalzamento della sostanza secca si è ridotta la qualità degli insilati.

Parimenti elevati livelli di NDF sembrano influenzare negativamente la riuscita dell’insilato, mentre effetti positivi si possono riscontrare con l’aumentare del tenore di zuccheri e di ADF.

Analizzando i fattori che condizionano la perdita di sostanza secca durante la conservazione è stata riscontrata una correlazione tendenzialmente significativa con il tipo di varietà (passando da cultivar precoci a tardive aumentano le perdite) mentre l’avanzamento dello stadio di maturazione sembra ridurre tale parametro.

Per quanto concerne le caratteristiche chimiche del trinciato è stato rilevato che le perdite di sostanza secca aumentano con la riduzione della sostanza secca della pianta come logica conseguenza delle diverse intensità con le quali avvengono i processi respiratori e fermentativi a seconda della concentrazione di acqua presente.

Effetti positivi nel contenere le perdite sono stati rilevati con l’aumentare del tenore di ADF e amido, mentre sono risultati negativi quelli collegati con la percentuale di NDF.

Queste evidenze quindi mettono in risalto gli effetti contrastanti della presenza di umidità nella pianta poiché se da un lato favorisce la qualità dell’insilato dall’altro può aumentare la perdita di sostanza secca.

Dall’analisi poi delle caratteristiche e delle perdite di sostanza secca è stato possibile verificare la propensione all’insilamento delle diverse varietà.

In tal senso è emerso che vi sono cultivar che forniscono buoni risultati anche se raccolte indifferentemente tra i meno e più 5 giorni dalla maturazione cerosa e che si adattano bene anche in ambienti con caratteristiche pedoclimatiche stressanti; altre invece che devono essere coltivate in condizioni favorevoli e tagliate prima della maturazione cerosa.

 

UNO STRUMENTO ALL’AVANGUARDIA

Dall’insieme di queste informazioni è stato possibile poi costruire un grafico guida che partendo dalle caratteristiche chimiche del trinciato fresco e tramite un modello matematico ad alta significatività statistica, consente di predire la riuscita qualitativa del processo di insilamento e la relative perdite di conservazione.

In definitiva pertanto l’operatore può disporre di uno strumento in grado di indirizzarlo verso le scelte più opportune da far già prima dell’insilamento per favorire un’adeguata riuscita del processo di conservazione e ridurre le perdite.

È evidente altresì che la disponibilità di detto strumento, dotato di un’adeguata curva di calibrazione, e visto l’elevatissimo numero di controlli chimici che si possono effettuare in tempo reale, costituisce un’ideale presupposto per il miglioramento genetico del mais non solo in funzione della quantità prodotta e alla digeribilità della fibra ma anche della propensione all’insilamento e per il contenimento delle perdite.

 

Leggi l’articolo su Informatore Zootecnico n. 5/2017

L’edicola di Informatore Zootecnico

KWS per un silomais migliore - Ultima modifica: 2017-03-30T15:15:08+02:00 da Barbara Gamberini

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