I sali minerali, e in particolare i macroelementi, giocano un ruolo fondamentale nella fisiologia della bovina da latte, sia in fase di produzione sia in quella, ben più delicata, della riproduzione. Tuttavia, se molto si è capito a proposito del più studiato tra i macroelementi, vale a dire il calcio, ve ne sono altri che, vuoi per carenza di ricerca, vuoi per la complessità dei processi coinvolti, rappresentano ancora, per alcuni aspetti, un mistero. È il caso del fosforo, un non-metallo che ha un ruolo ben preciso sia come componente della struttura degli acidi nucleici, sia nel funzionamento cellulare e nel processo di trasferimento energetico. In altre parole, la vita animale, ma anche quella vegetale, sarebbe impossibile senza il fosforo.
Eppure sul suo ruolo non si hanno ancora le idee completamente chiare. È per questo motivo che convegni come quello organizzato a Piacenza dall’università Cattolica del Sacro Cuore, in collaborazione con l’università di Parma e Timazootec, azienda che produce integratori alimentari, rivestono un’importanza fondamentale sia a livello divulgativo sia per fare il punto sulle conoscenze acquisite in questo ambito.
Nel corso della mattina di studi, infatti, oltre al direttore delle vendite di Timazootec, che ha illustrato le caratteristiche di base di un nuovo integratore di fosforo ad altissima digeribilità, si sono alternati sul palco relatori delle due università che hanno preso in esame il ruolo del fosforo nella bovina da latte e quello dei macrominerali (calcio in primis) nella delicata fase della transizione.
Un mattone della vita
«Il ruolo del fosforo è fondamentale per la vita animale, eppure esso non è stato sviscerato nei suoi aspetti più intimi, né sono stati ancora definiti nel dettaglio i fabbisogni. Dal punto di vista fisiologico, non sono del tutto chiari i meccanismi di assorbimento e di trasporto, né la regolazione dell’omeostasi», ha ricordato Federico Righi, dell’università di Parma.
Il primo aspetto da tenere presente è che i ruminanti sono favoriti, nell’assorbimento del fosforo, dall’azione dei batteri ruminali. «Mentre i monogastrici non sono in grado di assorbire i fitati, che anzi rappresentano un ostacolo alla nutrizione a causa della loro azione chelante, i batteri simbionti dei ruminanti degradano l’acido fitico permettendo l’assimilazione dell’inositolo».
Stabilito il meccanismo di assorbimento, tuttavia, si incontra un primo ostacolo: «Il fosforo è certamente presente nei foraggi, ma in quale misura? E come cambia la sua presenza durante la stagione, per esempio nella medica, con la progressiva selezione delle infestanti man mano che si procede dal primo taglio ai successivi? L’assenza di queste informazioni – ha continuato Righi - è probabilmente la causa della nostra scarsa conoscenza su quanto fosforo sia assorbito dagli animali con la normale dieta. Inoltre il fosforo è contenuto anche in altri alimenti, non soltanto nei foraggi, e sarebbe interessante conoscere la reale disponibilità anche per questi ultimi».
Il ruolo nell’organismo
La funzione del fosforo nell’organismo animale è molteplice e in ogni caso essenziale. «Interviene nel trasporto dell’energia, è una componente dei sistemi enzimatici e del Dna, ha un ruolo nella glicolisi e nella fosforilazione ossidativa, ovvero nella prima e ultima fase della respirazione cellulare. Il fosforo è inoltre coinvolto nella sintesi del glucosio, nell’equilibrio acido-base del sangue bovino ed è un componente molto importante della saliva. Ciò detto – ha concluso Righi – è noto che la maggior parte del fosforo presente nell’organismo (fino all’85% di esso) è immagazzinato nel sistema scheletrico e nei denti, sotto forma di sali di apatite o fosfati di calcio».
Di particolare interesse per i bovini, il ruolo del fosforo nella saliva: è presente in concentrazione fino a cinque volte superiore rispetto a siero o plasma, al punto che la secrezione salivare asporta dai 25 ai 100 grami al giorno di fosforo, attraverso un meccanismo regolato dalla tiroide. «Il sistema di gestione del fosforo a livello salivare – ha spiegato Righi - ha un duplice scopo: riassorbire fosforo nel caso si manifestasse una carenza nell’organismo e, secondariamente, nutrire i microrganismi ruminali, dal momento che anche il nucleo delle cellule batteriche lo necessita. Nei bovini, grazie a questo scambio, il fosforo secreto con la saliva è successivamente riassorbito nell’intestino: le ghiandole salivali pescano, riciclano e fanno tornare all’intestino il fosforo presente nel sangue, creando così un importante sistema di regolazione dello stesso». Una carenza di fosforo a livello salivare, ha continuato il relatore, mette in crisi la simbiosi con i batteri, riducendo la loro capacità di sintetizzare proteine e dunque, in ultima analisi, riduce l’assorbimento di proteine da parte della bovina.
Macrominerali in transizione
Di scompensi e del delicato rapporto tra i macrominerali si sono occupati Erminio Trevisi e Fiorenzo Piccioli Cappelli, dell’istituto di Zootecnia della Cattolica di Piacenza. «Se parliamo di periparto, il macroelemento fondamentale è senza dubbio il calcio, il cui metabolismo è messo, in questa fase, in forte difficoltà. Tuttavia il fosforo gioca un ruolo importante anche nel determinare la mobilizzazione del calcio a livello osseo».
Non è soltanto questione di fosforo: Trevisi ha ricordato che, per esempio, una carenza di magnesio influenza direttamente il calcio presente nell’animale. Lo stesso avviene per un eccesso di fosforo e potassio. «Un eccesso di potassio e sodio può rallentare la mobilizzazione del calcio osseo, provocando un aumento di pH nel sangue».
È quindi importante, ha continuato il relatore, mantenere una dieta bilanciata. «Il fosforo è il secondo macrominerale che interviene nell’equilibrio del calcio. Essendoci una buona biodisponibilità e un buon tasso di assorbimento, non dovrebbero esservi problemi di carenza, a meno che la dieta non sia troppo povera. Mantenere l’equilibrio di fosforo è importante – ha continuato il relatore – dal momento che esiste una buona relazione tra la disponibilità del fosforo e una serie di meccanismi che modificano la capacità di assorbimento del calcio. Per esempio, se si ha una bassa percentuale di fosforo nel sangue, si determina un aumento del calcitriolo, per favorire l’assorbimento di fosforo, ma ciò determina un eccesso di controllo del calcio, con conseguente riduzione di assorbimento del medesimo». È sintomatico, ha continuato il relatore, che in caso di collasso post-parto vi sia naturalmente una carenza di calcio, ma anche di fosforo. «È anche possibile che si verifichi il caso di una vacca a terra con calcio a livelli normali e, invece, fosforo sotto i limiti. In più è significativo che il giorno dopo il parto, secondo alcuni studi, un quarto degli animali presenti un tasso di fosforo insufficiente», ha spiegato il docente della Cattolica.
D’altra parte, anche l’eccesso di fosforo è penalizzante: «Tra i fattori di rischio per l’ipocalcemia abbiamo infatti l’eccesso di potassio, ma in alcuni casi si è riscontrato anche un eccesso di fosforo. L’eccesso di energia, inoltre, può aumentare le infiammazioni al parto, contro cui il calcio ha un ruolo protettivo. In sostanza, un’infiammazione modifica la disponibilità di macrominerali a livello del sangue, complicando la ipocalcemia tipica del periparto».
La strategia corretta, secondo i ricercatori della Cattolica, è applicare una corretta razione alimentare, intervenendo, se necessario, con una dieta acidogena e, in ultima istanza, con terapia farmacologica. «Nella razione bisogna prestare attenzione a mantenere il fosforo sotto i 45 grammi al giorno – ha precisato Trevisi - e a non eccedere con il magnesio. In caso di ulteriore squilibrio, si può effettuare una correzione di rotta attraverso sodio e potassio, con un leggero apporto di zolfo».
L’articolo completo è pubblicato su Informatore Zootecnico n. 13/2016
L’edicola di Informatore Zootecnico