«Conviene avere a disposizione alimenti dotati di fibra più degradabile ottenuti da piante giovani, attraverso una modalità di sfalcio che le preservi fino al momento dell’ingestione da parte delle bovine». È il messaggio che ha voluto trasmettere Andrea Formigoni, ordinario del dipartimento di Scienze mediche veterinarie dell’Università di Bologna, intervenuto il 22 gennaio scorso al convegno “Qualità del prodotto e dei processi produttivi nella filiera del Parmigiano Reggiano. Nuove sensibilità del consumatore e possibili risposta da parte dei produttori”, organizzato alla fiera Bovimac di Gonzaga (Mn) dal Consorzio del Parmigiano Reggiano e dalla nostra rivista, Informatore Zootecnico
Formigoni, che ha approfondito il capitolo del razionamento mirato per le bovine produttrici di latte da Parmigiano Reggiano, ha sottolineato come, in vista della produzione di questo formaggio, l’allevatore debba avere a disposizione la massima quantità di foraggi. «Se tali foraggi - precisa l’esperto - sono di buona qualità, daranno le performance migliori. In caso contrario, saremo costretti a utilizzare maggiori quantità di concentrati, con possibili ripercussioni sui costi di produzione e sulla salute delle bovine».
Quali e quanti alimenti
Ma per ottenere più latte di qualità e maggiore efficienza, quanti foraggi e mangimi vanno utilizzati? Risponde Formigoni: «La disponibilità di nutrienti utili alle sintesi mammarie influenzano la risposta produttiva delle bovine. Le sintesi mammarie, a loro volta, dipendono dall’ingestione della sostanza secca, dall’efficienza di biosintesi di nutrienti nel rumine e dalla digeribilità delle frazioni escape. Certamente l’efficienza individuale dipende anche dal patrimonio genetico di quell’animale. E, altrettanto certamente, sappiamo quanto si rende necessario ridurre gli “sprechi” metabolici».
L’approccio migliore consiste nella valutazione della digeribilità delle frazioni potenzialmente digeribili delle razioni e nel rapporto con il latte prodotto. «Nel caso della produzione di latte destinato al Parmigiano Reggiano - precisa Formigoni - siamo consapevoli di dover rispettare diverse restrizioni imposte dal disciplinare di produzione del formaggio. Tra le altre cose, il regolamento detta norme precise sulla provenienza dei foraggi e il loro uso, sul rapporto tra foraggio e concentrato (rapporto che non deve essere inferiore a 1), sull’esclusione degli insilati e sui limiti all’impiego di determinate materie prime nell’alimentazione delle vacche in lattazione, delle bovine in asciutta e delle manze dal 6° mese di gravidanza».
Le analisi che vanno svolte sul foraggio sono indagini cinetiche sulla degradabilità della fibra e sulla quantità di fibra che non viene digerita.
«Tra i principali tipi di foraggi - specifica Formigoni - troviamo l’erba medica, tradizionale fonte di proteine di elevato valore biologico, nonché ottima fonte di fibre rapidamente degradabili. Questa apporta notevoli vantaggi agronomici e ambientali. Nel corso della sua raccolta, si rende fondamentale …
L’articolo completo è pubblicato su Informatore Zootecnico n. 12/2016
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