La zootecnia italiana è sotto attacco. Nonostante sia un settore strategico per l’economia nazionale, con un fatturato di 40 miliardi di euro e 270 mila imprese coinvolte tra produzione e trasformazione, e sebbene abbia compiuto enormi passi avanti sulla strada della sostenibilità, arrivando a pesare solo il 5,2% sul totale delle emissioni di CO2 che si riversano sull’ambiente, deve ancora difendersi da visioni allarmistiche e messaggi fuorvianti non suffragati dai dati che incidono negativamente sulla filiera e sui consumatori.
Gli allevatori invece sono già pronti a cogliere la sfida del Green Deal europeo: chiedono solo strumenti e risorse adeguate per affrontare la transizione verde puntando su innovazione, ricerca e nuove tecnologie, con l’obiettivo di impattare sempre meno sul clima, e al contempo tutele per competitività, reddito e qualità.
Questi i dati e il messaggio lanciato da Cia-Agricoltori Italiani nel corso del webinar “Allevamenti bovini e transizione ecologica”, che si è tenuto in un’azienda specializzata nell’allevamento di bovini nel Veneto.
Patuanelli: gli allevamenti devono diventare più green
Nel suo videomessaggio all’evento Cia, il ministro delle Politiche agricole Stefano Patuanelli ha sottolineato: «Da parte del Mipaaf c’è costante attenzione e supporto al settore, anche nei confronti di fake news e attacchi mediatici. La filiera zootecnica italiana è ai primi posti nel mondo per la qualità e, da tempo, gli allevatori hanno avviato un percorso improntato alla sostenibilità».
Un percorso «di importanza strategica, che deve proseguire di pari passo con la crescita della competitività».
Per Patuanelli «ci sono i margini per rendere i nostri allevamenti ancora più green in un’ottica circolare, tramite l’utilizzo razionale delle risorse naturali e fino alla produzione di energia in azienda» e per accompagnare i produttori in questo passaggio «gli strumenti e le risorse sono messi a disposizione dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza e dalla contemporanea riforma della Pac».
Questa combinazione di eventi, afferma il ministro, «rappresenta un’occasione unica per creare un nuovo scenario agricolo sostenibile e inclusivo. A riguardo, pochi giorni fa si è tenuto il tavolo di partenariato per la costruzione in maniera condivisa e partecipata del piano strategico nazionale per la riforma della Pac, che ridisegnerà il sistema di aiuti all’agricoltura anche in senso ambientale».
Il ministro ha quindi ricordato il nuovo Sistema di qualità nazionale per il benessere animale, su cui «dobbiamo lavorare insieme con determinazione per definire uno schema base di produzione e certificazione di carattere nazionale, mirato a rafforzare la sostenibilità ambientale, economica e sociale delle produzioni di origine animale. L’obiettivo è costruire un percorso condiviso tra istituzioni e operatori – ha chiosato – per progettare l’allevamento del prossimo futuro».
Scanavino: ma non penalizziamo la produzione
«La sfida green vogliamo giocarla da protagonisti – ha ribadito il presidente nazionale di Cia, Dino Scanavino – continuando a migliorare la qualità e la sostenibilità dei nostri allevamenti grazie alle nuove tecnologie, ma con una visione dell’agricoltura che tutela l’ambiente senza penalizzare la produzione».
A tal fine, ha proseguito, «bisogna identificare gli strumenti finanziari adeguati per sostenere economicamente gli allevatori che avranno bisogno di nuovi investimenti, sia strutturali che tecnologici, ad esempio per una migliore gestione e valorizzazione dei reflui zootecnici, così come per la produzione di energie rinnovabili. In questo senso l’adozione di incentivi e premialità agli allevatori per il sostegno agli investimenti nel settore, nell’ambito dei piani dello sviluppo rurale e della nuova Pac, potrebbe essere molto efficace. Una spinta necessaria per far cogliere e centrare al settore zootecnico la sfida del Green Deal».
Gli allevamenti e il consumo di acqua
La zootecnia è spesso sotto accusa per l’elevato consumo di acqua. Bruno Ronchi, ordinario di Nutrizione e alimentazione animale all’Università della Tuscia, ha spiegato che il consumo di acqua della produzione di carne bovina in Italia si attesta a 11.500 litri di acqua per produrre 1 kg di carne (il 25% in meno rispetto ai 15.415 litri della media mondiale), e solo il 13% di questa viene effettivamente consumato. Il restante 87% è quindi costituito da «green water», acqua piovana utile per le coltivazioni.
E qual è il livello di qualità delle acque in Italia? Secondo dati Ispra 2018, riportati da Ronchi, il 72% delle stazioni di monitoraggio delle acque sotterranee presenta un contenuto di nitrati inferiore a 25 mg/l. Solo l’11% dei punti monitorati ha registrato una concentrazione media superiore ai 50 mg/l di nitrati (limite massimo imposto dalla direttiva nitrati).
Per le acque superficiali la situazione è migliore, il 97,6% delle stazioni di monitoraggio è caratterizzato da una concentrazione media annuale di nitrato inferiore a 25 mg/l.
La zootecnia e le emissioni di metano e ammoniaca
Dati Ispra 2020 attestano che il sistema zootecnico italiano rispetto al 1990 ha ridotto le emissioni di ammoniaca del 12%. Mentre rispetto al 1970 gli allevamenti nazionali hanno ridotto le emissioni di metano del 40%.
Quali le ulteriori possibilità per migliorare la sostenibilità ambientale dei sistemi zootecnici? Secondo Ronchi, le tematiche e le azioni principali per realizzare la zootecnica del futuro sono queste:
- Riduzione delle patologie di natura trasmissibile, traumatica e dismetabolica attraverso l’applicazione di metodologie automatiche di controllo preventivo dello stato sanitario degli animali allevati mediante tecnologie biosensoristiche, modelli preventivi e di allerta, adeguamento delle strutture sul piano gestionale e igienico-sanitario, adozione di piani di alimentazione improntati alle tecniche di precision feeding, impiego di tecnologie per il controllo integrato dei dati aziendali e per la formulazione di interventi di adeguamento.
- Miglioramento dell’efficienza riproduttiva degli allevamenti, con riduzione dell’incidenza di infertilità o ipofertilità e di mortalità neonatale.
- Miglioramento della qualità dei foraggi destinati all’alimentazione dei ruminanti, attraverso l’adozione di corrette prassi agronomiche, di condizionamento meccanico e conservazione.
- Miglioramento genetico degli animali allevati ai fini di potenziare caratteri idonei per favorire resilienza e adattamento agli stress climatici, ad alcune patologie e per migliorare l’efficienza di utilizzazione degli alimenti e ridurre le emissioni ambientali.
- Adozione di tecnologie informative, di controllo a distanza degli animali e per la protezione del bestiame allevato, per la verifica in tempo reale delle disponibilità e qualità delle risorse foraggere disponibili, per impostare correttamente i piani di pascolamento, per ridurre le perdite legate a predazione e furti.
- Miglioramento della qualità dei prodotti animali (anche per via genetica) e dei sistemi di controllo della qualità dei prodotti di origine animale, al fine di fornire prodotti idonei per le esigenze della trasformazione e ulteriori garanzie al consumatore.
- Riduzione degli sprechi di prodotti di origine animale i diversi livelli della filiera produttiva.
«Il concetto di sostenibilità del sistema zootecnico – ha incalzato Ronchi – non può essere legato esclusivamente ad aspetti riferibili al rispetto climatico e dell’ambiente, ma deve includere necessariamente la risposta alla domanda degli alimenti, di occupazione e ai servizi eco-sistemici collegati».
Economia circolare e benessere animale
Tanti sono gli elementi che hanno concorso negli anni a rendere la zootecnia nazionale sempre più sostenibile: dalla gestione degli allevamenti basata sul benessere animale alla riduzione dell’uso di antibiotici; dai programmi di selezione genetica, con le nuove possibilità offerte dalla genomica, all’alimentazione su misura e di precisione.
Grazie all’aumento delle conoscenze scientifiche – ha sottolineato la Cia – oggi è possibile definire con accuratezza i fabbisogni nutrizionali degli animali, con l’effetto positivo di ridurre sia gli sprechi che le escrezioni di azoto. Sempre per limitare l’impatto ambientale, la zootecnia sta adottando il modello di economia circolare: dal campo al foraggio, dal foraggio all’alimentazione, dalle deiezioni animali ancora al campo, oppure alla produzione di energia tramite impianti di biogas.
Aumentare la competitività
«Contrariamente ai tanti pregiudizi, il settore – ha affermato il presidente di Cia Veneto, Gianmichele Passarini – può concorrere in maniera rilevante alla sostenibilità dell’agricoltura con l’utilizzo efficiente delle risorse naturali, nella cornice di una zootecnia razionale e moderna, valorizzando i servizi ecosistemici dell’allevamento, come quelli di tipo culturale, sociale, paesaggistico e di mantenimento della biodiversità».
Per questo, però, ha proseguito Passarini «serve una forte azione strutturale di rilancio del comparto con progetti strategici e interventi appropriati, a partire dal settore delle carni bovine, puntando su innovazione e ricerca scientifica. La transizione 4.0 è la vera risposta per la transizione ecologica. Sono necessarie risorse per ammodernare il sistema produttivo e aumentare la competitività, per produrre meglio dal punto di vista qualitativo e ambientale».
«Sì alla transizione ecologica ma attenzione alla sostenibilità economica» ha affermato il presidente di Uniceb Carlo Siciliani.
«Il miglioramento della sostenibilità ambientale che siamo chiamati a perseguire – ha spiegato – non può prescindere in alcun modo dal concetto di sostenibilità economica e dal riconoscimento che la filiera zootecnica italiana merita per il lavoro svolto in questi ultimi anni, sia per il miglioramento delle stalle e del benessere animale, sia per quanto riguarda gli ingenti investimenti strutturali dell’industria di trasformazione per trasferire nei processi produttivi le tecnologie più avanzate e per rendere sempre più salubri e di qualità i nostri prodotti».
«I sostegni previsti dal Piano Nazionale Ripresa e Resilienza appena presentato dal Governo – ha continuato Siciliani – sono linfa vitale per il settore a condizione di saperli utilizzare bene e non farsi imbrigliare dalla burocrazia». Siciliani ha chiuso il suo intervento con un auspicio: «che la filiera delle carni impari a difendersi meglio dagli attacchi ormai continui e strumentali che ogni giorno subisce».
Ma la Ue preferisce la proteina vegetale
«La strategia Ue procede verso la sostituzione della proteina animale con quella vegetale»: netto l’intervento del presidente del Gruppo di lavoro Carni bovine del Copa-Cogeca Jean Pierre Fleury.
«Trovo ingenuità – ha spiegato – nelle proposte dei rappresentati della Commissione europea. Andiamo verso una nuova Pac non agricola ma alimentare, questo è chiaro, è una svolta già presa. Segnalo un allarme: sostituire la proteina vegetale a quella animale è un piano in corso. Questo non viene detto, ma le basi sono state scritte. Ci si dirige lentamente verso una “vegetalizzazione” dell’alimentazione umana in Europa. Sono iniziati progetti pilota delle multinazionali e ong con delle startup che emergono lentamente per cambiare le tendenze alimentari future in Europa».
Sullo sforzo chiesto agli agricoltori per mettere in campo una sostenibilità più accentuata, Fleury ha aggiunto: «Sul tema del cambiamento climatico si costruirà la globalizzazione di domani. Non confondiamoci: l’agricoltura subisce, non è responsabile della situazione in cui viviamo oggi, o comunque è molto poco responsabile. Dobbiamo svolgere il nostro ruolo, ma ho l’impressione che si chieda tanto all’agricoltura e in particolar modo al settore dell’allevamento».
E su questo ha continuato: «I costi che devono affrontare gli allevatori per incrementare le pratiche di benessere animale e sostenibilità sono distanti dall’essere coperti. Questo è un argomento cruciale che deve essere affrontato nella Farm to Fork».
Secondo Fleury «bisogna fare attenzione, c’è un rullo compressore che sta schiacciando a nome della transizione ecologica e della lotta al cambiamento climatico il settore dell’allevamento. Denuncio questa situazione e le incoerenze. Se la sostenibilità economica non viene considerata al pari di quella ambientale allora il settore dell’allevamento in Europa non sopravvivrà a lungo».
L’industria mangimistica favorisce la sostenibilità
«Importanti studi dell’industria mangimistica sulle fonti proteiche alternative alla soia, come girasole o semola glutinata, hanno portato a mangimi caratterizzati da un elevato tenore energetico e un moderato livello proteico, sempre più sostenibili. ha spiegato il presidente di Assalzoo», Marcello Veronesi.
I risultati di questo sviluppo tecnologico si possono riassumere analizzando l’indice di conversione, infatti negli anni questo parametro è continuamente migliorato: serve sempre meno mangime per produrre 1 kg di carne, questa per noi è la vera sostenibilità».
Per quanto riguarda l’alimentazione Veronesi ha specificato: «Con mangimi equilibrati è possibile utilizzare meno proteina e avere meno azoto nelle feci. Attualmente l’industria mangimistica sta anche valutando tecnologie in grado di modulare le fermentazioni ruminali per migliorare l’efficienza energetica e contemporaneamente la produzione di metano. Saremo sempre più sostenibili dal punto di vista ambientale sociale ed economico».
(nelle foto alcuni fermi immagine ricavati in diretta dal webinar)