Sulla nuova direttiva sulle emissioni industriali si torna indietro: la Commissione Ambiente del Parlamento Ue ha votato a favore del reinserimento degli allevamenti bovini nella proposta di riforma. È stato, quindi, completamente ribaltato il parere della Commissione Agricoltura che a fine aprile aveva escluso il comparto (vedi qui).
Gli emendamenti approvati dalla Commissione Ambiente del Parlamento Ue fanno rientrare gli allevamenti bovini, dai 300 Uba (Unità bovino bestiame, pari a circa 415 bovini in media),) in poi, nel campo di applicazione della direttiva sulle emissioni e abbassano la soglia a 200 Uba per gli allevamenti di suini e pollame e a 250 per gli allevamenti misti.
Nella riunione del 25 aprile 2023 la Commissione Agricoltura del Parlamento europeo aveva approvato il Progetto di parere presentato da Benoît Lutgen che chiedeva l’esclusione degli allevamenti di bovini dalla direttiva e di mantenere lo status quo per il settore dei suini e del pollame. Sulla questione, quindi ambiente e agricoltura non trovano un accordo.
Agricoltura impegnata da tempo a ridurre l’impatto ambientale
Per la Cia sono state «ignorate del tutto le istanze del settore agricolo e zootecnico. È ingiusto e scorretto equiparare la zootecnia a settori altamente industrializzati. Gli agricoltori sono continuamente impegnati a ridurre l’impatto ambientale delle loro attività con pratiche sostenibili, tanto che oggi in Ue l’incidenza degli allevamenti sulle emissioni complessive si colloca tra il 7% e il 10%. Ancora meglio fa l’Italia, dove le emissioni di CO2 della zootecnia rappresentano il 5% del totale».
A metà giugno è attesa la decisione finale del Parlamento Ue
Il Parlamento Ue adotterà, come ha ricordato la Cia, la sua posizione finale sul testo nella plenaria di metà giugno. «Non si può non tenere conto – ha fatto sapere l’organizzazione agricola – del parere degli agricoltori, e della Comagri stessa, di lasciare fuori gli allevamenti dalla proposta di revisione della direttiva sulle emissioni industriali. Altrimenti si rischia la chiusura e il fallimento di migliaia di stalle, compromettendo la capacità di approvvigionamento comunitario e aumentando l’import da Paesi terzi, con effetti negativi sulla sicurezza alimentare e sulla sostenibilità ambientale».