Tutti contro la direttiva Ue che penalizza gli allevamenti bovini

La Coldiretti e le principali organizzazioni agricole europee hanno mandato una lettera aperta ai ministri per contestare la direttiva Ue

Giovedì 16 marzo ci sarò la discussione al Consiglio Ambiente dell’Ue di sulla proposta della Commissione di revisione della direttiva Ue sulle emissioni industriali (Ied)

No alla direttiva Ue che vorrebbe includere il settore bovino nel campo di applicazione della direttiva sulle emissioni industriali. È come se gli allevamenti bovini fossero equiparati alle fabbriche. L’appello è lanciato in una lettera aperta promossa dalla Coldiretti e firmata dalle principali organizzazioni agricole europee ai ministri in vista della discussione al Consiglio Ambiente dell’Ue di giovedì 16 marzo sulla proposta della Commissione di revisione della Direttiva sulle emissioni industriali (Ied).

Le organizzazioni agricole firmatarie oltre all’Italia con Coldiretti, sono quelle di Belgio (Fwa), Repubblica Ceca (Akcr e Zscr), Germania (Dbv), Francia (Fnsea), Polonia (Fbzpr), Portogallo (Cap), Slovacchia (Sppk) e Spagna (Asaja), e ritengono la proposta del tutto inadeguata e inaccettabile rispetto alla realtà produttiva europea.

«Se non adeguatamente contrastata, questa proposta – scrivono le Organizzazioni – potrebbe portare a una dirompente riduzione dei redditi dei nostri allevatori o, potenzialmente, alla chiusura di molti allevamenti di dimensioni medio-piccole, minando la sovranità alimentare, con il conseguente aumento della dipendenza dalle importazioni di prodotti animali da Paesi terzi, che hanno standard ambientali, di sicurezza alimentare e di benessere animale molto più bassi di quelli imposti agli allevatori dell’Ue. Ciò andrebbe contro i recenti sviluppi politici dell’Ue in materia di reciprocità nel commercio internazionale, aumentando il divario tra la stessa Ue e i partner commerciali».

Infatti, equiparare gli allevamenti, anche di piccole e medie dimensioni, alle attività industriali, appare ingiusto e fuorviante rispetto al ruolo che essi svolgono nell’equilibrio ambientale e nella sicurezza alimentare in Europa.

Soprattutto, è il risultato di una valutazione d’impatto basata su dati imprecisi e vecchi, e di un approccio ideologico che va stigmatizzato, anche perché potrebbe avere impatti negativi sull’ambiente, riducendo le aree a pascolo (perdita di biodiversità e paesaggi, minaccia alla vitalità delle aree rurali, ecc.).

Eliminare il settore bovino dalla direttiva Ue

L’unica opzione possibile è quella di mantenere l’attuale quadro normativo con l’eliminazione del settore bovino dallo scopo della direttiva e il ripristino delle attuali soglie stabilite per il settore avicolo (a partire da 40.000 capi) e suinicolo (suini da produzione di peso superiore a 30 kg: a partire da 2.000 capi; scrofe: a partire da 750 capi).

Questa soluzione andrebbe a riconoscere gli sforzi che gli allevatori stanno compiendo per aumentare la sostenibilità delle loro aziende che, su scala globale, sono già quelle che registrano le migliori performance in termini di impatto ambientale e mitigazione dei cambiamenti climatici. I progressi raggiunti non devono essere vanificati e fermati. Infine, riteniamo che accelerare il processo verso una posizione comune in Consiglio non sia coerente con le tempistiche che stanno emergendo nelle discussioni interne al Parlamento europeo.

Anche per Assocarni posizione di ferma contrarietà  

Contraria anche Assocarni che ha chiesto al ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin, e al ministro dell'Agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, Francesco Lollobrigida, che il nostro Paese assuma una posizione di ferma contrarietà circa l’inclusione del settore bovino nel campo di applicazione della direttiva.

«Inaccettabile che un settore come quello bovino italiano che presidia il 40% del territorio rurale nazionale, contribuendo a contrastare lo spopolamento e il degrado delle aree interne, possa essere assimilato ad una qualsiasi industria fossile –ha dichiarato il direttore generale di Assocarni, François Tomei –. Dai dati Ispra del 2020 emerge che le emissioni dell'allevamento bovino italiano pesano appena il 5% del totale (rispetto alla media mondiale del 14,5% - dati Fao), a cui va aggiunto l’aumento di sequestro di carbonio compiuto dalle aree nelle quali si pratica l’allevamento. Inoltre, il carbonio del metano emesso dalle fermentazioni ruminali risiede in atmosfera appena 11,5 anni, per essere poi riassorbito dalle piante in un ciclo biologico, rispetto all’origine fossile del carbonio emesso dai combustibili delle imprese industriali, che al contrario si accumula nell’atmosfera per centinaia di anni provocandone il riscaldamento.

«Sul fronte della sovranità alimentare poi – conclude Tomei – qualora si decidesse di includere il settore bovino nella direttiva Ied la competitività della filiera bovina italiana, già deficitaria per il 49%, sarebbe ulteriormente compromessa da un aumento delle importazioni di carne dai paesi terzi».

 

Tutti contro la direttiva Ue che penalizza gli allevamenti bovini - Ultima modifica: 2023-03-15T18:08:52+01:00 da Francesca Baccino

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome