Stefano Berni: sì, è un buon momento per gli allevatori del Grana Padano

Il direttore generale del consorzio di tutela afferma: la redditività della produzione del latte è elevata. E il mercato del formaggio e dei derivati va a gonfie vele

 

“All’interno della categoria latte da silomais, la destinazione del latte a Grana Padano è la più remunerativa al mondo. Lo hanno confermato i dati del Clal”. Affermazione perentoria, ma degna di fede dal momento che queste parole vengono consegnate all’Informatore Zootecnico da Stefano Berni, direttore generale del consorzio di tutela del Grana Padano.

Stefano Berni, direttore generale del consorzio di tutela del Grana Padano

Dunque direttore Berni è fondata la soddisfazione che manifestano gli allevatori che conferiscono ai vostri caseifici, quando parlano di redditività.

Certo, e questo non è l’unico dato che va in quella direzione. Il nostro prodotto gode dell’enorme spinta che viene dal mercato, in particolare dal commercio estero. Nei primi cinque mesi di quest'anno, gennaio-maggio 2024, l’export del Grana Padano è aumentato del 10%, quando il dato italiano parla di un -2%. Per il nostro prodotto l’export ha raggiunto il 50% del totale delle vendite. Grande in particolare il successo fra i consumatori esteri del grattugiato senza crosta.

Redditività elevata, mercato a gonfie vele: un’accoppiata di situazioni di grande rilevanza. Quali conseguenze ne derivano?

Questa felice situazione permette al nostro consorzio di fare progetti di espansione. E di rispondere in modo positivo e ottimistico alle due grandi domande che vengono poste dagli allevatori, quando pensano al futuro delle proprie aziende: il prezzo del latte continuerà ad essere sostenuto? e ci sarà spazio per nuove stalle, oltre alle attuali quattromila?

Espansione? In pratica cosa significa?

Molto concretamente: nell’assemblea del consorzio fissata per novembre 2024 definiremo il nuovo piano produttivo (quello attuale interessa il triennio 2022-2024) e il nuovo piano strategico. E l’obiettivo di questi due piani sarà di arrivare alla produzione di 7 milioni di forme di Grana Padano all’anno entro il 2030. Un grande balzo in avanti se teniamo presente che l’obiettivo 2024 è di raggiungere quota 5.650.000 forme. Un balzo in avanti dettato dal fatto che la domanda è in aumento, soprattutto quella estera.

Interpretiamo dal punto di vista dell’allevatore questo obiettivo dei 7 milioni di forme all’anno.

È un dato che comprova la grande solidità della produzione della nostra dop e appunto la possibilità di una importante espansione produttiva. Uno scenario che permetterà di far crescere le dimensioni degli allevamenti oggi in attività, di far nascere nuove stalle, di favorire il turnover tra gli allevamenti associati. È intuibile cosa tutto questo possa significare in termini di consolidamento delle singole aziende zootecniche e in termini di possibilità di ricambio generazionale in zootecnia.

In altre parole non ne ricaveranno benefici soltanto i caseifici, ma anche la vostra platea di allevatori.  Ma sarà veramente così?

C’è un terzo fattore, oltre a redditività e mercato, che mi permette di rispondere positivamente a quest’ultima domanda evitando però di risultare vago e generico. Mi riferisco al principio dell’equa correlazione. Un principio sancito dal punto 1.12 del nostro piano produttivo 2022-2024. E siccome il piano produttivo è un documento pubblico, l’equa correlazione è una cosa ben precisa, codificata e da rispettare.

Equa correlazione: di cosa si tratta?

È una indicazione operativa che prevede che il prezzo del latte alla stalla debba essere equamente correlato al prezzo del Grana Padano. Correlato in base a una formula che ha due variabili, in relazione reciproca: a) il margine economico del caseificio; b) appunto il prezzo del latte alla stalla. Queste variabili vengono definite in base a rilevazioni trimestrali di mercato effettuate da Nomisma e Ismea. In conclusione sì: anche grazie al meccanismo dell’equa correlazione è cosa certa che i benefici che abbiamo descritto non saranno appannaggio soltanto dei caseifici ma anche degli allevatori che conferiscono il latte.

Tornerei alla prima delle tre situazioni che ha sottolineato, la grande redditività della produzione del latte destinato a Grana Padano. Possiamo analizzarla con un esempio?

Certamente, possiamo fare un esempio basato ancora una volta su dati precisi. Qual è il costo di produzione del latte per un allevatore che lo destinata a Grana Padano? Secondo Ismea oggi, cioè in queste ultime settimane, il costo di produzione del latte nelle nostre aziende zootecniche è pari a circa 53 centesimi al kg, in media. E qual è il ricavo unitario medio dell’allevatore? Circa 60 centesimi kg latte. Ne deriva che oggi il margine per l’allevatore è probabilmente pari a ben 7 centesimi circa.

Un valore ben elevato.

Per afferrare cosa significhi una cifra come questa, si consideri questo semplice conteggio. Una stalla che produca 15mila quintali di latte con un margine di 7 centesimi non solo si ripaga tutti i costi di produzione ma può anche mettere da parte circa 105mila euro. Non è tutto: questo margine di 7 centesimi diventa pari a 10, o anche pari a 12, quando il caseificio è una cooperativa.

Tra i 125 produttori soci del vostro consorzio troviamo sia caseifici che producono soltanto Grana Padano, e suoi derivati, sia caseifici che ottengono anche altri prodotti caseari.

Bene, e se oggi per la seconda delle due categorie da lei delineate il dividendo è buono, per la prima, ossia per chi fa solo Grana Padano, il dividendo è ancora più buono. Possiamo dire che il Grana Padano sostiene anche il prezzo del latte non destinato a questa dop.

Non mancano però gli allevatori che sottolineano come il costo di produzione del latte per Grana Padano sia particolarmente elevato.

E hanno ragione. I vincoli imposti dal nostro disciplinare in effetti sono un po’ esigenti: nelle razioni non si può usare colza, non si possono fare più di due mungiture al giorno, per motivi di tecnologia casearia il latte non può venire raffreddato sotto gli 8 gradi dunque il latte deve necessariamente essere pulito, nella razione devono essere rispettati quantitativi precisi di alimenti ottenuti nel territorio… In cambio però del rispetto di queste e altre prescrizioni otteniamo latte di qualità, e quindi formaggio di qualità. E nonostante questi vincoli nel giudizio di molti allevatori della Pianura Padana lo status di produttore di latte per Grana Padano è uno status invidiabile, molto ambito.

Un altro limite che non possiamo non sottolineare è la possibilità che i turbamenti geopolitici internazionali possano in futuro ostacolare l’attuale felice trend del mercato.

Se lei allude alle due guerre in atto, è ovvio che potrebbero provocare situazioni fortemente indesiderabili anche per i produttori di Grana Padano. Potrebbero eventualmente far aumentare i prezzi dei cereali usati per l’alimentazione dei nostri animali, oppure potrebbero innescare oscillazioni recessive in grado di far diminuire il potere d’acquisto dei consumatori, oppure infine potrebbero dare una mano a chi fa speculazioni finanziarie dannose. Ma non sono questi gli scenari più temuti all’interno del nostro consorzio.

Qual è allora lo scenario che dà maggiori preoccupazioni?

Il ritorno dei dazi Usa sull’importazione dei nostri prodotti. Abbiamo già visto quanto possano risultare dannosi. E ora in vista delle elezioni americane il protezionismo trumpiano, che ha un sicuro appeal elettorale, potrebbe tornare ad affermarsi. Cito Trump, ma diversi osservatori affermano che neppure una vittoria di Kamala Harris possa escludere scelte protezionistiche. Le associazioni casearie statunitensi spingono per una riaffermazione del protezionismo, fanno il loro mestiere.

Ne sapremo di più sul pericolo dazi fra poche settimane, dopo le elezioni Usa del 5 novembre.

L’assemblea del nostro consorzio, quella che deve deliberare piano produttivo e piano strategico, si terrà dopo questa data.

Stefano Berni: sì, è un buon momento per gli allevatori del Grana Padano - Ultima modifica: 2024-08-19T11:44:42+02:00 da Giorgio Setti

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