
Il digestato agro-zootecnico e agroindustriale rappresenta oggi una delle matrici fertilizzanti più diffuse e strategiche nell’agricoltura lombarda.
In particolare, la frazione liquida ottenuta dalla separazione solido/liquido del digestato derivante da effluenti zootecnici, sottoprodotti e biomasse vegetali offre un significativo potenziale in termini di disponibilità di azoto prontamente assimilabile, efficienza nutrizionale e ridotto impatto ambientale. Un potenziale che, però, resta in larga parte inespresso a causa dei limiti imposti dalla normativa vigente, in particolare dalla Direttiva Nitrati.
Attualmente, questa matrice è equiparata agli effluenti di allevamento e soggetta agli stessi vincoli di utilizzo, sia in termini di spandimento che di carico di azoto per ettaro. L’equiparazione a fertilizzante minerale — per quella parte di digestato che, rispettando determinati requisiti chimico-fisici e gestionali, presenta un’efficienza d’uso paragonabile — aprirebbe prospettive nuove, tanto sul piano agronomico quanto su quello ambientale, economico e normativo.
Le sue prestazioni
È importante ricordare che il digestato separato liquido, grazie all’alto rapporto tra azoto ammoniacale e azoto totale, può garantire una disponibilità immediata per le colture, con prestazioni agronomiche simili a quelle di concimi di sintesi. Se impiegato con tecniche di distribuzione appropriate (ad esempio iniezione al suolo o spandimento a bande con copertura), può ridurre sensibilmente le perdite per volatilizzazione, migliorando l’efficienza di utilizzo dell’azoto e abbattendo le emissioni di ammoniaca.
Un uso corretto e mirato di questa matrice contribuisce anche alla riduzione dell’impronta carbonica complessiva: basti pensare che per ogni kg di urea prodotto si generano in media circa 2,9 kg di CO₂ equivalente.
Naturalmente, vi sono anche aspetti critici da gestire. L’elevata concentrazione di azoto ammoniacale impone una gestione attenta nelle fasi di stoccaggio e distribuzione, soprattutto nelle fasi sensibili del ciclo colturale. Inoltre, non sempre è possibile sostituire completamente i concimi minerali in copertura, specialmente in colture ad alta esigenza azotata, motivo per cui il digestato va considerato parte di una strategia integrata, non alternativa tout court.
L’analisi di Regione Lombardia
Regione Lombardia, da sempre impegnata a promuovere un’agricoltura moderna e sostenibile, ha avviato un lavoro di analisi e simulazione, affidato alla Direzione Generale Agricoltura e ad Ersaf, per valutare l’effettiva sostenibilità territoriale dell’impiego del digestato equiparato.
L’indagine considera parametri fondamentali come la distribuzione degli impianti, la disponibilità di superfici, le aree vulnerabili ai nitrati (ZVN e ZNVN), la tipologia di matrici trattate, e le quantità effettive di azoto prodotto, utilizzato e ceduto.
Dai dati più aggiornati risulta che in Lombardia operano 589 impianti di digestione anaerobica, di cui circa il 65% con potenza pari o inferiore a 500 kW. Questi impianti trattano annualmente oltre 10 milioni di metri cubi di materiale, producendo circa 38.500 tonnellate di azoto.
Sul tema del digestato, dei suoi aspetti qualitativi e del positivo impatto ambientale, Regione Lombardia DG Agricoltura, a partire dal 2007, ha supportato una decina di progetti e di attività di ricerca, conoscenza e divulgazione, per un importo complessivo nell’ordine di 1,7 milioni di euro.
I risultati di questi lavori testimoniano e certificano la migliore qualità del digestato rispetto all’effluente tal quale sotto tutti i profili: ambientale, sanitario, agronomico, di economia circolare e di reddito. Nei confronti di tutte le diverse matrici interessate, - aria, acqua, suolo - l’impatto ambientale del digestato è minore, con caratteristiche più favorevoli rispetto ai reflui.
Dalla zootecnia il 70%
La componente zootecnica è preponderante (oltre il 70% sia in ingresso che in uscita), mentre il 27% è costituito da biomasse vegetali. Le aziende agricole coinvolte detengono complessivamente oltre 80.000 ettari di sau, utilizzando in proprio la gran parte dell’azoto prodotto (73%), cedendone il 22% ad altri agricoltori e destinando solo una quota marginale (<5,5%) al di fuori del comparto agricolo.
Dati che testimoniano un’economia circolare reale e concreta, ma ancora frenata da un quadro normativo non aggiornato.
Il progetto della Regione
In questo contesto, è sempre più evidente la necessità di rivedere la Direttiva Nitrati alla luce dell’evoluzione tecnologica e agronomica intervenuta negli ultimi vent’anni. La proposta “Renure” (REcovered Nitrogen from ManURE), elaborata dal Centro comune di ricerca (Jrc) della Commissione europea già nel 2020, va esattamente in questa direzione, cercando di definire criteri oggettivi per l’equiparazione a fertilizzanti minerali di matrici organiche trattate.
Tuttavia, il digestato separato liquido, pur presentando caratteristiche compatibili, è stato finora escluso dal novero delle sostanze riconosciute, in assenza di dati consolidati a livello comunitario.
Per colmare questa lacuna conoscitiva, e supportare scientificamente la richiesta di equiparazione, Regione Lombardia sostiene un importante progetto triennale di ricerca, coordinato dal Crea e finanziato dal Masaf, che mira a dimostrare con evidenze sperimentali la compatibilità del digestato con i criteri Renure. Il lavoro, condotto su più siti sperimentali, analizzerà l’efficacia agronomica, il rischio di lisciviazione e l’impatto ambientale, offrendo basi solide per un confronto costruttivo con Bruxelles.
Una proposta di deroga
Parallelamente, sul fronte nazionale, Regione Lombardia ha avviato un’interlocuzione con il Ministero e le Regioni del bacino padano per costruire una proposta di deroga ai vincoli della Direttiva Nitrati, in analogia a quanto già ottenuto in altri Paesi.
L’idea è quella di concedere margini operativi più ampi alle imprese che adottano pratiche avanzate di gestione agronomica e ambientale, come la copertura dei digestati in stoccaggio, la distribuzione a bassa emissione, l’uso di inibitori della nitrificazione, l’adozione di sistemi di tracciabilità e controllo. Più che una concessione, si tratterebbe di una “licenza alla sostenibilità”, da guadagnare sul campo con comportamenti virtuosi e verificabili.
I dati scientifici disponibili dimostrano che il rischio di lisciviazione non è legato tanto alla natura organica o minerale dell’azoto, quanto alla quantità distribuita, al momento dello spandimento e alla tecnica utilizzata. Premiare chi utilizza buone pratiche significa ridurre realmente l’impatto ambientale e al tempo stesso aumentare la competitività aziendale.
Anche la frazione solida
Accanto all’impegno per il riconoscimento della frazione liquida come fertilizzante, stiamo lavorando anche per valorizzare la frazione solida palabile del digestato, che presenta interessanti potenzialità ammendanti. Questa componente, ricca di sostanza organica stabile, può contribuire in modo significativo al miglioramento della struttura fisica del suolo e alla sua fertilità a lungo termine, affiancando così la funzione prevalentemente nutrizionale della parte liquida.
L’obiettivo finale è chiaro: valorizzare pienamente il digestato come risorsa, ridurre l’impatto ambientale dell’agricoltura, aumentare l’efficienza d’uso dei nutrienti e offrire alle aziende strumenti normativi coerenti con l’innovazione.
Serve però un cambiamento culturale e normativo, fondato su evidenze scientifiche, buonsenso agronomico e responsabilità condivisa. Regione Lombardia è pronta a fare la sua parte.