Coldiretti l'aveva già anticipato, avrebbe proceduto con una denuncia per pratiche sleali contro il Gruppo Lactalis, che in Italia ha acquisito i marchi Parmalat, Locatelli, Invernizzi, Galbani, Cadermartori e Nuova Castelli.
La conferma che dalle parole si è passati ai fatti, è arrivata dal presidente della Coldiretti, Ettore Prandini, in occasione dell’evento “Maccarese un allevamento sostenibile”: «Abbiamo denunciato il gruppo Lactalis per pratiche sleali all’Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari (Icqrf) del ministero dell’Agricoltura e della sovranità alimentare per la violazione del contratto sul prezzo del latte».
Prezzi pagati agli allevatori non devono essere inferiori ai costi di produzione
«La Lactalis – sottolinea la Coldiretti - ha modificato unilateralmente il contratto con gli allevatori fornitori di latte diminuendo i prezzi riconosciuti e introducendo anche un nuovo indice collegato tra l’altro alle quotazioni del latte europeo non concordato e fortemente penalizzante per i produttori italiani che devono affrontare un insostenibile aumento dei costi».
Il decreto legislativo in attuazione della Direttiva Ue sulle pratiche commerciali sleali, fortemente voluto dalla Coldiretti, prevede tra l’altro la fine dei pagamenti non connessi alle vendite fino ai contratti rigorosamente scritti, ma anche che i prezzi riconosciuti agli agricoltori ed agli allevatori non siano inferiori ai costi di produzione.
Coldiretti scende in difesa dell’allevamento italiano
Un'esigenza per salvare gli allevamenti italiani ed il loro impegno per la sostenibilità e la qualità della produzione nazionale che è pari a 125 milioni di quintali all’anno, circa l’80% del fabbisogno secondo l’analisi della Coldiretti dalla quale emerge anche la presenza in Italia di 25mila stalle da latte in calo del 20% negli ultimi 10 anni.
Con gli ultimi riconoscimenti comunitari, come ha precisa la Coldiretti, salgono a 55 i formaggi a denominazione di origine protetta (Dop/Igp) italiani tutelati dall’Unione europea, ma l’allevamento italiano per sicurezza e qualità non ha eguali al mondo, con forme di alimentazione controllata, disciplinari di allevamento restrittivi e sistemi di rintracciabilità elettronica e attenzione al benessere animale.
«Difendere l’allevamento italiano – conclude Prandini – significa anche sostenere un sistema fatto di animali, di prati per il foraggio e soprattutto di persone impegnate a combattere lo spopolamento e il degrado spesso da intere generazioni, anche in aree difficili».