Allevamenti alle prese con il Coronavirus in “zona rossa”

Necessarie le autorizzazioni della prefettura, ad esempio per l'entrata o l'uscita del personale. Obbligo di richiesta a livello di singolo allevamento.

Giovanni Penné, allevatore di Casalpusterlengo in "zona rossa"

Sono trascorsi pochi giorni dai primi casi accertati di infezione da Coronavirus a Codogno e Comuni limitrofi con il conseguente blocco della movimentazione di persone e di tutte le attività lavorative a rischio per la diffusione del Covid-19 nella cosiddetta “zona rossa” stabilita per decreto dal Consiglio dei ministri il 23 febbraio scorso. Ha fatto eccezione la zootecnia, ritenuta servizio essenziale per la cittadinanza per  il ruolo che svolge nella produzione di latte e carne. Vero in teoria, un po' meno nei fatti.

Gli effetti del blocco, in vigore negli 11 Comuni del lodigiano, hanno infatti già cominciato a presentare il conto anche in questo comparto strategico per l’agricoltura lombarda e nazionale. È  ormai chiaro a tutti che l’infezione da Covid 19 in arrivo dalla Cina non sarà una passeggiata, ma che i danni potrebbero diventare via via più più pesanti con il prolungarsi dell’emergenza.

 

Più di mille aziende agricole in provincia di Lodi

In provincia di Lodi si contano complessivamente oltre mille aziende agricole, a indirizzo prevalente zootecnico foraggero, in base ai dati di Unioncamere Lombardia. Il provedimento emanato a livello nazionale autorizza l'attività zootecnia elencando le tre prinicipali attività collegate,  il conferimento di latte e la movimentazione degli animali da macello, la fornitura di prodotti per l’alimentazione zootecnica e la cure prestate dai veterinari. Qual è il problema? Non la cura degli animali in stalla, la prepararazione della razione o le operazioni che riguardano la mungitura nel caso di bovini da latte. il problema sono le  attività che non vengono indicate nel provvedimento in modo esplicito e quindi devono essere autorizzate singolarmente. Con un ulteriore aggravio a carico degli allevatori.

 

Necessaria l'autorizzazione della prefettura

«C'è stata confusione all'inizio con difficoltà di logistica delle merci e di movimentazione del personale tecnico legato alla zootecnia fuori e dentro la "zona rossa" - spiega infatti Giovanni Pennè, allevatore di manze a Casalpusterlengo (legato con un contratto di soccida a un produttore di latte) e socio di Confagricoltura. Ogni singola azienda agricola deve chiedere l'autorizzazione alla Prefettura, ad esempio presentando l'elenco del personale di stalla». Una pratica attualmente evasa in giornata, ma che con la crescita delle necessità anche solo quotidiane, potrebbe non essere più così veloce. Le associazioni di categoria, come riferisce sempre Penné, hanno comunque da subito fornito un contributo importante nella presentazione delle pratiche.

«Il mio allevamento - sottolinea Penné - rientra nel Comune di Casalpusterlengo, frazione Vittadone, in piena zona rossa. Ogni giorno sono costretto a superare i posti di blocco organizzati sulle principali strade di accesso. Ma senza autorizzazioni del Prefetto non vai da nessuna parte».

 

Ritardi nella consegne

Un altro allevatore di bovini da latte,  sempre socio di Confagricoltura,  preferisce rimanere anonimo, ma è pronto a raccontare le difficoltà  affrontate in questi giorni sia nel suo allevamento che in quelli dei colleghi.

«Ci possono essere ritardi nella consegna della materia prima - spiega - legati alle fermate obbligatorie ai posti di blocco dei camion  in uscita dalla stalle e diretti al caseificio fuori dalla zona rossa o viceversa».

«Alcune attività sono necessarie e non sono posticipabili se vogliamo continuare a produrre regolarmente latte o carne. Mi riferisco a quelle di manutenzione,  riparazione delle macchine agricole o dell’impianto di mungitura in stalla. Anche in questo caso per fornitori e tecnici occorrono le autorizzazioni».

Allevamenti alle prese con il Coronavirus in “zona rossa” - Ultima modifica: 2020-02-27T10:18:02+01:00 da Francesca Baccino

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