Varisco: rapporto molto stretto fra Zooprofilattico e allevatore

Un momento del recente incontro di Brescia durante il quale è stato lanciato il concetto di “valore pubblico”. Da sinistra: Giorgio Varisco; Giovanni Filippini e Giovanni Leonardi del ministero della Salute; Guido Bertolaso e Massimo Fabi, rispettivamente assessori al Welfare e alla Salute delle Regioni Lombardia ed Emilia Romagna; Giuseppe Diegoli, presidente cda Izsler; Loris Alborali, direttore sanitario Izsler
Il direttore Izsler ricorda le azioni dell’istituto per aumentare conoscenze e consapevolezza anche nel mondo produttivo

Il rapporto tra l’allevatore e l’Istituto zooprofilattico? È molto stretto, afferma Giorgio Varisco, direttore generale appunto dell’Izsler, Istituto zooprofilattico sperimentale della Lombardia e dell’Emilia-Romagna, con sede centrale a Brescia.

Giorgio Varisco è il direttore generale dell’Istituto zooprofilattico sperimentale della Lombardia e dell’Emilia-Romagna

“È un rapporto molto stretto, proviene dallo stesso Dna dell’istituto. Perché l’istituto è nato più di cent’anni fa per dare supporto all’allevatore nell’eradicazione delle grosse malattie del bestiame: tubercolosi, leucosi, afta… Ed è sempre stato così, l’istituto è sempre stato molto vicino al mondo produttivo. Poi l’evoluzione tecnologica, l’evoluzione normativa, hanno fatto sì che i due mondi cominciassero a viaggiare in maniera un po’ più parallela, anziché intrecciata come nel passato. Però, non solo adesso che faccio il direttore generale, ma anche negli anni scorsi, quando ero direttore sanitario, ho sempre avuto dentro di me questa volontà di avere un rapporto con l’allevatore. Io penso che il nostro ruolo nell’ambito della prevenzione di sanità pubblica veterinaria non si debba svolgere solo attraverso delle analisi, come per esempio le analisi del latte. L’istituto zooprofilattico ha sempre rifiutato l’etichetta di esamificio”.

Mentre invece…
Mentre invece abbiamo sempre cercato, nei fatti, di essere un istituto che può dare un supporto tecnico-scientifico non solo alle autorità sanitarie, che è il nostro mandato, che è ciò che dobbiamo fare per istituzione, ma anche al mondo produttivo. Perché? Perché se non si hanno supporti nella conoscenza scientifica è chiaro che poi si procede solo per sentito dire.
Quindi, in concreto, quali sono le iniziative dello Zooprofilattico nel suo approccio al lavoro dei produttori zootecnici e degli altri operatori del settore?
Facciamo delle attività formative, sicuramente, perché siamo un Centro di referenza per la formazione veterinaria e su questo investiamo molto. E cerchiamo, in qualunque occasione, di essere vicini agli allevatori. Per esempio: quando c’è stata la peste, nel purtroppo famoso “mercoledì della peste” (estate 2024, ndr), ci siamo inventati un webinar in cui abbiamo detto con tempestività come stavano le cose. Perché era inutile che gli allevatori e le associazioni di categoria cercassero informazioni qui e là. Ed era questo ciò che succedeva, chiamavano e chiedevano: è vero che c’è un positivo nel tal posto? è vero che è successo questo? Allora in un webinar di un’ora abbiamo chiarito con precisione come stavano le cose.
E questo webinar ha funzionato?
Un successone. Abbiamo avuto 600-700 collegamenti tra piattaforma zoom e piattaforma youtube. In base a questo ottimo risultato abbiamo ripetuto l’iniziativa del webinar altre 3-4 volte, sempre con un ottimo successo. Poi, fortunatamente, la peste ci ha abbandonato. Ma poi, quando è arrivata l’afta in Germania, ho chiamato Giovanni Filippini e gli ho proposto: ma se facessimo un webinar al volo sull’afta?
Giovanni Filippini del ministero della Salute.
Sì, il format ha sempre previsto che fosse il ministero a organizzare il webinar presso di noi, con lo stesso Filippini tra i relatori. Perché sentire lo stesso commissario parlare dei problemi è molto ma molto meglio che procedere per sentito dire; l’obiettivo era ed è quello. Risultato: mille partecipanti. E mercoledì 11 novembre abbiamo realizzato un altro webinar sull’influenza aviaria.
Dunque anche attraverso lo strumento dei webinar lo zooprofilattico si apre all’esterno.
Sì, ci apriamo, ma non per motivi di immagine o per farci conoscere. Bensì per dare agli operatori della zootecnia informazioni di prima mano, che sono quelle veramente utili. E abbiamo visto che questi webinar funzionano, perché in poco tempo noi offriamo le informazioni di chi è sul pezzo, offriamo informazioni di prima mano. E abbiamo organizzato webinar non solo insieme a Filippini, ma anche insieme al centro di referenza di Padova dell’Izsve.
E ce n’è bisogno, in zootecnia.
Sì, perché le criticità che noi ben conosciamo, e che i veterinari della Ats vanno a controllare, devono essere conosciute anche dagli allevatori. Perché è la conoscenza delle criticità il fattore che permette di prevenire le malattie degli animali. E oggi la biosicurezza negli allevamenti resta ancora una criticità; lo è forse meno nell’allevamento suino, lo è di più nell’allevamento bovino.
Perché nell’allevamento bovino la biosicurezza è un problema meno sentito che non nell’allevamento suino?
Perché l’allevamento bovino non ha la necessità di innescare immediatamente misure di biosicurezza altrimenti ne potrebbe risentire la produzione. Nell’allevamento suino, invece, la biosicurezza oltre a prevenire le epidemie serve direttamente anche a livello produttivo, perché se il suinicoltore non tiene fuori malattie come la Prrs, o l’Aujeszky, o altre malattie, queste poi creano danni economici diretti all’azienda zootecnica; oltre che, è chiaro, malattie gravi dal punto di vista sanitario.
Quindi l’allevamento bovino è più indietro, in relazione a questo tipo di consapevolezza.
Sì, ed ecco perché nei webinar abbiamo stressato molto su concetti come controllo degli animali all’ingresso, infermerie, quarantene, archi di disinfezione. Inoltre abbiamo insistito su questo: se l’allevatore ha i sistemi e gli strumenti per la biosicurezza non ha risolto il problema, perché molto banalmente questi sistemi devi usarli e devi usarli bene. Questo passaggio può sembrare scontato ma non lo è: negli allevamenti si riscontrano errori che non sono legati a noncuranza, ma a sottovalutazione delle problematiche.
Dunque voi specialisti dell’Izsler andate direttamente nelle stalle a parlare con gli allevatori.
Certo. E il nostro contatto con l'allevatore non si esaurisce col contatto diretto. Noi abbiamo ottimi rapporti anche con le associazioni professionali agricole - Coldiretti, Cia, Confagricoltura, Copagri - e ci teniamo ad averle perché è tramite loro che riusciamo a ottenere un effetto volano nel nostro rapporto con l’allevatore. Dunque favoriamo l’organizzazione di incontri con queste organizzazioni, con i loro tecnici, con i loro dirigenti, con il loro personale, in modo da poter raggiungere il maggior numero di allevatori.
Sicuramente avrete fatto incontri sul tema Sqnba…
Sì, li abbiamo fatti con l’intento di illustrare un nuovo metodo di lavoro dove si vuole informare il cittadino in merito all’attività degli allevatori e alla tutela del benessere animale allevato. Un concetto che trova qualche comprensibile resistenza ma che va verso l’inevitabile e sostenibilità sociale che chiede il cittadino e il consumatore per acquistare i prodotti di origine zootecnica.
Dunque la vostra apertura verso il mondo allevatoriale serve anche ad affrontare questo tipo di criticità.
Sì: noi molto spesso siamo un trait d’union tra l’allevatore e il decisore politico, in mezzo ci mettiamo la nostra conoscenza scientifica, perché noi abbiamo contezza delle criticità per il mondo allevatoriale produttivo. E anche altri anelli della filiera, come il mondo della produzione degli alimenti o della trasformazione, hanno le stesse criticità. Poi, nel caso di problematiche attuative noi possiamo anche farci portavoce di possibili soluzioni, se sostenibili scientificamente: nulla è immodificabile. Però quello che bisogna far pensare è che non possiamo stare fermi ad aspettare magari solo perché si è sempre fatto così.
Comunque l’attuazione del benessere animale è una importante richiesta del consumatore.
Da cosa nasce l’Sqnba? Nasce dalla volontà di rispondere a un’esigenza di valutazione del benessere animale in maniera oggettiva, quindi certificabile, per dare al cittadino un riscontro ad alcune sue esigenze. E questa sua sensibilità noi non possiamo frenarla. I dati di Eurobarometro per esempio dicono che l’84% dei cittadini europei vorrebbe che il benessere animale per gli animali da reddito venga tutelato meglio; e il 60% dichiara di essere disposto a pagare di più gli alimenti se gli animali sono allevati meglio.
Quindi quella del benessere animale resta un’esigenza sociale.
Un’esigenza in risposta alla quale il ministero dell’Agricoltura, sfruttando un sistema di misurazione oggettivo quale quello di Classyfarm, ha deciso di intraprendere un percorso. Questo percorso ha riunito al tavolo diversi esperti, quelli del Comitato tecnico scientifico, che hanno fissato delle regole. Quelle regole poi si sono tradotte in linee disciplinari che gli enti di certificazione devono seguire per certificare bene. Come tutte le cose, quando cominci a tagliare l’erba devi cominciare dall’alto, devi cominciare tagliandola alta, perché
se la tagli subito bassa non ci riesci.
Forse è in quest’ambito che possiamo trovare qualcosa da aggiustare.
Probabilmente quello è un po’ il problema, il fatto di essere partiti subito con un sistema
da certificare, da portare avanti. E lì si sono innescati tutti i vari conflitti delle filiere
italiane, che a differenza di altre filiere nazionali ed estere vedono una profonda divisione tra il commercio, la trasformazione e la produzione, con degli interessi che non vengono distribuiti in maniera omogenea sulla catena.
Ma in sintesi come possiamo interpretare il sistema Sqnba?
Si tratta di un sistema volontario, e questo è assolutamente lineare, perché tanti ancora non hanno capito che Sqnba  non è un sistema obbligatorio, tu ti puoi certificare come puoi non farlo.
Però la grande distribuzione lo chiede.
Sì, lo richiede. E questo significa certificarsi su un sistema che inesorabilmente ha previsto elevati standard di benessere, perché non si potevano certificare situazioni di qualunque tipo. Bisogna andare a certificare su parametri di eccellenza, quindi non raggiungibili da tutti, in maniera immediata. L’Sqnba intende elevare il livello di benessere, come la società sta chiedendo. In quest’ambito l’allevatore ha dei costi diretti, perché deve adeguare
probabilmente anche delle strutture, e dei costi indiretti, legati ai costi di certificazione; e  sarebbe opportuno che la grande distribuzione sostenesse in parte questi costi tramite il proprio riconoscimento economico. In ogni caso obiettivo della filiera resterebbe quello di ottenere un plus valore, perché il prodotto certificato dovrebbe avere un plus valore.
A questo proposito, il 17 novembre è uscita una lettera del Masaf che affermava
che se c’è un plus valore questo deve per legge venire distribuito lungo la filiera, altrimenti abbiamo degli illeciti. La lettera era firmata da Felice Assenza, capo dipartimento dell’Icqrf, Ispettorato centrale tutela qualità e repressione frodi (lettera consultabile sul sito di IZ utilizzando il qr-code impaginato qui accanto).
Sì, quindi le regole ci sono, probabilmente ci vuole più tempo per entrare in maniera corretta nell’applicazione di queste regole. Questo è forse il segnale che bisogna dare, che
l’Sqnba è corretto e quindi anche efficace, che coglie risultati. Realizzare il benessere
animale non significa adempiere a dei requisiti burocratici, per le checklist, per l’Sqnba, ma significa mettere gli animali al centro, metterli nelle migliori condizioni di vita; e questo provoca un miglioramento della produttività, una diminuzione delle malattie, una diminuzione dei costi.
Dunque il benessere si ripaga da solo.
Sì, se si entra nel concetto che serve per far stare meglio animali zootecnici che poi di conseguenza producono meglio. Fra l’altro questo non solo lo vuole il cittadino consumatore, ma lo vuole anche chi si preoccupa di prevenzione, perché se un animale sta bene e non si ammala non ha malattie, non ne diffonde, non viene curato, non usa antibiotici, non contribuisce al fenomeno dell’antimicrobico resistenza.


L’Istituto è impegnato nella creazione di "valore pubblico"
un orientamento perseguito nell'ottica One healt

Qualche settimana fa a Brescia si è tenuto un incontro particolarmente incisivo dal momento che ha permesso un confronto diretto fra i dirigenti Izsler, gli assessori Salute di entrambe le Regioni e i direttori sia della Prevenzione medica sia di quella Veterinaria del ministero della Salute.

In questa occasione Giorgio Varisco ha sottolineato: “L’istituto zooprofilattico è impegnato nella creazione di Valore pubblico, per la Sanità pubblica, in ottica One health”. Dove l’uso ripetuto dell’aggettivo pubblico è intenzionale e significativo.
Infatti, ha spiegato Varisco, “creare Valore pubblico per Izsler significa porre in essere azioni capaci di impattare positivamente sul livello di benessere economico, sociale, ambientale, sanitario e culturale della collettività di riferimento, contribuendo al raggiungimento degli obiettivi di Salute pubblica nei propri ambiti di intervento attuando l’approccio One health, grazie alla stretta e continua sinergia con gli stakeholder del territorio”.

Varisco ha aggiunto che l’orientamento dell’Izsler verso la creazione di Valore pubblico viene perseguito lungo tre grandi filoni:
- Servizi sanitari: in quest’ambito Valore pubblico significa ampliare l’offerta di servizi erogati dall’istituto dotandosi di nuove competenze, nuovi strumenti e nuove metodologie.
- Ricerca: Valore pubblico vuol dire anche aumentare – attraverso nuove competenze e risorse – l’attività finalizzata a promuovere nuove conoscenze scientifiche per affrontare le nuove sfide.
- Formazione: promuovendo un costante sviluppo di competenze specialistiche-tecniche per formare gli operatori della salute.
All’incontro di Brescia ha partecipato anche Loris Alborali, direttore sanitario dell’Izsler. Il quale ha delineato i possibili sviluppi delle attività dell’Istituto nel prossimo triennio nei vari ambiti di intervento: sanità animale, benessere animale, sicurezza alimentare, monitoraggio dell’ambiente per la tutela della salute, ricerca, formazione. Sempre allo scopo di creare Valore pubblico in ottica One health.
Per la sanità animale:
- estensione di metodi diagnostici per le malattie trasmesse da vettori;
- estensione di metodi diagnostici alle matrici ambientali;
- definire il ruolo dei vettori (es. zecche e zanzare) nella trasmissione delle malattie;
- metodi di diagnosi rapida on site, anche di tipo molecolare;
- sequenziamento genetico di nuova generazione (Ngs) in ambito di epidemiologia genomica delle infezioni virali e batteriche;
- vaccini stabulogeni per riduzione dell’uso degli antibiotici in zootecnia.
Per il benessere animale:
- definire metodi di valutazione del benessere animale anche per specie minori;
- creare banche dati specifiche per stakeholders istituzionali e privati;
- allineare i sistemi di valutazione del benessere animale con quelli esistenti in Ue;
- definire la correlazione tra benessere animale, sanità, consumo di antibiotici e ambiente;
- definire sistemi di valutazione della biosicurezza degli allevamenti suini;
- usare la Ai per il miglioramento dei sistemi predittivi.
Per la sicurezza alimentare:
- sviluppo e accreditamento di metodiche nel settore dei pesticidi, contaminanti ambientali, micotossine, Tvn (azoto totale volatile), residui di farmaci additivi, aromi alimentari, allergeni;
- estensione delle analisi di screening in spettrometria di massa con sviluppo di metodiche multi-classe ad ampio spettro;
- applicazione della spettrometria di massa per la determinazione quali-quantitativa dei residui di antibiotici nel latte;
- estensione dell’utilizzo dei metodi Ngs in ambito di epidemiologia genomica;
- acquisizione attività ufficiali del Centro ricerche marine di Cesenatico in ambito di biotossine algali.
Per il monitoraggio dell’ambiente:
- sviluppo e accreditamento di metodiche della prevenzione dei rischi ambientali per la salute;- Ngs in ambito di epidemiologia genomica per il monitoraggio ambientale
per la tutela della salute pubblica;
- monitoraggio di specie di artropodi esotiche ed invasive, potenziali vettori
di malattie infettive;
- sviluppo di attività di monitoraggio sui rischi per la salute di origine
ambientale.
Per la ricerca:
- bandi competitivi a livello nazionale ed internazionale;
- qualità della ricerca e pubblicazioni scientifiche;
- disseminazione dei risultati della ricerca;
- aumento dei rapporti internazionali attraverso progetti di short term missions
e staff exchange;
- consolidamento e pianificazione di percorsi dottorali riservati ai dipendenti
o cofinanziati.
Per la formazione, corsi di formazione ed eventi su temi come questi:
- malattie di interesse globale quali influenza, Psa e malattie da vettori;
- argomenti di One health e Classyfarm;
- formazione One health in materia di antimicrobico resistenza (Amr) e di
utilizzo di antibiotici/antimicrobici (Amu);
- argomenti di One health per la crescita del laboratorio Smel (sanità e medicina
veterinaria, equiparata al laboratorio).

Varisco: rapporto molto stretto fra Zooprofilattico e allevatore - Ultima modifica: 2025-12-10T11:40:36+01:00 da Giorgio Setti

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