Dal 1° gennaio 2028 sarà vietato l’utilizzo dell’urea in tutto il bacino padano. È quanto prevede la bozza di un decreto ministeriale che regolamenta l’utilizzo dell’urea dopo che la novità era stata annunciata nel “Piano nazionale per il miglioramento della qualità dell’aria” presentato pochi mesi fa.
Lo stop all'uso dell'Urea impatterà, in particolare sulle regioni Piemonte, Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna che non potranno più contare sul fertilizzante azotato più diffuso nel settore agricolo.
A lanciare l’allarme il presidente di Confagricoltura Mantova, Alberto Cortesi: «La competitività delle nostre aziende è a forte rischio – spiega – e quel che è peggio è che le alternative proposte presentano numerose criticità, legate ai costi, all’efficacia in campo e alla disponibilità. Grazie al lavoro sindacale della nostra organizzazione, unica finora ad esprimersi sul tema, abbiamo già ottenuto il rinvio al 2028. Non ci fermeremo certo qui, la battaglia continua».
Principi attivi sostitutivi a costi maggiori
La bozza di decreto ministeriale, infatti, propone principi attivi sostitutivi, quali l’urea con inibitori, i fertilizzanti a lento rilascio o i prodotti organici, ma le perplessità sono notevoli: «Dal punto di vista economico – prosegue Cortesi – l’urea è il fertilizzante più utilizzato proprio per il suo ottimo rapporto costo-efficacia. Le alternative abbozzate potrebbero invece comportare un aumento dei costi di produzione, che non tutte le aziende saranno in grado di sostenere».
Si parla anche dell’utilizzo del digestato, dimenticando però che «questo richiederebbe investimenti in macchinari e formazione, ma nella bozza non sono presenti piani di accompagnamento tecnico».
Altro punto critico è quello legato alla disponibilità e all’efficacia delle alternative proposte: «Non tutte le soluzioni – aggiunge Cortesi – sono facilmente reperibili sul mercato e la loro applicazione in campo non garantirebbe gli stessi risultati dell’urea, soprattutto per colture come riso e mais, ad alto fabbisogno di azoto».
Squilibrio tra le zone del bacino padano e il resto del Paese
In ultimo, non certo per importanza, il forte squilibrio che si verrebbe a creare tra le regioni padane, dove l’urea sarebbe vietata, e il resto del Paese e della Ue: «A conti fatti, ad essere penalizzate maggiormente sarebbero le aziende agricole con maggiore produttività, la cui competitività, lo ribadisco, verrebbe messa a durissima prova. Il tutto per un adempimento che, se confermato, non darebbe peraltro garanzie in termini di riduzione delle emissioni».
Le richieste di Confagricoltura
Confagricoltura chiede un periodo transitorio più lungo, per dare alle aziende più tempo per adattarsi e la possibilità di inserire (in alternativa al divieto) l’obbligo di interramento dell’urea. E poi incentivi immediati e mirati, un piano di formazione e assistenza tecnica, una clausola di revisione biennale delle misure adottate. Sempre l’organizzazione agricola sollecita un tavolo tecnico permanente, maggiore chiarezza sulle zone soggette al divieto e un sostegno alla ricerca e sviluppo in questo ambito.










