Il mercato del latte è in altalena in Europa. Una domanda di prodotti tutto sommato debole e un incremento delle produzioni dei principali paesi esportatori a livello mondiale (+2,2% su base tendenziale il trend delle consegne di latte tra gennaio e aprile di quest’anno per Argentina, Australia, Bielorussia, Cile, Nuova Zelanda, Turchia, Ucraina, Ue-28, Usa, e Uruguay) sta comprimendo il prezzo latte a livello internazionale.
Ed è in crescita del 2% la produzione dei tre principali paesi importatori di latte (Giappone, Messico e Russia), che se non desta preoccupazioni in chiave di opportunità commerciali, fa riflettere sulle politiche agricole adottate dalle tre economie, situate in altrettanti continenti.
Produzioni Ue in aumento
Tra gennaio e marzo, secondo il Clal, l’Unione europea ha prodotto il 2,3% in più di latte rispetto al primo trimestre dello scorso anno.
L’Italia è cresciuta del 3,9%, la Germania del 3,4%, la Francia del 2,4% e l’Irlanda del 2,5 per cento. L’Olanda, invece, è riuscita a contenere la produzione, diminuendola dell’1,2% rispetto allo stesso periodo del 2017, sempre in virtù del combinato disposto della direttiva nitrati e del vincolo dei fosfati.
La tendenza nel mese di marzo, comunque, è quella di un rallentamento nelle consegne.
Prezzo del latte in Italia
Sempre secondo il Clal, in Italia il prezzo del latte, dopo aver toccato il picco negativo dell’anno proprio nel mese di marzo, ha iniziato una timida risalita.
Grazie a quest’ultima, nella seconda metà di maggio i mercati di Lodi e Verona per il latte spot hanno raggiunto rispettivamente i 33 euro e i 31,50 euro al quintale, segnando un aumento del 5,6% e del 2,44%.
Usa in lieve ripresa
Anche Negli Stati Uniti si sta registrando una leggera ripresa dei prezzi, sostenuta da un incremento delle esportazioni che nel primo trimestre dell’anno è stato del 16,5% in quantità e del 3,9% a valore. Anche oltre oceano le imprese invitano i produttori a tenere il freno tirato, per riportare in equilibrio l’offerta.
La stessa cooperativa danese Arla Foods, una delle realtà più grandi al mondo con 12.500 allevatori soci, ha annunciato ad alcune stalle conferenti nella sede americana in Wisconsin che non avrebbe più ritirato il latte a partire dal 1° luglio.
Migliora il Grana Padano
Il Grana Padano ha finalmente imboccato la strada della ripresa, forte di una crescita dell’export che per i primi due mesi dell’anno è stata del 14,17%, con un buon andamento dei consumi in Italia e all’estero e un calo delle scorte di marchiato.
Anche il Parmigiano Reggiano – seppure penalizzato nei consumi interni ad aprile (-5,2%, fonte: Clal) da prezzi al consumo corrispondenti al prestigio del formaggio – si sta mantenendo su livelli di mercato positivi, ancorché stabili.
Costi di produzione in stalla in aumento
Secondo il sito Teseo by Clal, il costo dell’alimento simulato è cresciuto nel mese di aprile rispetto al mese precedente del 3,7%, con un trend progressivamente in crescita dallo scorso settembre.
Anche il costo del fieno è ai livelli più alti degli ultimi anni e di certo il maltempo che ha caratterizzato la seconda metà di aprile e buona parte di maggio aiuta a contenere i prezzi.
Il prezzo del petrolio: minacce e opportunità
Anche la crescita del petrolio, dovuta alle tensioni tra Stati Uniti e Iran e a una situazione geopolitica in evoluzione rapida in questa fase, potrebbe innescare – come sempre – il rally delle commodity, portando in alto le mercuriali di mais, cereali, ma anche latte e polveri di latte, con queste ultime che potrebbero però rimanere zavorrate da magazzini abbondanti.
Tuttavia, un maggiore potere di acquisto delle economia che si reggono sul petrolio, favorirebbe le importazioni di beni di qualsiasi natura, compresi i prodotti agroalimentari e lattiero caseari. L’Europa e anche altri paesi potrebbero trarne beneficio.