La Commissione europea risponde ai dazi Usa (vedi qui) con l'introduzione di “controdazi” progressivi verso gli Stati Uniti per un valore totale di oltre 22 miliardi di euro, ma si attende l'avvio di una trattativa con l'amministrazione americana per fare un passo avanti.
Gli Stati membri hanno votato a favore della proposta della Commissione europea di introdurre contromisure in risposta ai dazi su acciaio e alluminio imposti dagli Stati Uniti sui prodotti europei. La Commissione in una nota spiega che «l’Ue ritiene che i dazi statunitensi siano ingiustificati e dannosi, in quanto causano danni economici a entrambe le parti e all'economia globale» e ribadisce «preferire chiaramente la ricerca di soluzioni negoziate con gli Stati Uniti, che siano equilibrate e reciprocamente vantaggiose». Precisa anche che «le contromisure potranno essere sospese in qualsiasi momento, qualora gli Stati Uniti accettino un risultato negoziale equo ed equilibrato».
La Commissione procederà, dal 15 aprile in poi, all’introduzione di una tariffa del 25% su una lista che include diversi prodotti agroalimentari importati dagli Usa. Entro il 1° dicembre Bruxelles introdurrà ulteriori “controdazi” su una serie di prodotti contenuti in una lista oggetto di consultazione pubblica lo scorso marzo, dalla quale sono stati esclusi vino e altre bevande alcoliche, nonché prodotti lattiero-caseari.
"Controdazi" anche per pollame, carne di manzo e semi di soia
I prodotti sono stati divisi in quattro liste (quattro Annex). La prima coincide con la lista del 2018 e include riso, cereali, frutta, succhi di frutta, tabacco, sigari, olii, carta, tessuti, abbigliamento, calzature, ceramiche, vetro, materassi, materiali di arredo, natanti per la pesca. Su questi prodotti i dazi saranno raccolti dal 15 aprile.
Le tariffe doganali sulle categorie merceologiche incluse negli Annex II (tubi in ferro o acciaio, prodotti in alluminio, coltelleria, posate, accessori metallici) e III (pollame, carne di manzo, uova, miele, frutta, caffè, tè, pepe, cannella, chiodi di garofano, noce moscata, frumento, segale, orzo, colza, olio di palma e di arachidi, zucchero, gelati) troveranno applicazione dal 16 maggio.
Infine l’Annex IV, che comprende noci, mandorle e semi di soia, sarà applicabile dal primo dicembre, differendo ulteriormente l’entrata in vigore per non compromettere il raccolto di questi prodotti sensibili, dare il tempo agli agricoltori europei di individuare nuovi fornitori (il Brasile è stato individuato come un’alternativa) e dare un altro segnale di apertura al negoziato con Washington.
La strategia della Commissione è colpire i prodotti situati in Stati politicamente sensibili (a maggioranza repubblicana), senza danneggiare l’interesse europeo: la soia della Louisiana, la carne bovina e il pollame del Nebraska e del Kansas, i prodotti in legno della Georgia, Virginia e Alabama. Si tratta di beni per i quali l’Ue ritiene di avere alternative.
Necessaria l'apertura di un negoziato con gli Usa
«Stiamo affrontando un problema che è europeo e servono diplomazia e risorse europee. Qualsiasi risorsa sarà messa disposizione a livello nazionale per contrastare questo delicato momento – ha spiegato il presidente di Coldiretti, Ettore Prandini, che ha incontrato la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, per un confronto sui dazi Usa, assieme alle altre origanizzaioni agricole e di categoria – dovrà essere distribuita in base alla percentuale di export per settore e quindi all'agroalimentare chiediamo venga destinato almeno il 13% circa».
Prandini ha chiesto anche di potenziare i fondi per l’internazionalizzazione e la valorizzazione dei prodotti autentici contro l’Italian sounding e quella di sostenere accordi commerciali internazionali con reciprocità, per contrastare la concorrenza sleale e altre possibili soluzioni concrete.
Per Confagricoltura l'introduzione dei "controdazi" rappresenta «un primo passo avanti» e resta prioritario minimizzare l’impatto sul settore agricolo in relazione ai prodotti mangimistici importati dagli Usa (come soia e granturco).
«Serve aprire immediatamente un negoziato costruttivo con l’amministrazione americana, dimostrarsi disponibili – ha detto il presidente di Assolatte, Paolo Zanetti – a fare le necessarie concessioni utili a ottenere l’azzeramento, o, almeno, la drastica riduzione dei dazi negli scambi tra un Unione Europea e Stati Uniti».
Zanetti ha sottolineato come i nuovi dazi, infatti, colpiscano duramente il settore lattiero caseario con un effetto nefasto sui bilanci delle aziende del sistema latte Italia.
Gli Stati Uniti, secondo i dati di Assolatte, rappresentano la prima destinazione extra europea per i formaggi italiani tradizionali. Nel 2024, le esportazioni in Usa hanno superato le 40mila tonnellate di prodotti, per un controvalore di 500 milioni di euro, con una crescita del 10% rispetto al 2023. Un primato costruito con molti investimenti e grande fatica.
«Tre quarti dell’avanzo commerciale del nostro settore è garantito proprio dall’export verso gli Stati Uniti, non c’è quindi un minuto da perdere – ha commentato Zanetti –. Non è il momento di alzare barricate e siamo sicuri che la presidente Meloni saprà farsi portavoce anche dei nostri timori durante i determinanti incontri che la aspettano nei prossimi giorni».
La richiesta di un Fondo comune "azzeradazi"
Anche secondo la Cia che ha incontrato a Palazzo Chigi, la premier Meloni, occorrerà ricorrere alla via della diplomazia «con una sola voce in Europa per scongiurare una guerra commerciale, ma sarà necessario anche eliminare gli ostacoli burocratici e amministrativi, esplorare e consolidare nuovi mercati oltreoceano. L’organizzazione agricola chiede anche di introdurre un fondo comune “azzera dazi” per interventi di compensazione economica e produttiva.
«Serve un’azione diplomatica forte e unitaria dell’Europa per trovare - ha detto il presidente della Cia, Cristiano Fini - una soluzione e non compromettere i traguardi raggiunti finora». Il Fondo europeo “azzera dazi” dovrebbe inoltre essere utilizzato per azioni di compensazione. “anche in deroga alle regole Ue sugli aiuti di Stato, che potrebbero concretizzarsi in primis sotto forma di indennizzi per le perdite subite dagli agricoltori».
Impatto forte dei dazi Usa sui prodotti premium
Il direttore generale del Consorzio del Grana Padano, Stefano Berni, ha voluto confermare l’impatto forte che avranno i dazi su prodotti premium come il Grana Padano o il Parmigiano Reggiano.
«Sta girando una tesi bizzarra che noi prodotti “premium” (Parmigiano Reggiano e Grana Padano) non avremmo impatti troppo negativi dai dazi così come decisi da Trump. Questo, almeno per il Grana Padano, non è vero perché una fetta importante è venduta nel food service che risente molto di più rispetto alla famiglia medio alta spendente americana di rincari significativi dei prezzi dei prodotti inseriti nel loro paniere. Inoltre, essendo un prodotto molto stagionato l’invenduto pesa sui magazzini penalizzando quindi il 100% del prodotto immagazzinato».
«Noi del Grana Padano ne abbiamo avuto inconfutabile prova quando – ha aggiunto Berni –nel 2014 l’embargo russo post invasione in Crimea bloccò completamente le oltre 40.000 forme annuali che si stavano vendendo in Russia. Il danno allora venne quantificato a posteriori in quasi 100 milioni di euro di cui 15 milioni circa per l’invenduto ma gli altri 70/80 per l’abbassamento delle quotazioni di mercato di tutto il formaggio».
Perdite dirette per circa 25 milioni di euro per il Grana Padano
«Potremmo perdere – ha fatto sapere Berni – a causa di questi dazi 35-40mila forme in Usa con un danno diretto per l’invenduto di circa 25 milioni di euro ma con un più rilevante danno indotto sul magazzino in cui attualmente vi sono circa 6 milioni di forme per un valore medio di circa 2,3 miliardi di euro. Per cui sarebbe sufficiente che il formaggio perdesse appena un 3% del suo valore (solo circa 30 cent al kg) per arrivare ad un danno indotto di 75 milioni di euro. Si stima quindi che questi dazi aggiuntivi del 20% potranno gravare sul sistema Grana Padano per circa 100 milioni di euro nei suoi primi 12 mesi di applicazione. Ovviamente se non si trattasse di prodotto a lunga stagionatura il danno indotto sarebbe assai più lieve».