Coronavirus, la strategia del Parmigiano Reggiano per salvaguardare la filiera e proteggere i lavoratori

Il consorzio mette a disposizione una banca dati di casari in pensione ed ex addetti alla produzione che possono essere richiamati dai caseifici in difficoltà. Al Mipaaf si chiede una deroga al disciplinare per salvaguardare la produzione. Bertinelli: “Ci sono oltre 50 mila persone impegnate nella filiera e ovviamente la loro salute è la nostra priorità assoluta”

 

In un momento di grave emergenza sanitaria il Consorzio del Parmigiano Reggiano vuole rassicurare i consumatori sulla salubrità della Dop e sul fatto che, come ribadito dall'Efsa, attualmente non ci sono prove che il cibo sia fonte o via di trasmissione probabile del virus. Il presidente del Consorzio, Nicola Bertinelli, ha dichiarato al riguardo: “È inaccettabile che paesi dell’Unione Europea, come anche paesi fuori dall’Unione, utilizzino questa crisi sanitaria per arrogarsi il vantaggio competitivo. È un fatto aberrante dal punto di vista etico e dal punto di vista legale è concorrenza sleale”.
I mercati esteri sono di primaria importanza per il Parmigiano Reggiano. Il giro d’affari al consumo della Dop si attesta infatti a 2,4 miliardi di euro e viene realizzato per il 60% sul mercato italiano e per il 40% su quelli esteri: Francia e Stati Uniti in testa, seguiti da Germania, Regno Unito e Canada.

“Impensabile sperare di restare immuni”

Il Parmigiano Reggiano è prodotto oggi come mille anni fa, ha affermato Bertinelli, “solo con latte, sale e caglio e senza l’uso di additivi e conservanti. La produzione è regolata da un rigido disciplinare che non consente ai produttori di pastorizzare, centrifugare o refrigerare il latte. Per questi motivi il Parmigiano Reggiano deve essere prodotto ogni singolo giorno dell’anno. Fermare la produzione avrebbe conseguenze disastrose per la nostra filiera”.
“Allo stesso tempo – ha sottolineato il presidente del consorzio - la quasi totalità dei nostri 330 caseifici si trova in province fortemente colpite da Covid-19 come Reggio Emilia, Parma, Modena, Mantova e quindi è impensabile sperare di restare immuni”.
Per far fronte alla potenziale carenza di organico dovuta ai contagi, il Consorzio ha creato una rete di coordinamento per mettere a disposizione delle aziende una banca dati di casari in pensione ed ex addetti alla produzione che possono essere richiamati dai caseifici in difficoltà.
“Dal punto vista operativo – ha aggiunto Bertinelli - non abbiamo problemi perché il trasporto del latte dalle stalle ai caseifici è consentito così come la produzione del formaggio che è considerata ‘comprovata necessità lavorativa’ dal Dpcm del 9 marzo”.

“Chiediamo una deroga al disciplinare”

Una potenziale criticità riguarderebbe però la disponibilità di organico, motivo per cui Bertinelli si appella al Governo italiano e all’Unione europea: “Chiediamo al ministero delle Politiche agricole e alla Ue una deroga al disciplinare, come previsto da legge 1151/2012 che regola le Dop in caso di emergenze sanitarie, per consentire maggiore flessibilità ai tempi e vincoli di lavorazione al fine di evitare la chiusura di caseifici e allevamenti”.
Sono 2.820 i produttori che conferiscono il latte ai caseifici del Parmigiano Reggiano e che sia i primi che i secondi devono essere situati all’interno della Zona d’origine. Nel 2018 la produzione di Parmigiano Reggiano ha impiegato 1,92 milioni di tonnellate di latte pari al 15,9% dell’intera produzione italiana.
Il Parmigiano Reggiano, ha concluso Bertinelli, “è la prima Dop per valore alla produzione con 1,4 miliardi di euro. Ci sono oltre 5 mila persone impegnate nella filiera e ovviamente la loro salute è la nostra priorità assoluta. Tutti i caseifici hanno adottato le misure del Governo per limitare il contagio, a partire dalla distanza di sicurezza di un metro tra una persona e l’altra”.

 

Coronavirus, la strategia del Parmigiano Reggiano per salvaguardare la filiera e proteggere i lavoratori - Ultima modifica: 2020-03-11T15:48:45+01:00 da Giorgio Setti

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