«In Italia emerge una netta concentrazione territoriale della produzione a livello di cinque province: Brescia, Cremona e Mantova in Lombardia, Parma in Emilia-Romagna e Cuneo in Piemonte producono, ciascuna, tra il 5% e il 12% della produzione nazionale; nel complesso sono passate in un decennio dal 38,6% della produzione commercializzata (campagna lattiera 2011-12) al 42,2% (campagna 2021-22). Una concentrazione avvenuta nel contesto di una crescita produttiva globale».
È quanto si legge nel “Rapporto Latte” di recente pubblicazione a cura di Daniele Rama, ordinario di Economia agro-alimentare all’Università Cattolica di Cremona e direttore dell’Ompz (Osservatorio sul mercato dei prodotti zootecnici), nonché della Smea (Alta scuola di management ed economia agroalimentare ).
«Nello stesso periodo – ha proseguito Rama – la produzione nazionale commercializzata è cresciuta del 22% arrivando a 13.737.000 tonnellate. L’aumento della produzione nazionale è stato possibile grazie a una decisa crescita dell’export e a una riduzione dell’import: tra il 2012 e il 2022 il saldo negativo degli scambi è calato da 5.627.000 a 2.157.000 tonnellate in equivalente latte (-62%), mentre, in termini di valore, il trend si è invertito, passando da -1.262 a +28 milioni di euro».
Il cambiamento degli acquisti durante e dopo la pandemia
Le analisi del “Rapporto latte”, focalizzate in particolare sul 2022, sono partite dagli allevamenti e, coprendo tutte le fasi successive della filiera, quindi trasformazione, distribuzione, consumi e import-export, si sono estese fino ai consumi.
Andando nel dettaglio dell’indagine durante la pandemia di Covid-19 le abitudini di acquisto delle famiglie erano state completamente stravolte: le forti limitazioni agli spostamenti sul territorio e la parziale chiusura dei punti di ristoro avevano ridotto le opportunità di consumo fuori casa e, di conseguenza, avevano fatto crescere in modo importante gli acquisti di lattiero-caseari presso la Gdo, in particolare per i prodotti a lunga conservazione e gli ingredienti base per la preparazione di dolci e di altri alimenti di produzione domestica.
Erano state, inoltre, penalizzate le vendite negli ipermercati poiché localizzati al di fuori dei centri cittadini. Il parziale ritorno delle abitudini d’acquisto pre-pandemia del 2022 è stato contrassegnato da una forte contrazione delle vendite degli ingredienti base e una ripresa degli acquisti presso gli ipermercati.
A questo si è aggiunto anche il forte aumento dei prezzi, con conseguente calo dei volumi venduti per i prodotti più costosi a vantaggio di altri, ad esempio i formaggi industriali.
Il latte alimentare nel 2022 in lieve calo i consumi
Nel 2022 la spesa delle famiglie italiane per latte e derivati ha evidenziato un aumento dell’8,7% su base annua per un valore pari a 13,5 miliardi di euro. Questo risultato, a differenza del periodo della pandemia da Covid-19, è dovuto esclusivamente all’aumento dei valori unitari del 12,6%, poiché i volumi si sono contratti del 2,5%. La spesa media annua di prodotti lattiero-caseari nel 2022 è cresciuta di 43 euro per famiglia, passando da 486,1 a 529,1 euro, di cui 25,1 euro solo per formaggi e latticini.
Scendendo nel dettaglio dei prodotti, per il latte Uht il trend negativo della spesa s’interrompe, mostrando una crescita del 14,3% in valore, a fronte di una riduzione del 2,9% in quantità; situazione analoga per il fresco.
Probabilmente a causa del carovita si è arrestata la crescita dei più costosi latti arricchiti e aromatizzati, che si è attestata a 7,2 litri per famiglia.
La penetrazione è arretrata leggermente per il comparto latte (-0,2%), con l’Uht passato dall’89,3% delle famiglie acquirenti sul totale Italia del 2021 all’89,0% del 2022. È calato dello 0,2% anche l’indice di penetrazione del fresco, dopo un calo del 2% nell’anno precedente.
Contemporaneamente la spesa per l’acquisto di yogurt è aumentata del 6,4% trainata dall’incremento dell’8,5% di quello della categoria naturale. Un progresso, complessivamente dovuto all’impennata dei prezzi (+9,2%), poiché le quantità acquistate sono diminuite. Sono crollate del 7,9% le vendite in volume dello yogurt da bere.
Cresciuta la consistenza media negli allevamenti
Da un punto di vista strutturale, il “Rapporto latte” esamina i dati Rica-Crea-Pb sugli allevamenti bovini da latte in Italia: la Sau media delle aziende supera i 51 ettari, per oltre la metà condotti in affitto; le unità lavorative sono 2,53, per quasi tre quarti composte da manodopera familiare. Le unità di bestiame (Uba) allevate sono risultate 144, per l’86% composte da bovini: questi ultimi sono pari, mediamente, a 155 capi, di cui 76 vacche in produzione, 62 capi da rimonta e 17 da ingrasso. Il latte mediamente prodotto per azienda ammonta a 538 tonnellate all’anno, corrispondenti a una resa di 7 tonnellate a vacca. Nel corso dell’ultimo triennio sono aumentate sia la consistenza media, sia la produzione di latte, mentre le rese appaiono stabili. L’ultimo dato da segnalare è la riduzione della quantità di lavoro necessaria per produrre una tonnellata di latte, passata da 10,6 a 10,3 ore nel corso del triennio.
Costi e ricavi delle stalle sono aumentati nel 2022
Tenere sotto controllo i dati economici in zootecnia è difficile a causa dalla disomogeneità strutturale tra aziende, come sottolinea il “Rapporto Latte”.
Nel 2022 il costo totale è stato di 61,55/100 kg, Iva compresa, in crescita sia sul 2021 (+17,2% pari a 9,03 euro), sia sul 2020, (+24%, pari a 11,92 euro). Rispetto al 2021 i costi espliciti sono aumentati del 20,6%, attestandosi a 52,14 euro, mentre i costi calcolati sono cresciuti solo dell’1,3%. Il valore medio del latte nel 2022 è stato di 63,48 euro/100 kg, in progresso del 19,8% sull’anno precedente.
L’entità media dei premi è in lieve calo e pari, nel 2022, a 3,70 euro/100 kg, di cui 2,62 derivano dal pagamento unico aziendale disaccoppiato e 0,70 euro/100 kg dai premi accoppiati zootecnici. I ricavi unitari sono globalmente incrementati rispetto al 2021 dell’8,5%, pari a 10,49 euro/100 kg.
In media a livello nazionale, tenendo conto dei premi, nel 2022 si è registrato un profitto di 5,63 euro/100 kg superiore agli anni precedenti. Il valore medio del 2022 appare, tuttavia, risultante da situazioni molto variegate e dal peso determinante delle grandi aziende: infatti, mentre il 72,5% del latte prodotto genera un utile, esso è stato ottenuto solo nel 38,2% degli allevamenti.
Nel 2022 la dinamica delle voci di costo si è presentata molto disomogenea, ma in crescita per tutte le diverse categorie. Secondo il Rapporto Latte il maggiore aumento ha riguardato gli oneri per gli alimenti acquistati, aumentati del 31,5%.
Più significativo l’aumento per i foraggi (+47,7%) che è stato minore per i mangimi (+29,2%); i costi di produzione degli alimenti aziendali sono, invece, aumentati del 19,3%, le spese varie di allevamento del 34,4%, le spese generali dell’1,4%, e quelle per l’uso dei terreni dell’1%.
Anche le quote di ammortamento sono incrementate globalmente dell’11,3% per un aumento maggiore dei fabbricati. Il costo del lavoro è, invece, salito globalmente del 2,3%: a fronte del 2% di crescita del costo del lavoro familiare, si è registrato un aumento del 3,2% per quello salariato; gli interessi calcolati sul capitale agrario sono scesi dello 0,1%, in relazione alla riduzione dei tassi d’interesse passivi.
Le imposte indirette (Iva) sono aumentate, in linea con l’incremento dei ricavi, nella misura del 20,2%, ma nell’ultimo triennio si posizionano a livelli molto bassi, grazie al mantenimento al 10% dell’aliquota di compensazione per il latte. Analizzando la distribuzione dei costi tra le diverse categorie nell’ultimo quadriennio, le voci più rilevanti appaiono, come sempre, i costi di alimentazione, passati dal 42,8% del 2019 al 51,1% nel 2022, e il costo del lavoro, la cui quota è scesa dal 21,4% del 2019 al 16,5% del 2022.
Allevamento bovino, redditività migliorata nel 2022
La redditività dell’allevamento bovino nel 2022 , secondo Il “Rapporto latte”, è migliorata rispetto all’anno precedente essenzialmente per un incremento dei ricavi superiore a quello dei costi.
Il reddito netto senza premi è cresciuto del 16,2%, passando da 9,76 a 11,34 euro/100 kg, mentre il reddito netto unitario effettivo (comprensivo dei premi) è aumentato dell’11,7%, da 13,46 a 15,04 euro/100 kg. Il reddito di lavoro familiare è passato da 16,48 a 19,03 euro/ora. L’incidenza dei premi sul reddito netto è passata dal 29,4% del 2020 al 27,5% nel 2021 e si attesta al 24,6% nel 2022, risultando quindi essenziale per garantire la redditività della produzione. Nel 2022 la redditività appare, quindi, in miglioramento.
Sono proseguite, tuttavia, le oscillazioni dei prezzi del latte e dei derivati, da un lato, e dei costi delle materie prime alimentari ed energetiche, dall’altro che producono continui mutamenti nella redditività e rendono necessari adattamenti di breve periodo. Sono le oscillazioni, però, che portano a rinviare gli investimenti e provocano la cessazione dell’attività delle aziende marginali.