Dieci nuovi impianti, da realizzare in tre anni, per la produzione di biometano agricolo, ottenuto esclusivamente da sottoprodotti della barbabietola da zucchero e della sua lavorazione (polpe, foglie e colletti), effluenti da allevamento e colture dedicate da biomassa.
È il progetto voluto dalla Cgbi - Confederazione dei bieticoltori, gruppo al vertice del comparto italiano dell’energia rinnovabile, con 23 impianti biogas realizzati e oltre 200 gestiti in service, e da Coprob - Italia Zuccheri, cooperativa che si caratterizza per la gestione completa dell’unica filiera dello zucchero italiano dal campo alla tavola, che prevede 70 milioni di euro di investimenti e una capacità produttiva annua di 20 milioni di metri cubi di biometano. Si entrerà nel vivo della produzione a breve quando verranno convertiti a biometano gli impianti esistenti di Coprob - Italia Zuccheri, che già producono biogas a Minerbio, Pontelongo e Finale Emilia (Mo).
Nasce così la prima filiera industriale interamente agro-energetica, nel territorio di confine tra Emilia-Romagna e Veneto dove si produce l’unico zucchero 100% made in Italy - 4.500 aziende bieticole associate, oltre 30mila ettari coltivati e due stabilimenti di trasformazione a Minerbio (Bo) e Pontelongo (Pd). L’obiettivo è coinvolgere aziende agricole e zootecniche, offrendo a queste ultime una nuova opportunità di valorizzazione dei reflui zootecnici.
La visione progettuale fonda le sue basi sulla costituzione di società consortili partecipate che vedono coinvolti più attori: le cooperative del gruppo Cgbi, Coprob - Italia Zuccheri e le aziende zootecniche circostanti, asset strategico dell’agricoltura veneta ed emiliano-romagnola.
Meno emissioni di CO2 più sostanza organica nel suolo
Dichiarano Gabriele Lanfredi e Claudio Gallerani, rispettivamente presidenti di Cgbi e Coprob: “Il biometano prodotto coprirà circa la metà dei consumi di metano fossile dell’industria saccarifera italiana, all’interno dei due zuccherifici di Minerbio e Pontelongo, pari a oltre 40 milioni di metri cubi all’anno, contribuendo così a ridurre le emissioni di CO2. È un progetto di ampio respiro che proietta ulteriormente la filiera bieticolo-saccarifera verso la green economy e l’economia circolare, in linea con i provvedimenti del Pnrr, creando al tempo stesso valore economico, sociale e ambientale, al fine di rendere sempre più sostenibile la produzione di zucchero, rilanciare la redditività e consolidare pratiche colturali avanzate, imprimere una svolta nella lotta ai gas serra e diminuire la dipendenza dalle importazioni di energia”.
Produrre biometano con sottoprodotti della filiera bieticolo-saccarifera, seminativi, reflui zootecnici e pollina, dunque. Ma non è il solo obiettivo di questo progetto agroenergetico.
“I vantaggi per le aziende aderenti sono molteplici”, assicurano i vertici della Confederazione dei bieticoltori - Cgbi. “L’agricoltore potrà impiegare il digestato derivante dagli impianti di biometano nella concimazione dei terreni, contrastando il caro-fertilizzanti: soluzione strategica che ha il duplice obiettivo di apportare al suolo una sostanza organica nobile, ad elevato potere fertilizzante, e di limitare l’impatto sull’ambiente e l’uso dei concimi chimici, ma che diventa ancora più preziosa se applicata in agricoltura biologica”.
Gli allevatori invece “risolveranno le annose problematiche inerenti alla gestione degli effluenti zootecnici (direttiva nitrati), risparmiando sullo smaltimento e sui costi delle coperture per le vasche di stoccaggio che risultano infatti a carico del progetto”.
Copertura delle vasche dei reflui zootecnici
Gabriele Lanfredi, presidente Cgbi, entra nel dettaglio dei “pro” e pone l’accento sulle opportunità da cogliere: «Il progetto prevede la copertura delle vasche di stoccaggio degli effluenti zootecnici, in questo modo saranno azzerate le emissioni in atmosfera di metano e ammoniaca. Inoltre il liquame diventerà una risorsa preziosa grazie alla sua valorizzazione a fini energetici, mentre il digestato ottenuto dal processo di produzione del biometano verrà poi distribuito alle aziende agricole aderenti».
Fondamentale sarà peraltro la consulenza tecnica offerta dal gruppo Cgbi in merito al corretto uso del digestato. «Il nostro gruppo – precisa il presidente Lanfredi – gestisce in service oltre 200 impianti biogas. Dunque saremo in grado di trasmettere a coloro che partecipano al nuovo progetto per la produzione di biometano le migliori tecniche di distribuzione e interramento del digestato. Lo spandimento sarà gestito da un sistema integrato georeferenziato che incrociando i dati del fascicolo aziendale garantirà la tracciabilità e la certificazione del processo”.
Lo step successivo, per ora in fieri, conclude il presidente Cgbi, “è l’integrazione delle analisi con sistema Nir nelle operazioni di raccolta dei seminativi. Un approccio tecnologicamente all’avanguardia in grado di garantire la certificazione di sostenibilità e conferire valore aggiunto alla produzione”.
Garagnani: così latte e derivati diventano prodotti sostenibili
«Il consumatore è attento alla sostenibilità e la ricerca nei prodotti alimentari che acquista, tanto da essere disposto a pagare anche un prezzo più alto e – ne è certo il vicepresidente Cgbi Guglielmo Garagnani – il latte e suoi derivati che possiedono la certificazione di sostenibilità ambientale saranno particolarmente apprezzati dal mercato».
Allo stesso modo, «investire nelle energie rinnovabili e nell’efficienza energetica è il miglior modo per toccare il traguardo ambientale: le aziende agricole e allevatoriali sono pronte alla sfida ed è giusto che sia riconosciuto loro un ruolo centrale nella transizione agroecologica, un ruolo prima di tutto sociale». Garagnani rimarca il reale contributo della zootecnia a favore dell’ambiente, che da un lato favorisce, con buone pratiche agronomiche, l’assorbimento di carbonio da parte del suolo e dall’altro, attraverso la riduzione dei mezzi tecnici, abbatte le emissioni in atmosfera».