Con Tiziano Fusar Poli (nella foto), presidente di Latteria Soresina, ci eravamo sentiti poco meno di un anno fa, in occasione dell’edizione 2021 del Dairy Summit. Sembra passato un secolo. Eravamo già nel pieno della pandemia. Momenti difficili, ma non immaginavamo che il peggio dovesse ancora arrivare: guerra, siccità, materie prime introvabili e costi di produzione alle stelle.
Presidente, come è cambiato il comparto lattiero caseario nei dodici mesi scorsi?
Da febbraio 2020, inizio ufficiale della pandemia Covid, viviamo una situazione straordinaria e senza precedenti, generata da una successione di eventi incontrollabili e devastanti che hanno cambiato e stanno cambiando irreversibilmente la vita di gran parte dei cittadini del mondo.
Gli effetti negativi che ne derivano sono rilevanti: i lutti e la sofferenza delle persone, lo stravolgimento dei mercati con le relative conseguenze che, come sempre, ricadono sulle persone più deboli e fragili. La successione di cui dicevo è terrificante: Covid, guerra e siccità per quella che mai come in questo caso si può definire “tempesta perfetta”.
E in questo contesto il mercato lattiero-caseario?
Questo mercato, fortunatamente, beneficia di una congiuntura positiva di quotazioni, generata, ancor prima che dall’aumento dei costi, da una riduzione delle produzioni di latte in Ue, che dal 2021 e a proseguire nel 2022, sta cambiando – credo strutturalmente – le dinamiche valoriali. Uno dei primi effetti, senza precedenti, è stato quello di vedere le quotazioni del latte spot tedesco stabilmente sopra quelle del nostrano. L’incremento spaventoso dei costi dei mezzi produttivi sta però neutralizzando purtroppo gli incrementi di valore del latte alla stalla. Vengono i brividi a pensare cosa sarebbe stato per gli allevatori se ci fossimo trovati in situazione di eccesso di offerta di latte sul mercato!
Cosa prevede per il prossimo futuro, diciamo nell’arco di un anno?
Le previsioni rispetto alla produzione di latte sono che, nel mondo, il 2022 si dovrebbe chiudere con un pareggio rispetto al 2021, ma con importanti cali in Ue e in Usa, compensati da crescite consistenti di India e Cina. Il consumo di formaggi è previsto in un progressivo trend di crescita, mentre il consumo di latte alimentare è previsto in incremento globalmente nel mercato mondiale, ma in continua contrazione in Europa. Questi trend continueranno nel 2023 e quindi le previsioni sono quelle di una tenuta delle quotazioni anche per il prossimo anno.
Negli ultimi mesi abbiamo assistito a nuovi assetti in alcuni dei principali player del comparto dairy.
Vero. Oltre agli accadimenti citati credo sia importante rilevare, come fatti fortemente condizionanti le geometrie e le dinamiche dei nostri mercati, alcune operazioni societarie tendenti alla concentrazione ed all’aumento dimensionale delle imprese. Mi riferisco in particolare alla adesione di Agriform al gruppo “Gsi-Parmareggio”, ma anche alla precedente acquisizione della “Nuova Castelli” da parte di Lactalis, per arrivare all’ultima recente di “Ambrosi ” da parte della stessa grande multinazionale francese. Sembra sempre più deciso ed evidente l’interesse strategico di Lactalis verso le due maggiori Dop italiane, Parmigiano Reggiano e Grana Padano.
Come possono essere letti questi fenomeni?
Come cooperatore plaudo all’operazione di Agriform, ma sono preoccupato per l’operazione che Lactalis ha legittimamente deciso di realizzare, poichè permette loro di essere ancor più rilevanti e condizionanti di quanto già sono, nel mercato italiano del latte e ora anche delle Dop più importanti.
Ricordo che per le imprese industriali il latte, ed eventualmente il Grana Padano e Parmigiano Reggiano in acquisto, rappresentano dei costi rilevanti (tutte le imprese tendono fisiologicamente a comprimere i costi); mentre per le imprese cooperative il prezzo del latte liquidato a fine anno è il risultato gestionale che risponde all’obiettivo di remunerare il più possibile il conferimento dei soci/allevatori e questa è una differenza sostanziale.
E quindi?
Auspico che questi accadimenti servano quantomeno a far sì che il mondo cooperativo assuma la consapevolezza che è necessario accelerare i processi di aggregazione, pensando anche a modelli innovativi, per migliorare il proprio livello competitivo, per poter essere più forti finanziariamente, per accelerare gli indispensabili processi di innovazione/digitalizzazione, per poter di conseguenza essere più efficaci nella penetrazione nei mercati del mondo. In modo da rispondere sempre meglio alla missione aziendale distintiva e peculiare delle cooperative, che è quella di pagare il latte ai soci conferenti il miglior prezzo possibile.
Alla luce di questa situazione, cosa sta avvenendo in Latteria Soresina?
Latteria Soresina sta portando avanti con grande energia il suo percorso verso un forte consolidamento patrimoniale, l’eccellenza operativa, il processo di transizione verso un unico ecosistema digitale dei propri stabilimenti e di gruppo, con grande focus ecologico su qualunque nostra attività.
La crescita dei nostri soci e di conseguenza quella di tutta la squadra, continua ad essere l’asse strategico centrale del nostro agire. In tutto questo risulta evidente come sia indispensabile che i nostri manager e le nostre persone tutte, assumano sempre più la capacità e la voglia di essere flessibili, di vivere il cambiamento e le competenze in continua evoluzione, come la nuova normalità, come sfide stimolanti della propria crescita personale, professionale ed aziendale e fonte di successo per sé stessi, per Latteria Soresina e i suoi soci e per la società civile di riferimento. Negli ultimi due anni, posso orgogliosamente dire che abbiamo assunto in Latteria più di ottanta giovani, rampanti e motivati a dare il proprio apporto e a imparare.
Dunque grande attenzione all’innovazione, alla sensibilità ambientale e alla valorizzazione delle risorse umane.
Certo. La formazione e l’informazione, insieme a modelli organizzativi e di lavoro per gruppi multifunzionali, la condivisione dei valori fondanti di base, che continuano ad essere il rispetto e l’amore per le persone, gli animali e la nostra amata terra, rappresentano insieme, gli strumenti ed il carburante, in grado di generare senso di appartenenza, motivazioni forti ed energia positiva, che sono sentimenti indispensabili al raggiungimento degli obiettivi.
Nella direzione della formazione e dell’informazione investiamo con grande piacere tempo e notevoli risorse. Il fuoco della cultura aziendale se non alimentato continuamente, fisiologicamente tende a spegnersi e questo impoverisce l’azienda fino a renderla inefficiente e sempre meno competitiva nel mercato. Il segnale che si è sulla strada giusta è il buon clima aziendale, la capacità di ritenzione delle persone e di attrazione dei talenti.
Come possono essere assorbiti i costi di produzione del latte alla stalla e anche quelli della trasformazione industriale?
L’aumento esponenziale dei costi alla stalla e alla trasformazione deve necessariamente spingere verso un prezzo del latte alla stalla adeguato, verso prezzi di trasferimento alla grande distribuzione coerenti agli incrementi ed infine devono arrivare necessariamente al consumatore finale, pena l’insostenibilità delle nostre fantastiche filiere, in grado di sfornare prodotti apprezzati ed imitati in tutto il mondo, trainate dalle due grandi Dop, Grana Padano e Parmigiano Reggiano.
Ma a fronte di questi aumenti i consumi reggeranno?
Il tema della tenuta dei consumi alimentari, per la diminuzione del potere d’acquisto dei cittadini-consumatori colpiti dall’inflazione, rappresenta certamente una importantissima variabile da tenere in considerazione e monitorare costantemente.
È necessario però, per non avere percezioni errate e far passare messaggi terrorizzanti, dimensionare e relativizzare questi incrementi. Gli aumenti già arrivati al mercato finale sono circa del 10% e quelli che dovrebbero arrivare a breve sono più o meno della stessa percentuale. Ebbene, la spesa alimentare di una famiglia media italiana, con un figlio, che si sostiene con due stipendi basici, vale circa il 16-17% delle entrate, cioè circa 420 euro.
Per rimanere al settore lattiero-caseario?
Sempre la nostra famiglia tipo spende per latte e formaggi circa 1,8 euro al giorno, cioè poco più di un caffè al bar. Aumentiamo questi prezzi del 20% e capiremo immediatamente che stiamo parlando di cifre modeste; a maggior ragione se le leghiamo al valore e all’importanza di nutrirsi con alimenti sani e genuini che sono alla base della buona salute. Intendo dire che va ridata importanza e maggior dignità e valore al buon cibo, stabilendo le giuste priorità nella valutazione dei criteri di spesa in famiglia.
In ogni caso la perdita di potere d’acquisto dei consumatori è un tema centrale, tutto politico per le sue ricadute sociali, che le classi dirigenti presenti e future del Paese devono velocemente risolvere. Il taglio dell’iva al consumo per i beni di prima necessità, il taglio parziale del cuneo fiscale a carico delle imprese, lasciandone il vantaggio derivato in tasca ai lavoratori, sono, ad esempio, due provvedimenti concreti e veloci da applicare che andrebbero decisi. Mi rendo conto anche però che il tema delle coperture, in un paese indebitato come il nostro, non debba essere sottovalutato. Ma ad ognuno il proprio ruolo….
Alta qualità e altissima qualità quindi per tutte le tasche?
Molti all’interno delle insegne distributive e non solo, sostengono questo. Bellissimo, sarebbe meraviglioso. Un giorno spero ci si arriverà, ma perché questo sia realizzato perché economicamente sostenibile, molta acqua dovrà passare sotto i ponti. Viviamo in una società fortunatamente democratica dove vige il libero mercato. Mi riferisco naturalmente a quella italiana ed occidentale in generale. Pur con molti difetti, abbiamo un livello di wellness molto elevato ed ancora grandi margini di miglioramento per arrivare ad una società ancora più giusta ed accogliente.
È una società stratificata in vari livelli che vive di conseguenza mercati segmentati, con prodotti che hanno scale di qualità e di performance estremamente differenti. Per quel che riguarda il cibo, tutti hanno il diritto assoluto di poter accedere quantomeno ad un cibo basico, che deve comunque avere come prerequisito indiscutibile la salubrità e la genuinità. L’alta qualità e l’altissima qualità hanno necessariamente costi superiori o molto superiori e presuppongono quindi possibilità/scelte di spesa adeguate, consapevoli e coerenti. Ricordo che senza sostenibilità economica non può esistere né quella sociale, né quella ambientale.
Si stanno affacciando sui mercati alimenti prodotti in laboratorio. È una minaccia reale quella del cibo sintetico?
La visione complottista è lontana anni luce dal mio modo di essere. Quello che sono in grado di leggere nelle dinamiche degli accadimenti a livello globale mi offre codici di interpretazione che voglio esplicitare.
La percezione che molti cittadini del mondo hanno è che l’agricoltura e l’allevamento rappresentino la causa principale delle emissioni di CO2 in atmosfera. La realtà è che il dato mondiale esprime un’incidenza per l’agricoltura e l’allevamento di un impatto che pesa per il 24% (fonte Fao), che però in Europa si abbassa al 10% ed in Italia al 7,5%. Nella realtà quindi, i numeri dicono qualcosa di molto diverso dal percepito ed obiettivamente l’unico settore che può raggiungere, anche a breve, la neutralità carbonica, anche considerando gli assorbimenti delle coltivazioni, è proprio quello agricolo-zootecnico.
Perché allora la percezione è così diversa dalla realtà?
Molto semplice: coloro che controllano l’informazione nel mondo sono gli stessi che stanno investendo miliardi nella sperimentazione/produzione di cibo sintetico in laboratorio. Questi magnati dell’informazione, dei social e dell’e-commerce, attraverso queste attività sono in grado di produrre, in poco tempo, immense quantità di capitali, in genere con margini unitari esegui, ma con leve numeriche di moltiplicazione enormi.
Ad oggi non sono riusciti ad entrare nel business dell’agro-alimentare. Perché? Il cibo naturale è deperibile e non ne puoi fare ciò che vuoi in nome del basso costo e del profitto. Come fare allora? “Semplice: facciamo un cibo sintetico e non deperibile e il gioco è fatto”. “E la salute delle persone?”. “A quella si vedrà dopo, sarà il tempo a dire se fa male”. Possiamo stare zitti di fronte a queste argomentazioni? Non credo proprio.