Il settore lattiero-caseario italiano continua a detenere il primato nell’alimentare italiano con più di 15 miliardi di euro di fatturato e a essere protagonista nell’export con oltre 330.000 tonnellate in volumi e 2,5 miliardi di euro in valore.
Lo ha ricordato il presidente di Assolatte Giuseppe Ambrosi (nella foto) durante la 70esima assemblea dell’associazione che si è tenuta nei giorni scorsi a Roma: «Anche durante la lunga crisi economica che ha colpito il Paese siamo riusciti a garantire livelli di occupazione sostanzialmente stabili – ha ricordato Ambrosi –, abbiamo continuato a ritirare tutto il latte italiano e non abbiamo mai abbassato la guardia, portando sulle tavole degli Italiani prodotti di qualità a prezzi convenienti». Assolatte, con più di 200 soci, rappresenta il 90% del fatturato del settore lattiero-caseario italiano.
Sul fronte dei consumi interni, il 2014 non è stato un anno facile. La crisi si è fatta sentire e sembra aver modificato stili di vita e modelli di consumo degli Italiani che, per timore del futuro, preferiscono risparmiare piuttosto che spendere. A ciò si aggiungono mode alimentari, che consigliano – con motivazioni che Assolatte considera “speciose e interessate” - di allontanarsi dai prodotti lattiero-caseari. Tanto che, nel giro di soli 4 anni, la spesa degli italiani per latte e formaggi è diminuita del 12%.
«Per continuare a crescere, creando posti di lavoro e ricchezza per il Paese, stiamo investendo nelle esportazioni, che oggi assorbono un terzo della nostra produzione casearia e generano un fatturato di 2,5 miliardi di euro – ha sottolineato Ambrosi -. Noi siamo pronti a moltiplicare i nostri sforzi per raggiungere i 3,5 miliardi entro il 2020, ma chiediamo che venga riconosciuto il nostro ruolo strategico all’interno della filiera e che i nostri partner lavorino al nostro fianco per evitare che gli spazi di mercato che stanno nascendo nel mondo vengano occupati da altri».
La domanda mondiale di prodotti lattiero-caseari è in crescita e, con la fine del regime delle quote latte, tanti Paesi europei sono pronti a spingere sul pedale dell’acceleratore, aumentando le proprie produzioni e occupando i mercati emergenti.
«Sarebbe un vero peccato non approfittare dell’attuale aumento della domanda mondiale di formaggi e di latticini di qualità – ha aggiunto Ambrosi –. Dobbiamo individuare i Paesi chiave, selezionare la gamma di prodotti che possiamo inviare, coordinare gli investimenti per la crescita e lavorare per far conoscere meglio le differenze tra il made in Italy e quello che made in Italy non è. E dobbiamo diventare un Paese moderno, con regole semplici e una nuova cultura di impresa. Gli slogan slow non si addicono alla velocità con cui tutto cambia – ha insistito Ambrosi –. Il nostro modello è vincente perché legato alle tradizioni, ai territori e a tanti prodotti di eccezionale qualità. Per vincere la sfida della concorrenza mondiale, e nessuno lo sa meglio di noi produttori che esportiamo in tutti i continenti, c’è bisogno di un cambio di passo e di istituzioni attive, efficienti, che si pongano realmente e fattivamente al fianco delle imprese per aiutarle a essere più competitive ed efficienti»
Export +3,3%
Sul fronte dell’export il 2014 è stato positivo: dall’Italia sono partite per l’estero oltre 330mila tonnellate di formaggi per un fatturato che ha sfondato il tetto dei 2,5 miliardi di euro, mettendo a segno una crescita del 3,3% a volume e del 5% a valore rispetto al 2013. In pratica, oggi quasi 1 formaggio su 3 prodotto in Italia viene venduto all’estero.
«Sono risultati significativi che confermano un trend di crescita in atto da anni, ma sono meno brillanti rispetto agli scorsi anni, nonostante gli sforzi dei nostri produttori, impegnati a consolidare i mercati storici e a creare nuovi sbocchi commerciali – ha dichiarato Adriano Hribal, consigliere delegato della presidenza di Assolatte –. D’altronde, puntare sull’export è una via obbligata per riuscire a collocare una produzione casearia tornata a crescere nel 2014 e per bilanciare, almeno in parte, le perdite registrate in Italia».
La maggior parte delle vendite di formaggi all’estero viene realizzata nei mercati storici e vicini: la Francia e la Germania si confermano, anno dopo anno, i nostri migliori clienti poiché assorbono, da sole, il 35% delle nostre esportazioni. Inoltre, in questi due Paesi la domanda di latticini italiani mostra ancora tassi di crescita: nel 2014 l’export caseario italiano ha segnato un +4,3% in Francia e in Germania un +6,5%.
Quanto ai mercati più lontani «partecipiamo ai tavoli di lavoro per gli accordi commerciali con i grandi Paesi del mondo – ha aggiunto Hribal –. Bisogna andare avanti e insistere nelle discussioni per chiudere accordi di libero scambio. La caduta delle barriere non tariffarie e la riduzione della burocrazia sono obiettivi fondamentali per far aumentare le nostre esportazioni, contrastando così il falso made in Italy che prolifera nel mondo».
Il 2015 si è aperto con buone notizie dal fronte export, con la forte crescita di Grana Padano e Parmigiano Reggiano (+10%), Gorgonzola (+12%), pecorino (+16%) e mozzarella (+8%).
Visualizza l'articolo intero pubblicato su Informatore Zootecnico n. 15/2015