“L’export di Grana Padano verso gli Stati Uniti ha avuto un’accelerazione enorme: +55% fra giugno e luglio rispetto ai due mesi precedenti, in quanto già allora si parlava di dazi. Non abbiamo ancora i dati di agosto e settembre, ma mi aspetto un boom clamoroso. Lo dicono anche i dati aggregati dell’export 2019: +5% nei primi sette mesi di quest’anno rispetto allo stesso periodo del 2018 e +10% solamente nel mese di luglio, senza tenere conto in quest’ultimo caso degli Stati Uniti”.
Nel giorno dell’entrata in vigore dei dazi aggiuntivi del 25% su alcune voci dell’agroalimentare Made in Italy e, in particolare, sui prodotti lattiero caseari (esclusa la Mozzarella di Bufala Dop, che ne è esente), il direttore generale del Consorzio di tutela del Grana Padano Dop, Stefano Berni, fa il punto della situazione a margine del convegno organizzato il 18 ottobre scorso da Fieragricola Verona (fiera che si terrà dal 29 gennaio al 1° febbraio 2020) sull’economia circolare in collaborazione con il Consorzio agrario del Nordest. L’evento si è tenuto al mangimificio di Valdaro (Mn) ed è stato seguito da circa 200 allevatori.
“La grande accelerazione dell’export - afferma Berni - naturalmente è stata possibile perché il Grana Padano è un formaggio a lunga stagionatura e, quindi, può essere stoccato, così come il Parmigiano Reggiano. In questo modo non hanno dovuto pagare il dazio del 25 per cento”.
Ora cosa succederà?
“Ora vedremo di trovare come ha promesso il ministro delle Politiche agricole Teresa Bellanova dei meccanismi compensativi per tamponare questi 3-3,5 euro al chilogrammo di costo aggiuntivo per i dazi. Confidiamo comunque che durino il meno tempo possibile e che l’intervento del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella con il presidente americano Trump nelle ultime ore possa dare dei frutti positivi. Sinceramente quello dei dazi è un problema che va risolto, ma è minore di quello che sembrava rispetto a quando si era presentato nei mesi scorsi. Credo che riusciremo a risolverlo al meglio se ci sarà l’aiuto promesso da parte del governo italiano e dell’Unione europea”.
Prevede rimbalzi negativi sul versante dei listini e, a cascata, sul prezzo del latte?
“Al momento no, non vedo pericoli di crollo dei prezzi o di arretramenti dei listini. Certo è che, se perdurassero i dazi e non ci fossero gli interventi promessi a titolo parzialmente compensativo, allora sì, avremmo problemi”.
Come stanno andando le esportazioni di Grana Padano?
“Me lo lasci dire: meno male che c’è l’export. Noi stiamo frenando con le vendite in Italia, perché il prezzo è cresciuto molto e il consumatore il +11% di aumento tra giugno e luglio 2019 fa fatica ad accettarlo. Per questo compra un po’ meno Grana Padano, ma per fortuna l’estero sta andando fortissimo e ci confermiamo il prodotto Dop più consumato al mondo”.
Quali potrebbero essere i mercati alternativi agli Stati Uniti?
“Noi abbiamo una crescita formidabile di tutta l’Ue e, in particolare, in Germania, che sta diventando una seconda Italia per consumo di Grana Padano. Ci concentreremo principalmente sui Paesi europei., ma stanno andando benissimo ile vendite in Giappone subito dopo l’accordo di libero scambio con l’Unione europea, entrato in vigore lo scorso febbraio. Stiamo inoltre esplorando l’India; la Cina la stiamo presidiando. Riteniamo che ci siano alternative”.
Resta la questione russa.
“Aspettiamo la riattivazione del commercio con la Russia, che per noi dal 2014 da mercato interessantissimo è diventato un mercato completamente chiuso. L’apertura della Russia ci consentirebbe nell’arco di due anni di esportare 50mila forme all’anno. E questo canale di vendita sarebbe un grande sfogo, perché significherebbe collocare l’1% della produzione nazionale”.
Sulla Brexit si dovrebbe approdare a degli accordi che continuano a tutelare le indicazioni geografiche e, quindi, anche il Grana Padano dal rischio contraffazione.
“Sì. La Brexit un po’ preoccupa, ma ci toglie più il sonno la gestione strumentale che hanno dei semafori (strumenti di etichettatura impostati sulle calorie, ndr), dove addirittura per i prodotti Dop italiani, non soltanto i formaggi ma anche i prosciutti, vengono utilizzati segnali prevalentemente rossi, quando non tengono conto invece della quantità utilizzata. Faccio un esempio: 100 grammi di Grana Padano sono una dose alta per un consumatore e non si possono paragonare a un altro prodotto del quale magari ne mangi mezzo chilo; è evidente che può essere più leggero unitariamente, ma mangiandone una quantità cinque volte superiore diventa più dannoso. L’errore dell’etichetta a semaforo è non tenere conto della quantità media consumata del prodotto considerato e quindi, così come sono impostati, sono una grande bufala”.