Filiera della zootecnia, come comunicarla

Da un incontro Arga Lazio - Fidaf - Confagricoltura. La corretta informazione, ha detto il professor Giuseppe Pulina, deve chiarire come oggi gli allevamenti si preoccupino con forza della sostenibilità della produzione. Focus anche sulla sostenibilità digitale delle filiere e sulla sostenibilità etica

Allevamenti zootecnici intensivi, impatti ambientali, digitalizzazione delle filiere e aspetti nutrizionali. Queste le tematiche al centro dell’incontro interdisciplinare “La filiera della zootecnia: aspetti tecnico-scientifici utili per una corretta informazione su un tema particolarmente sensibile per l’opinione pubblica”. L’incontro, un corso, si è svolto recentemente a Roma.
L’evento è stato organizzato da Arga Lazio (Associazione regionale di giornalisti esperti in agricoltura, alimentazione, ambiente, territorio, foreste, pesca, energie rinnovabili) e Fidaf (Federazione italiana dei dottori in scienze agrarie e scienze forestali), in collaborazione con Confagricoltura, e ha visto la partecipazione di agronomi e giornalisti del settore.
All’evento sono intervenuti Giuseppe Pulina, ordinario di Etica e sostenibilità degli allevamenti, Università di Sassari, che ha introdotto il panel “Allevamenti sostenibili: un ossimoro?”, ed Elisabetta Bernardi, nutrizionista, biologa, specialista in scienze dell’alimentazione, che ha parlato di “Valori nutrizionali e Nutraceutici delle carni”.
Tra gli altri, hanno partecipato all’incontro anche Assunta Bramante, agronomo PhD, consulente della nutrizione, specialista della carne e divulgatrice scientifica che ha presentato il libro “In salute con la carne”, Andrea Bertaglio, giornalista specializzato in sostenibilità, cambiamento climatico e temi ambientali con un intervento su “Carni e fake news: spunti per una corretta informazione” e Luigi Tacchi, agronomo, che ha affrontato il tema sulla “Gestione del patrimonio genetico degli animali negli allevamenti intensivi - Considerazioni di carattere generale”.

Tre driver

Ad aprire il dibattito, l’intervento del professor Giuseppe Pulina, che ha condotto una lezione sul tema, quanto mai attuale e delicato, degli allevamenti sostenibili con un focus anche sulla sostenibilità digitale delle filiere e sulla sostenibilità etica.
Secondo i dati statistici presentati dal professor Pulina, per alimentare l’umanità intera occorrerebbero 16.5 milioni di tonnellate alimentari al giorno. Una domanda, questa,  necessaria per sfamare un mondo sempre più affollato e ricco, influenzata da tre driver decisivi: demografia, inurbamento e reddito procapite.
Da un punto di vista demografico, da qui al 2100, in Europa, serviranno meno alimenti, ha spiegato il professore, in particolare, in Italia la curva scenderebbe vertiginosamente portando con sé una domanda alimentare ancora minore, al contrario di paesi come l’India, primo paese più popoloso al mondo, e l’Africa subsahariana.
In merito al secondo driver, ovvero quello dell’inurbamento, nel 2050 il 70% della popolazione sarà urbana, un dato che si tradurrebbe in una crescita sempre maggiore del fenomeno delle megacities, ovvero inurbamenti da 40-50 milioni di abitanti.
Il terzo driver riguarda, invece, l’aumento dei redditi, cioè l’aumento della domanda di alimenti di origine animale, per cui all’aumento del pil equivale un aumento di consumo di carne nel mondo. Nei paesi in via di sviluppo, ad esempio, una minima variazione del pil comporterebbe un incremento nel consumo di carne, mentre nei paesi già sviluppati questo fenomeno non si verificherebbe. Tra gli alimenti di cui la popolazione avrà più bisogno al 2050, secondo gli scenari Fao, ci sarebbero cereali, carne, latticini, uova.

Brasile e Cina

“Ma non tutti gli alimenti sono legati alle stesse dinamiche - afferma il dottor Pulina - La domanda di cereali è vincolata alle dinamiche demografiche, alimenti come mais, riso e grano sono, di fatto, legati ad alcune aree in particolare. Secondo le aspettative relative al Net Trade del grano di chi produrrà nel 2032 rispetto al 2022 ci sarebbe un incremento di produzioni da parte di Europa, Usa, Australia e Canada e un deficit di produzione da parte di Africa e Asia”.
Gli alimenti di origine animale, al contrario, sarebbero legati alla crescita economica, per cui secondo il Beef Net Trade Expectations, come esposto dal professore, il Brasile sarà in aumento di produzioni mentre la Cina aumenterà la propria importazione così come il resto dell’Asia.
Sulla base di questi dati, nei paesi in cui ci sarà un incremento della popolazione e un aumento del reddito, e quindi una domanda sostenuta di riso, mais e proteine di origine animale, ci sarà un maggiore gap produttivo.

Servirebbero nuove metriche

Da qui, la necessità di produrre più alimenti ma in modo più sostenibile, ha spiegato Pulina,  introducendo gli aspetti ambientali, digitali e etici: “In merito alle emissioni climalteranti delle filiere delle carni rosse, sarebbero necessarie nuove metriche per calcolare gli impatti climalteranti del metano.  Solo il comparto dell’agricoltura è responsabile del 18.4% delle emissioni globali di gas serra, le emissioni dirette della zootecnia rappresentano meno del 6%. Sulla base di questi dati il 60% delle emissioni CO2 dell’agricoltura deriva dal metano enterico e dalle deiezioni. Dal 1990 al 2021, le emissioni dell’agricoltura in Ue si sono ridotte del 18.1%, e in Italia addirittura del 20% circa, secondo i dati Ispra 2024”.
Per ridurre le emissioni climalteranti degli allevamenti da carne, ha spiegato Pulina, occorrerebbe produrre di più e servirebbero, dunque, nuove metriche per calcolare gli impatti climalteranti del metano, una metodologia da adottare al più presto per premiare i virtuosi e disincentivare chi aumenta le emissioni.

Sostenibilità digitale

Nel corso del panel, è stato anche affrontato il tema della sostenibilità digitale,  nello specifico l’impatto della digitalizzazione sulle filiere agrifood, l’intensificazione intelligente dei sistemi agro-zootecnici, in che modo le tecnologie digitali possono migliorare l’efficienza, l’equità e la sostenibilità ambientale del sistema agroalimentare; così come il delicato tema della sostenibilità etica, il diritto al rispetto degli animali e alla conservazione della natura.

Il valore nutrizionale delle carni

Sulla questione dei “Valori nutrizionali e Nutraceutici delle carni” si è espressa, invece, Elisabetta Bernardi, nutrizionista, biologa, specialista in scienze dell’alimentazione.
Nel corso dell’intervento si è parlato di alimentazione sana che, come ha spiegato la dottoressa, è possibile solo attingendo quotidianamente da ogni gruppo alimentare per coprire il fabbisogno di nutrienti.
Al centro della discussione l’importanza della dieta mediterranea, considerata un’alimentazione sana e completa da diverse pubblicazioni scientifiche  e che all’interno della sua piramide alimentare contiene ai gradini più alti gli alimenti di origine animale.
Questi, infatti, secondo i dati esposti, contribuirebbero al 18% delle calorie, il 38% delle proteine e al 55% Diaas (digestible indispensable amino acid score) dell’alimentazione a livello mondiale.
In fatto di qualità proteica la carne, ha spiegato Bernardi, rappresenta un alimento prezioso anche come contenuto di minerali e vitamine a copertura del fabbisogno quotidiano di nutrienti, come esempio, lo zinco, componente essenziale per aiutare le difese immunitarie.

Non ok troppi vegetali

Si è parlato, poi, di impatto ambientale del comparto alimentare, a proposito del quale Bernardi ha spiegato: “Quando si prendono in considerazione non tanto i kg di un alimento quanto i nutrienti che questo fornisce all’organismo, ecco che l’impatto sull’ambiente, a grandi linee, è paragonabile, o meglio, è un impatto quasi, e in alcuni casi, minore al comparto vegetale, quando si considerano gli aminoacidi essenziali. Questo modo di considerare gli impatti sui nutrienti, e non sul kg, è stato ripreso dalla Fao come metodologia di valutazione”.
Un altro punto affrontato ha riguardato i benefici effettivi sulla salute delle diete protettive dell’ambiente, un allarme, questo, lanciato dallo studio dell’American Journal Clinical Nutrition, per cui è stato valutato che seguire una dieta soprattutto ricca di alimenti di origine vegetale potrebbe portare al rischio di alcune carenze nutrizionali, e quindi di  conseguenza a problemi di salute.
A proposito di questo, Bernardi ha proseguito: “Le sostanze protettive non sono contenute soltanto nella frutta e negli ortaggi ma anche nella carne. Antiossidanti come per esempio il coenzima Q10, la carnosina o l’acido lipoico, sono tutte sostanze con un’azione fortemente antiossidante che riescono a prevenire i danni alle membrane e al dna”.
A chiusura dell’intervento una riflessione anche sui rischi della carne rossa messi in discussione attraverso alcune pubblicazioni e studi scientifici come Nature Medicine, Nutrirecs o Studio Pure, a dimostrazione che questo alimento non costituisce un rischio per la salute ma, al contrario, ricopre un ruolo alimentare importante nelle diverse fasi della vita, così come per gli anziani, gli sportivi e le donne in gravidanza.

Filiera della zootecnia, come comunicarla - Ultima modifica: 2024-07-09T19:30:27+02:00 da Laura Della Giovampaola

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