È arrivato alla quindicesima edizione il rapporto del ministero delle Politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, sul sistema di etichettatura facoltativa delle carni bovine relativo alla situazione per l’anno 2017.
L’etichettatura facoltativa si basa sostanzialmente su un disciplinare predisposto dalle organizzazioni della filiera che comprende operatori dei vari segmenti dalla produzione alla vendita, e approvato dal Ministero e sulla cui attuazione gli organismi riconosciuti effettuano i relativi controlli.
Il rapporto indica preliminarmente che durante il 2017 hanno operato 84 organizzazioni con i relativi disciplinari approvati dal Ministero a fronte di complessivi 95 organismi complessivamente riconosciuti ma di cui 11 non operanti nell’anno di riferimento.
Gli operatori che hanno utilizzato uno degli 84 disciplinari operativi sono stati complessivamente 10.757 così suddivisi: 6.120 allevamenti, 158 mangimifici, 297 macelli, 218 laboratori di sezionamento e 3.880 punti vendita sul totale dei soggetti appartenenti ai vari segmenti di filiera, sono stati effettuati 1.562 controlli e riscontrato un totale di non conformità nella gestione del sistema di rintracciabilità pari a 59. L’incidenza delle non conformità sul totale degli operatori coinvolti evidenzia situazioni diversificate: prossime allo zero per i mangimifici (0%) allevamenti (0,2%) e punti vendita (0,7%), al 1,4% per i laboratori di sezionamento al 2% per i macelli, fino al 9,4% per le organizzazioni. Oltre la metà delle 84 organizzazioni operanti e cioè 48 sono ubicate in tre regioni e cioè Veneto, Lombardia e Piemonte seguite a distanza dall’Emilia con 9 organizzazioni.
Le indicazioni facoltative più gettonate
I disciplinari approvati puntano su due tipi di indicazioni facoltative che vengono riportate sull’etichettatura delle carni poste in vendita sia sfuse che preincartate e che devono essere veritiere e tracciabili dall’allevamento alla vendita.
In particolare, le due categorie principali, così come definite dall’art.3 del decreto ministeriale 16 gennaio 2015:
a) Informazioni desumibili direttamente o indirettamente dalla documentazione ufficiali quale anagrafe e passaporto;
b) Informazioni facoltative che necessitano di controllo anche con eventuali analisi di campioni biologici, quali: il sistema di allevamento, la razione alimentare, la tipologia di alimentazione, i trattamenti terapeutici, l’epoca di sospensione dei trattamenti terapeutici, il benessere animale, la razza o il tipo genetico, periodo di frollatura delle carni.
L’analisi fatta nel Rapporto degli 85 disciplinari operanti nel 2017 ha evidenziato che aumenta l’indicazione relativa al benessere animale soprattutto se l’organizzazione comprende operatori della vendita e del sezionamento.
In particolare tra le due tipologie di informazioni, ovvero quelle che possono essere raccolte direttamente o indirettamente dalla documentazione che accompagna l’animale, e quelle ricavabili dall’anagrafe bovina, le più comuni tra i 95 disciplinari autorizzati nel 2017, compresi gli 11 non operanti in tale anno, sono la categoria per il 92%, età dell’animale per l’86%, la denominazione e sede dell’allevamento nell’84% dei casi e il periodo di ingrasso/allevamento in Italia (per il 79% e, a seguire, la data di macellazione con il 75% e il sesso dell’animale (66%).
Il boom delle nuove indicazioni facoltative
Per quanto attiene alle informazioni che traggono origine dalle modalità operative di ciascuna filiera organizzata, emerge che il 89% dei disciplinari autorizzati fornisce indicazioni sul Tipo genetico e l’86% sulla razza, mentre, il 47% contiene specificazioni sulla natura del sistema di allevamento, seguito dal 44%, che riporta in etichetta il mancato utilizzo di grassi animali nella razione alimentare bovina. Risultano meno frequenti nel novero delle informazioni facoltative in etichetta, i dati relativi al mancato utilizzo nella razione alimentare di materiale non ogm (33%) o alla composizione della stessa (18%) e l’esclusione di insilati nella razione alimentare (13%). Solo il 3% dei disciplinari prevede l’eventuale indicazione in etichetta dell’esclusione di fattori di crescita; mentre un notevole incremento si è assistito per le informazioni legate alla non somministrazione di antibiotici ai bovini (23%) con ben 22 organizzazioni (nel 2016 erano il 5%, 4 organizzazioni). Infine, sempre più filiere aggiungono tra le informazioni che vogliono riportare in etichetta la frollatura (21%), contro 17% del 2016. Nel corso del 2017 ulteriori 20 organizzazioni hanno introdotto l’informazione legata al benessere animale per un totale di 36 organizzazioni che prevedono detta informazione pari al 38% del totale di tali organizzazioni.
I risultati dei controlli
Sono stati 1.562 i controlli effettuati presso le 84 organizzazioni operanti con una media di due controlli all’anno e hanno evidenziato 59 non conformità (Nc) che viene ritenuta una percentuale accettabile.
In particolare, le 59 Nc sono state rilevate in 27 organizzazioni su 84 operative pari al 32% e da un’analisi dei dati in numero maggiore sono state individuate laddove si è verificata una trasformazione della filiera dove le variazioni conseguenti alle entrate di nuovi operatori hanno probabilmente comportato l’adeguamento del loro modus operandi alle procedure previste dal disciplinare.
I controlli presso le organizzazioni hanno rilevato che nel 2017 la quasi totalità delle Nc si sono registrate nella gestione della banca dati da parte delle stesse organizzazioni di etichettatura, contro una più uniforme distribuzione delle stesse osservate nel 2016.
Negli allevamenti i controlli del 2017 rilevano 15 non conformità distribuite fra le diverse tipologie di informazioni, ma si nota un drastico incremento di richiami per il protocollo di allevamento con 6 Nc e per il protocollo di alimentazione 4 Nc.
I mangimifici sono risultati particolarmente virtuosi in quanto i controlli del 2017 non hanno evidenziato nessuna non conformità.
Per quanto riguarda le non conformità rilevate nei macelli nel 2017, esse riguardano l’etichettatura delle carcasse con 4 richiami (66,7%) che si conferma la maggiore criticità, stabile le criticità in valore assoluto legate alla stampa dei documenti informativi con 1 richiamo (16,6%), le non conformità che attengono all’aggregato “altre” con 1 casi (16,6%).
Le non conformità rilevate nei macelli sono in progressiva diminuzione nel corso degli anni e vertono essenzialmente su: la gestione della banca dati, il trattamento delle carni nel suo complesso, il passaggio dalla ricezione delle carcasse alla porzionatura e, da ultimo, la gestione degli aspetti legati alla identificazione di lotti di lavorazione omogenei ed alla tracciabilità durante la lavorazione e nel magazzinaggio.
I controlli effettuati nel luogo dei punti vendita hanno riguardato la gestione delle pratiche di accettazione della carne, l’attività di macelleria, la formazione dei lotti omogenei, nonché la rintracciabilità e identificazione nella gestione del banco vendita e del frigo. Le non conformità riscontrate nel 2017 sono 27 in aumento rispetto al 2016 in cui erano state 14.
Le irregolarità sono di diversa natura e riguardano, soprattutto, la stampa delle etichette con 15 casi pari al 56%) e a seguire, 5 non conformità nell’identificazione ed immagazzinaggio della carne in frigorifero pari al 18,5% e 4 nella gestione del banco di vendita.