Perché l’uso degli antibiotici è destinato a forti limitazioni anche in allevamento

Negli ultimi cinquant’anni gli antibiotici hanno contribuito allo sviluppo delle produzioni zootecniche, venendo utilizzati prima anche come fattori di crescita (pratica non più presente in Europa, in quanto vietata già da anni dalla normativa comunitaria), e poi come strumento di cura di molte patologie infettive e perciò di garanzia della sanità e del benessere degli animali e della salubrità dei prodotti di origine animale.

L’utilizzo improprio di varie classi di molecole ad azione antibiotica, in medicina umana in primis ma anche in medicina veterinaria, ha però favorito la selezione e la diffusione di popolazioni resistenti di batteri, anche patogeni. Alcune classi di antibiotici impiegate nella terapia umana trovano un analogo registrato anche per uso veterinario e questo può avere contribuito alla comparsa di popolazioni di batteri antibiotico resistenti capaci di mettere a rischio la salute umana.

Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità (WHO, World Health Oorganization) le classi di antibiotici non possono più essere considerate tutte alla pari come efficacia e possibilità di utilizzo: vi sono molecole a cui molte specie di batteri sono diventate ormai resistenti e vi sono invece alcune classi di antimicrobici che sono rimaste tra le poche ancora efficaci su taluni patogeni. L’efficacia di questi antibiotici va preservata per cui sono stati classificati come C.I.A.s, cioè Critically Important Antimicrobials - Antimicrobici di importanza critica (per la medicina umana). Si tratta di molecole che soddisfano specifici criteri:

  • l’antibiotico in questione è l’unica o una delle poche terapie disponibili per trattare gravi malattie umane;
  • l’antibiotico è usato per trattare malattie causate da organismi che possono essere trasmessi all’uomo da fonti non umane o per trattare malattie umane causate da organismi che possono acquisire geni di resistenza da fonti non umane.

La Who ha stilato la “Who list of critically important antimicrobials for human medicine (Who Cia list)”, che ha subito in pochi anni già sei revisioni, l’ultima nel 2018. La lista, in costante aggiornamento, suddivide i suddetti antibiotici in tre sottoclassi:

  • Cia: Critically important antimicrobials, (ulteriormente sottocategorizzati in Highest priority e High priority). In questa categoria, quella più importante, sono inclusi i chinoloni, le cefalosporine di 3a e 4a generazione, i macrolidi e i ketolidi, i glicopeptidi e le polimixine. Come si vede i primi tra questi vedono tutt’ora un certo utilizzo nella filiera del latte, utilizzo che va velocemente ripensato:
  • Hia: Highly important antimicrobials;
  • Ia: Important antimicrobials.

Anche altre agenzie hanno prodotto analoghe liste, talvolta leggermente differenti, ma la l’approccio complessivo è identico (per un approfondimento può essere utile riferirsi alle ottime LINEE GUIDA

Uso prudente dell’antibiotico nell’allevamento bovino da latte prodotte dalla Regione Emilia-Romagna (leggi il pdf).

Queste indicazioni sono state sviluppate per la terapia in medicina umana, ma non possono che ricadere anche in ambito veterinario, siccome alcune classi sono ampiamente usate anche in zootecnia. Per questo motivo, successivamente, Who, Oie (Organizzazione mondiale della sanità animale) e Fao hanno sviluppato una lista di antibiotici critici specifica per la terapia in medicina veterinaria, analoga a quella umana, sollecitando il mondo della veterinaria a sospenderne o almeno ridurne sollecitamente e drasticamente l’utilizzo in ottemperanza alla regola fondamentale della lotta all’antibioticoresistenza: meno un antibiotico viene utilizzato e più rimane efficace.

Anche la filiera del latte è interessata da queste problematiche di importanza mondiale, essendo direttamente coinvolta nella catena alimentare per la produzione di alimenti destinati al consumo umano; è opinione comune che questi antibiotici possano essere drasticamente ridotti senza mettere in pericolo la salute degli animali, per cui è importante interagire con i veterinari aziendali per farlo, in una logica di responsabilità cui tutti siamo chiamati.

bianchin@parmigianoreggiano.it


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Perché l’uso degli antibiotici è destinato a forti limitazioni anche in allevamento - Ultima modifica: 2021-03-08T10:28:18+01:00 da Claudia Notari

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