Tutte le opportunità della sostenibilità zootecnica

sostenibilità zootecnica
La libera disponibilità di acqua fresca e pulita è uno dei pilastri del benessere animale
Da un webinar tecnico organizzato da Ara Friuli Venezia Giulia

Per illustrare le opportunità offerte dalla gestione sostenibile degli allevamenti bovini e dallo schema ad adesione volontaria di ClassyFarm, l’Associazione allevatori del Friuli Venezia Giulia ha messo davanti alla webcam ben 5 relatori. Dall’altra parte dello schermo, in un webinar dedicato organizzato alcuni giorni fa, si sono sintonizzati 90 partecipanti, tra allevatori e studenti degli istituti tecnici agrari della regione.
Il tema non era nuovo, ma è stato sottolineato da tutti i relatori come il ClassyFarm (iniziativa del ministero della Salute italiano, ma esperienze simili esistono anche in altri Paesi europei), che ha preso il via nell’autunno del 2020, sia ancora troppo poco diffuso tra gli allevatori italiani: siamo sotto alle 3.000 stalle valutate.

ClassyFarm, per misurare il benessere animale

È partito dal rapporto fra allevamento (e allevatori) e consumatori il veterinario Paolo Bulgarelli, responsabile degli acquisti del latte di Parmalat. Un rapporto “tormentato” che ha come sottofondo emergente la contestazione che la zootecnia inquina e, si dice spesso, inquina molto. La Fao, a esempio, stima che l’allevamento sia la causa del 14,5% della produzione dei gas serra a livello mondiale. Nel contesto europeo, ha evidenziato Bulgarelli, si dice che l’agricoltura sia la causa del 10% di questa produzione e, all’interno del comparto, la zootecnia incide per solo il 4% (con il 9% di bestiame da latte complessivamente allevato nel mondo).

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Anche la buona ventilazione della stalla è un prerequisito del benessere

Una delle “soluzioni” prospettate è quella del cambio della dieta delle persone, con meno carne e più consumo di ortofrutta, anche se, alla prova scientifica dei fatti, questo non produce i risultati sperati. Ciò non significa, comunque, che il contesto nel quale vengono espresse queste considerazioni debba essere trascurato. Infatti, per mantenere un corretto rapporto con il mercato e le richieste dei consumatori, anche l’allevamento bovino è chiamato a ridurre l’impronta di carbonio. Come?
Bisogna modificare il modo di produzione degli alimenti zootecnici, aumentando la coltivazione delle leguminose (anche inserendole nella rotazione), ottimizzando la gestione ottimizzando la gestione e la distribuzione dell’azoto. La mandria deve essere alimentata con maggiore efficienza; il benessere animale va curato quotidianamente; si deve pensare a come ridurre l’emissione del metano ruminale e indirizzarsi verso l’alimentazione di precisione.
Per raggiungere questi obiettivi, secondo Bulgarelli, ClassyFarm è uno strumento utile e prezioso, finalizzandolo pure alla riduzione degli impatti ambientali e al miglioramento della gestione della mandria.
Con ClassyFarm, l’allevatore e il veterinario aziendale si confrontano in maniera diretta ed evidente con le criticità aziendali (biosicurezza compresa) e possono ricavare preziosi consigli per impostare le pratiche della zootecnia di precisione, con i relativi investimenti mirati e il controllo dei costi di gestione. Infine, il consumatore esprimerà il proprio gradimento alle produzioni che rispettano il benessere animale e un accorto utilizzo dei farmaci.
A seguire, Andrea Peresson e Marta Ricci, referenti regionali del Friuli VG dell’Area C (Igiene allevamenti e produzioni zootecniche), sono entrati nel merito tecnico, preciso e puntuale del sistema operativo ClassyFarm, illustrandone le principali caratteristiche tecniche. Un approfondimento particolare è stato dedicato al capitolo dei controlli aziendali e sull’orientamento che ministero della Salute e Regione hanno assunto nella loro organizzazione nel corso del primo anno di applicazione del sistema.

Esperienze emiliane

La riduzione del consumo di antibiotici nella produzione del latte del circuito dei formaggi a Dop e il contrasto all’antibiotico-resistenza sono stati i temi trattati da Norma Arrigoni, dirigente veterinario del Servizio diagnostica dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Lombardia ed Emilia Romagna (Izsler). Due temi che, in Emilia Romagna in particolare, hanno trovato attenzione a partire dal 2014, con la pubblicazione delle linee guida ad hoc (“Uso prudente dell’antibiotico nell’allevamento del bovino da latte”, approvate dal Crab).
Nel 2017, all’interno della filiera, è stato adottato un protocollo relativo alla riduzione dell’utilizzo degli antibiotici in zootecnia e contrasto alla resistenza degli antimicrobici, con adozione di buone pratiche in rispetto alle linee guida precedentemente tracciate.
Successivamente, all’interno del Psr dell’Emilia Romagna, è stato impostato un progetto triennale sull’allevamento della vacca da latte, terminato alcuni mesi fa. L’obiettivo concreto e dichiarato era quello di raggiungere una riduzione del 20% dell’uso degli antibiotici negli allevamenti. Al progetto hanno partecipato 3 caseifici e 70 allevamenti bovini delle filiere del Parmigiano Reggiano e del Grana Padano.
Tutte le azioni messe in campo, ha spiegato Arrigoni, hanno prodotto un miglioramento del punteggio medio delle aziende, relativamente al benessere animale, che è salito dall’iniziale 64,94, al finale 69,70. Anche la valutazione sulla biosicurezza è passata dal valore medio del 36,89 al finale 45,91.
Il consumo del farmaco da parte dei vitelli è passato a 7,79 DDD/y a 4,99 DDD/y, mentre quello delle vacche è sceso da 11,31 DDD/y a 9,72 DDD/y (la sigla DDD sta per defined daily doses, dosi giornaliere definite). Il consumo di antibiotici sulle vacche si è ridotto del 14% e del 34,87%, rispettivamente nelle due “famiglie” prese in considerazione; più marcata la riduzione sui vitelli che è scesa, rispettivamente, del 35% e del 66,93% (grazie anche alla particolare attenzione dedicata alla prevenzione e profilassi delle patologie enteriche). Il momento critico resta quello della messa in asciutta, dove praticamente non si è riscontrata alcuna riduzione.
Gli allevatori ora, ha concluso Arrigoni, si attendono la possibilità di ricevere una premialità legata al livello di benessere.

L’iniziativa Aia

Ma l’Associazione Italiana Allevatori ha già esteso a livello nazionale questi nuovi orientamenti. All’incontro friulano ne ha parlato Michele Blasi, direttore del Dipartimento qualità agroalimentare (Dqa, creato nel 2010), ente certificatore di riferimento per il Sistema allevatoriale, partendo sempre dalla considerazione che la sostenibilità degli allevamenti e il benessere animale sono costantemente monitorati dall’opinione pubblica.
Non è un caso che, tutte le statistiche, segnalano la crescita del numero di persone le quali rinunciano ad alimentarsi con cibi di origine zootecnica. Si stima che in Italia i vegetariani siano il 10% della popolazione (il dato più alto tra i Paesi europei), di cui un 3% di vegani. Per questo motivo e per dare valore aggiunto agli sforzi degli allevatori, ha detto Blasi, è nato il protocollo di certificazione volontaria “Gli Allevamenti del Benessere”, basato sul rispetto di uno specifico standard di produzione, negli allevamenti dei bovini da latte.
Uno standard con un focus sul benessere animale che mette insieme i risultati della check list di ClassyFarm con l’indice aziendale Aia ottenuto in seguito ai controlli funzionali (sulle bovine e sul latte) svolti in azienda dai tecnici dell’Associazione italiana allevatori (sono 2,5 milioni i capi bovini controllati annualmente).
Gli indicatori presi in considerazione da Aia, in questo caso, sono 5 (giorni di lattazione medi, numero di lattazioni, presenza di cellule somatiche, rapporto grasso/proteine e capi con percentuale bassa di grasso) e riguardano ogni singolo capo controllato (un caso unico al mondo), contribuendo a formare, poi, l’indicatore globale utilizzato.
Dqa certifica esclusivamente gli allevamenti che evidenziano una possibilità almeno dell’80% degli indicatori. A tutt’oggi, sono circa 1.500 le aziende certificate. All’azienda che ha ottenuto i punteggi adeguati, Dqa (ente certificatore accreditato Accredia) rilascia un certificato che può entrare nel percorso della tracciabilità fino all’apposizione del logo della certificazione sul prodotto finale, come succede già in molti casi.
In attesa che ClassyFarm si strutturi anche come schema che offra agli allevatori la possibilità (e l’utilità) della certificazione delle loro attenzioni, ha concluso Blasi, Aia sta studiando l’inserimento di altri 4 nuovi indicatori che potranno essere utilizzati per rafforzare ulteriormente il protocollo attualmente in vigore.

Tutte le opportunità della sostenibilità zootecnica - Ultima modifica: 2021-04-14T11:41:40+02:00 da Lucia Berti

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