Ovini autoctoni campani in cerca di rilancio

Le possibilità dell’ovino turchessa, razza autoctona campana

Il progetto “Conservazione e Valorizzazione delle popolazioni locali e delle razze autoctone campane e dei loro habitat”, dell’Associazione Allevatori Campania e Molise, ha previsto una serie di interventi che coinvolgono gli allevamenti di animali appartenenti a popolazioni locali e/o a razze autoctone, di interesse zootecnico, presenti su tutto il territorio campano.
Tali interventi hanno l’obiettivo principale di salvaguardare e valorizzare la biodiversità animale e tutelare il bioterritorio di allevamento. Il progetto, finanziato dalla Regione Campania, prevede come partner il Consorzio per la sperimentazione, divulgazione e applicazione di biotecniche innovative (ConSDABI). L’obiettivo del progetto è la raccolta di dati riproduttivi e produttivi, nonché l’individuazione delle caratteristiche quali-quantitative del latte e della carne. Tutti i dati, così raccolti, saranno un utile strumento per il miglioramento della gestione degli allevamenti.
Inoltre, saranno implementati processi di certificazione per la valorizzazione delle produzioni zootecniche, 100% campane, sui mercati locali, nazionali e internazionali, ottenuti dagli allevamenti che tutelano la biodiversità animale e salvaguardano il bioterritorio in un contesto di sostenibilità. Un altro obiettivo prevede il censimento delle aziende zootecniche che allevano animali appartenenti a popolazioni locali e/o a razze autoctone iscritte ai registri anagrafici, tenute dalle specifiche associazioni di specie, e/o inserite nei registri volontari regionali.
Il progetto ha permesso, tra l’altro, in collaborazione con l’Associazione Nazionale per la Pastorizia, di individuare tipi genetici autoctoni (Tga) ovicaprini non ancora elevati a dignità di registro.
Tale lavoro di censimento, effettuato sia direttamente in campo, mediante sopralluogo nelle aree ritenute di origine dei Tga, sia con l’ausilio di social network, ha permesso di rilevare la presenza e attuare le procedure di iscrizione al relativo Registro Anagrafico di circa 2.000 capi dell’ovino Turchessa distribuiti tra 5 allevamenti di cui 2 ubicati nella provincia di Avellino e tre ubicati nella provincia di Caserta. Gli ultimi capi registrati del Tga ovino Turchessa risalgono al 1992, e riguardano circa 200 soggetti censiti dal ConSDABI e inseriti nella piattaforma informatica Domestic Animal Diversity Information System (DAD-IS) dell’European Regional Focal Point.

Un Tga originario della Sicilia?

«...Mannaggia chella turchessa che t’ha dato latto!», Così imprecava Bastiano, nella commedia napoletana scritta nel 1786 “Le gare generose” scritta da Giovanni Paisiello.
La Turchessa, o anche Turchesca, Turchese, Borbonica dalla coda grassa o Pecora di Poggiomarino, è un Tga, Tipo genetico autoctono, diffuso in passato principalmente nelle province di Avellino, Benevento e Caserta, e spesso confuso con la Laticauda, entrambe derivate da ovini a coda grassa. Anche se è incerta l’origine di questo Tga, molti autori concordano sul fatto che sia derivato da ovini Barbareschi dell’Africa settentrionale, parte dell’impero ottomano, da cui il nome locale di Turchessa.


Il professor Alberto Pelosi, nel lavoro “La pecora “Turchessa” dell’Avellinese” del 1954, riporta che questo Tga sarebbe originario della Sicilia, derivato dall’ovino Barbaresca, che avrebbe subito l’effetto, nella zona del Ragusano, dell’ovino Comisana; successivamente, durante il Regno dei Borboni delle Due Sicilie sarebbe stato introdotto in Irpinia dove ha subito l’influenza dell’ovino “Bergamasca” e/o di meticci di “Bergamasca”.
Pelosi descrive questo Tga con le seguenti caratteristiche: “Di facilissima bocca, appetisce ogni sorta di erbe, in montagna anche ginestre ed erbe selvatiche molto alte (faloppa), fra i castagni, sulla spontanea e lupini nei posti scoperti, utilizzando tutto per farne latte. Per la sua natura sempre errabonda, viene messa fuori al pascolo in qualunque ora del giorno, anche dì mattina molto presto, senza temere le gelate e le rugiade mattutine che per molti altri tipi di pecore sono dannose”.
Nella zona dell’Avellinese il pascolamento avviene in aree con vegetazione arborea da frutto rappresentata principalmente dal castagno e dal nocciolo. Lo scambio reciproco di benefici tra l’allevatore e il proprietario del fondo viene così descritto da Pelosi: “Caratteristica molto importante di questo genere di allevamento è la cointeressenza che viene a stabilirsi fra il proprietario del gregge ed il possessore dei pascoli che, come abbiamo detto, non è sempre impersonato dallo stesso individuo. In questo caso il proprietario del gregge fitta i pascoli che paga in ragione di 20-25 mila lire l’ettaro e dando al possessore dei pascoli il beneficio della stabbiatura che permette di avere una più grossa pezzatura delle nocelle avellane e delle castagne, le quali assumono pregi maggiori.”.
Attualmente, l’attitudine produttiva di questo Tga è latte e carne; Pelosi riporta che in una lattazione, la cui durata nelle pecore gravide è di circa 9 mesi e in quelle non gravide di circa 10, la produzione lattea, mediamente per capo, viene stimata a circa 150 litri al lordo di quello ingerito dal/gli ’agnello/i; non sono rari soggetti che raggiungono i 200 litri di latte per lattazione. Il latte viene destinato alla produzione di formaggio del tipo “canestrato pugliese” con forme di peso variabile dai 6 ai 20 kg all’inizio della sineresi.
Relativamente alla produzione di carne, in uno studio condotto alla fine del XIX secolo dal Reale Istituto d’Incoraggiamento di Napoli, è stato evidenziato un maggiore incremento ponderale nel primo anno di vita del Tga Turchessa, rispetto ai Tg (tipi genetici) Hampshire, Southdown, Dishley e Merino Chantillon, allevati nelle stesse condizioni.

Prospettive future

Attualmente, questo Tga viene allevato in greggi molto numerosi da 300 a 600 capi principalmente, nella zona dell’Avellinese a ridosso del Partenio e nella zona di Terra di lavoro nel Casertano. L’allevamento risulta pressoché scomparso nella zona del Beneventano.
Gli ambienti di allevamento nelle due zone sono molto differenti: mentre nell’Avellinese predominano essenze arboree e arbustive (nocciolo, castagno e ginestre) raramente intervallati da pascoli, nel Casertano predominanti sono le essenze orticole. Poco si conosce sia sulla produttività che sulla qualità nutraceutica delle produzioni di questo Tga, anche se gli allevatori lo descrivono come un ottimo fornitore di latte e di carne con una buona capacità di adattamento a pascoli poveri. Oggi, come in passato, il latte viene utilizzato per la produzione di pecorino del tipo “canestrato”.
Al fine di porre in essere programmi di valorizzazione e di tutela di questo Tga saranno attuate apposite ricerche, sulla produzione della carne, del latte e dei suoi derivati, sia dal punto di vista quantitativo che nutraceutico.
Si ringraziano gli allevatori Valentino Forino (Taurano, Av), Maddalena Ambrosino (Succivo, Ce), Pasquale Pecchia (Sparanise, Ce), Giacomo Bellopede (Marcianise, Ce) e Maria Carmela D’Angelo (Vitulazio, Ce) per la lungimiranza dimostrata nella conservazione di questo Tga e Vincenzo Sauro per l’aiuto fornito nel reperimento del materiale storico.


Ovicaprini Sicilia, formazione a cura di Aia e Assonapa

Si sono tenute nella seconda metà di luglio in Sicilia alcune giornate formative rivolte al settore ovicaprino realizzate con il coordinamento di Aia e in collaborazione con AssoNaPa, Associazione Nazionale della Pastorizia.
Le attività hanno avuto lo scopo di ottimizzare il flusso dei dati ai fini del controllo funzionale (in Sicilia, in particolare, si tratta prevalentemente delle razze Comisana, Valle del Belice e Pinzirita), ispezioni riguardo alla quantità e qualità del latte prodotto dalle fattrici all’interno delle specie allevate in una data azienda, la rilevazione degli eventi vitali e riproduttivi oltre ad altri elementi utili riferiti agli animali allevati e la raccolta di campioni biologici.
Quest’ultima attività è effettuata nell’ambito dei programmi di campionamento stabiliti dalle associazioni nazionali di specie o razza: i campioni raccolti, in particolare, vengono inviati ai laboratori di analisi di riferimento per essere utilizzati con finalità di selezione esclusivamente da parte dell’Ente selezionatore (AssoNaPa). L’obiettivo generale si è reso necessario dopo la ripresa delle attività di controllo funzionale sul territorio siciliano.

C.M.

Ovini autoctoni campani in cerca di rilancio - Ultima modifica: 2021-09-08T10:20:55+02:00 da Lucia Berti

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