C’è piena sintonia nel Sistema allevatoriale con le preoccupazioni per la pericolosa piega che stanno prendendo sia il caro-prezzi, sia le manovre speculative che impediscono un’equa distribuzione del valore lungo la filiera agroalimentare.
È in corso un vero e proprio accerchiamento: da un lato, gli aumenti vertiginosi di alcuni costi essenziali per la vita di qualsiasi impresa, dall’altro la scarsa o nulla remunerazione del prodotto all’origine. Si prenda solo, ad esempio, il prezzo del latte alla stalla (o delle carni), fermo in alcuni casi alle quotazioni di oltre venti anni fa. Ma c’è anche dell’altro: il non riconoscimento del valore delle produzioni, associato a fenomeni speculativi quali quelli delle vendite sottocosto, si configura come un vero e proprio “furto” ai danni dei produttori.
Vendite sottocosto che, guarda caso, interessano solo alcune categorie merceologiche, quasi sempre dell’agroalimentare, e che casualmente non riguardano mai i grandi marchi. C’è poi il ruolo dei trasformatori, non di rado artefici di pratiche commerciali sleali.
Anche Aia alla protesta nazionale della Coldiretti
Il Sistema allevatoriale ha appoggiato le manifestazioni di agricoltori organizzate dalla Coldiretti attorno alla metà di febbraio di fronte alle Prefetture di diverse città italiane per sensibilizzare il Governo nazionale sulle grandi difficoltà che stanno attraversando le imprese e le famiglie italiane per il costo energetico e per i rincari speculativi dei fattori di produzione.
Sono aumentati, infatti, i prezzi delle materie prime e della bolletta energetica.
Numerosi allevatori associati e dirigenti di Aia hanno, infatti, preso parte in tutta Italia ai sit-in di protesta, portando in piazza, in particolare a Roma, anche la bovina “Giustina”, simbolo delle richieste per un prezzo del latte equo.
Servono interventi rapidi e anche misure amministrative
«Condividiamo pienamente – ha detto il presidente di Aia, Roberto Nocentini, che ha partecipato ai presìdi di Firenze – le preoccupazioni e le richieste espresse al Governo dalla mobilitazione.
Senza interventi rapidi, anche con misure di tipo amministrativo, come lo sblocco di procedure che possono favorire, ad esempio, il maggior uso del biodigestato a vantaggio di fertilizzanti chimici o l’installazione di fotovoltaico sulle stalle, si rischia di fermare le stalle in tutta Italia.
Altrimenti si corre il rischio di affossare definitivamente un settore che già ha sofferto parecchio, durante i quasi due anni di fermo, a causa della pandemia.
Non ce lo possiamo permettere: la zootecnia, infatti, è strategica per l’agroalimentare made in Italy.
Se non si mette mano seriamente a una serie di provvedimenti capaci di valorizzare il ruolo che gli allevamenti italiani hanno a tutela della salute dei consumatori, della cura e valorizzazione sostenibile dell’ambiente e del benessere degli animali in produzione zootecnica, il quadro non sarà positivo e neppure favorirà l’avvio della fase di transizione ecologica».