Giunti alla fine del primo semestre del 2020, quindi quasi a metà vita del “Progetto Leo” (l’acronimo sta per Livestock Environment Opendata), progetto di cui l’Associazione Italiana Allevatori è capofila insieme a importanti partner, è opportuno fare il punto sullo stato dell’arte anche in coincidenza con la presentazione della relazione sugli obiettivi al “mese 26” all’Autorità di gestione (il ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali).
Il Progetto Leo, di durata settennale (2017-2023), è finanziato dalla Comunità europea e trae la sua genesi dalla programmazione del Psrn attraverso i Piani di Sviluppo Rurale 2014-2020. In particolare, il nostro Paese ha finalizzato il finanziamento comunitario al “miglioramento genetico del patrimonio zootecnico e biodiversità animale”, all’interno della focus area 4a, attivando le due sottomisure 10.2 e 16.2.
Dalla relazione si evince che importanti obiettivi sono stati già raggiunti, con numeri significativi relativi al patrimonio zootecnico interessato dal Progetto Leo: un totale di oltre 3 milioni di animali rappresentanti oltre 120 diverse specie e razze, allevati nel nostro Paese, sui quali finora sono stati raccolti 112 milioni di parametri di laboratorio e 92 milioni di dati di campo. Cifre da big data, costantemente aggiornate anche sul sito web appositamente costituito: www.leo-italy.eu.
Connettere e condividere
La conoscenza, fruibilità e condivisione dei dati prodotti è una delle caratteristiche peculiari di Leo, che sta marciando spedito per perseguire lo scopo precipuo di connettere le molteplici informazioni riguardanti il mondo zootecnico, le quali vengono registrate dai diversi organismi partner in un’unica banca dati che sarà resa accessibile a tutti gli utenti interessati.
Un’unica banca dati permette anche di rispondere all’importante esigenza di trasparenza delle informazioni a beneficio di un settore, quello degli allevamenti, che proprio in questa prima parte del 2020, caratterizzata dall’irruzione nello scenario mondiale e italiano dell’emergenza da Coronavirus, ha dimostrato – se ancora ve ne fosse bisogno – di essere un fattore chiave nell’economia del Paese.
La zootecnia nazionale, che si mantiene su livelli di eccellenza in campo mondiale, si rispecchia nel Progetto Leo che persegue finalità molteplici volte all’ambizioso obiettivo di tutelare le biodiversità e sostenere e migliorare ulteriormente la qualità, già elevata, delle produzioni zootecniche made in Italy, rispettando maggiormente il benessere degli animali allevati e la qualità del territorio e dell’ambiente.
Connettere prima e condividere poi le informazioni chiave sull’ambiente, la sanità, il benessere animale, il clima e la qualità dei prodotti renderà effettivamente possibile porre le basi per vincere le sfide del futuro: sostenibilità, sicurezza e biodiversità.
I dati raccolti
Leo si occupa della raccolta dei dati innovativi che si possono raggruppare in dati climatici, dati di laboratorio, dati sanitari dati rilevati da sensori di precision farming e dati delle performance individuali, collettive o aziendali, con un impegno molto importante sulla standardizzazione e validazione dei protocolli di raccolta, a garanzia della qualità, attendibilità e accuratezza delle informazioni.
Molto importante è anche la parte riguardante la disseminazione e divulgazione dei risultati ottenuti.
Si veda anche la figura 1.
Le competenze dei partner
I vari partner del Progetto Leo per la costituzione di questa imponente banca dati zootecnica stanno seguendo la logica della cooperazione applicativa, ossia rendere possibile a più sistemi informativi di essere connessi in rete e di dialogare tra loro scambiando informazioni e attivare processi elaborativi nelle rispettive applicazioni.
Per ottenere questo risultato è stato determinante costituire un partenariato molto qualificato composto da istituzioni leader a livello nazionale e internazionale nel settore zootecnico, veterinario e informatico. Ecco i partner del progetto:
- la capofila Aia con la propria organizzazione territoriale (Ara, Laboratori per le analisi del latte, Laboratorio di coordinamento Lsl, Tecnici di campagna);
- l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell’Abruzzo e del Molise “G. Caporale” (Izsam), che gestisce la Banca Dati Nazionale (Bdn) condivisa in cooperazione applicativa;
- l’Istituto Sperimentale Italiano Lazzaro Spallanzani, leader nel settore della fertilità e riproduzione maschile e possessore e gestore della Banca Dati sulla Fertilità Maschile, anch’essa condivisa in cooperazione applicativa;
- l’Istituto di Zootecnica della Facoltà di Scienze Agrarie, Alimentari e Ambientali, Università Cattolica del Sacro Cuore, Sede di Piacenza (Unicatt), che vanta la partecipazione a numerosi progetti nazionali e internazionali;
- il Dipartimento di Scienze Agrarie e Forestali (Dafne) dell’Università degli Studi della Tuscia (Unitus), leader nel campo della ricerca sulla sostenibilità ambientale e sugli effetti dei cambiamenti climatici in zootecnia;
- il Consorzio per la Sperimentazione, Divulgazione e Applicazione di Biotecniche Innovative (Consdabi), già National Focal Point Biodiversità della Fao;
- il Dipartimento Scienze Agrarie, Forestali e Alimentari, Università degli Studi di Palermo (Unipa), con esperienza nel campo dei piccoli ruminanti e suini;
- l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell’Umbria e delle Marche (Izsum), con competenze specifiche negli aspetti di carattere sanitario e nelle patologie-sindromi negli animali zootecnici.
Inoltre, tra i partner è inclusa una società informatica (Bluarancio spa), con competenze nella gestione dei big data.
Il ruolo del nostro Paese
Il concetto “One Health”, di una sanità unica per uomini e animali, è pienamente acquisito e quasi universalmente riconosciuto come obiettivo comune, e il Progetto Leo può inserirsi in questa logica.
Produzione sostenibile del cibo, valorizzazione di un sistema zootecnico unico e distintivo, sviluppo di forme di economia circolare, garanzie per la sicurezza alimentare della popolazione: sono “parole d’ordine” che il nostro Paese può far proprie.
Il miglioramento delle performance degli allevamenti italiani è sempre più basato sull’impiego di strumenti che rappresentano le vere priorità della zootecnia futura, come: il miglioramento delle specie e razze allevate in termini di adattamento agli effetti dei cambiamenti climatici (aumento della resilienza); la riduzione delle emissioni in atmosfera; il miglioramento degli aspetti generali del benessere animale; il miglioramento dell’efficienza produttiva e riproduttiva (intesa soprattutto come qualità e sostenibilità delle produzioni); il miglioramento della resistenza naturale degli animali alle patologie e con questo la progressiva riduzione dell’utilizzo di farmaci in allevamento.
Il commento di Riccardo Negrini
E abbiamo chiesto al coordinatore del Progetto, il direttore tecnico di Aia, Riccardo Negrini (nella foto), quali siano i risultati del lavoro nell’ultimo anno.
Ha risposto: «C’è soddisfazione per il lavoro fatto finora, per il quale occorre ringraziare tutti i tecnici, gli operatori e ricercatori dei partner coinvolti, che non hanno rallentato e diminuito il loro impegno nemmeno durante la forzosa ‘serrata’ dei mesi da marzo a giugno”.
Parlando di Leo, ha aggiunto, “la copertura geografica raggiunta è completa su tutto il territorio nazionale. Anche la ‘copertura’ della biodiversità nazionale di specie e razze rappresentate nei database è aumentata sia come razze rappresentate sia come numero di capi interessati. Nel Progetto ricordo che sono rappresentate oltre 150 razze totali allevate in Italia, delle quali circa 100 autoctone e a bassa diffusione, limitandoci per ora ai soli grandi e piccoli ruminanti».