Iniziamo questa nota con una domanda che spesso circola negli ambienti degli addetti ai lavori, nel dibattito fra tecnici e anche, a livello più generale, tra chi si occupa di economia zootecnica e non solo: qual è il valore aggiunto nell’allevare razze con consistenza di capi limitata e che, a primo impatto, potrebbero avere un interesse meramente storico-culturale di conservazione delle razze stesse?
Questa domanda, più in generale, nel comparto equino, può valere anche per un particolare segmento, ovvero quello dei pony italiani. Di questo elemento si è dibattuto parecchio, cercando di capire le motivazioni che hanno spinto (e spingono) allevatori e semplici appassionati nel nostro Paese a preferire capi di razze straniere, seguendo una tendenza “esterofila” che non riguarda, purtroppo, sono le scelte in zootecnia.
Cosa si può fare quindi per favorire un’inversione di tendenza in questo senso? Quali sono gli elementi di forza sui quali puntare e quelli di debolezza da migliorare?
Cerchiamo di fare una panoramica sulle potenzialità e caratteristiche di una razza già appartenente a quelle catalogate come “popolazioni” locali, inserite nel Registro Anagrafico Mipaaf (attualmente Libro Genealogico) e mantenute sul territorio spesso solo grazie alla tenacia di appassionati allevatori e di singole associazioni, come nel caso del cavallino di Monterufoli (o Monterufolino).
Vediamo quindi come questo pony viene “raccontato” da Michele Della Pace, uno dei suoi principali “cultori” e tecnici.
Nel cuore della Toscana
In Toscana al centro delle colline metallifere in una vasta area naturale si trova la più estesa riserva di questa regione: la riserva naturale Monterufoli-Caselli. Tra terreni prevalentemente rocciosi dove le condizioni climatiche presentano inverni molto freddi e piovosi, con forti raffiche di vento ed estati molto calde, nascosta e protetta dalla tipica macchia mediterranea viveva e veniva allevata da tempo immemorabile una razza equina autoctona che prende il nome dalla tenuta stessa: il cavallino di Monterufoli. Questo cavallo, secondo alcuni studi, deriverebbe da una razza selvatica estinta che prendeva il nome di ‘Razza di Selvena’.
Nel 1913, con l’acquisto da parte dei Conti della Gherardesca della Tenuta di Monterufoli, ha inizio la storia del cavallino di Monterufoli. La selezione e il miglioramento della razza è avvenuto grazie all’ opera degli stessi Conti della Gherardesca i quali allo stato brado nella tenuta trovarono molti esemplari di questi piccoli cavalli morelli ed iniziarono così ad incrociare delle giumente autoctone con riproduttori Maremmani, Tolfetani ed Orientali al fine di migliorarne le caratteristiche fisiche e caratteriali.
Questi cavallini, tradizionalmente destinati agli attacchi, al basto ed alla sella, aiutavano i boscaioli a smacchiare le selve attraverso gli stretti sentieri ed erano utilizzati da molte famiglie per il calesse e per i piccoli lavori nelle campagne. Questa razza, successivamente, si diffuse in gran parte del territorio toscano, in quasi tutti i poderi della zona si potevano trovare uno o più soggetti Monterufolini.
È considerato pony italiano
Il cavallino di Monterufoli è considerato pony italiano a tutti gli effetti, la sua altezza al garrese va da 135 a 145 centimetri. Si distingue per il suo mantello morello e la criniera lunga e folta, lo standard della razza ammette balzane o tracce di esse solo nelle femmine. Piccole stelle o pochi peli in fronte sono presenti sia nei maschi che nelle femmine, mentre le barbette sono presenti nella totalità delle femmine e nell’83,3% dei maschi.
Lo smembramento della tenuta, avvenuto nel 1956 e l’avvento della meccanizzazione con la consecutiva trasformazione del paesaggio e delle attività agricole, hanno minacciato fortemente questa razza fino a ridurla a pochissimi esemplari rischiandone l’estinzione.
Fortunatamente verso la metà degli anni ’80, favorito dall’intervento di alcuni enti pubblici, con l’attivazione del Registro Anagrafico da parte del ministero delle Politiche agricole e forestali, gestione affidata all’Associazione italiana allevatori, e l’inizio dell’operazione di recupero e conservazione in collaborazione con alcuni allevatori appassionati, è iniziato un attento lavoro di salvaguardia.
L’associazione e l’Arat
Il lavoro di Aia e Ara Toscana di censimento e registrazione ha visto poi un’accelerazione a partire dal 2011, quando il Comune di Pomarance (Pisa) ha adottato l’ultimo gruppo di fattrici che vivevano brade nella foresta di Monterufoli e le ha affidate all’Associazione del cavallino di Monterufoli, per fare in modo che l’ultimo ceppo continuasse a vivere allo stato semibrado nella sua terra di origine.
Un contributo decisivo è stato apportato proprio da questa Associazione, la quale ha lavorato incessantemente dal 2008 per salvaguardare, incrementare questa razza allevandola e pubblicizzandola in fiere, manifestazioni, gare ed eventi, per fare in modo di avere un numero sempre crescente di soggetti da poter utilizzare presso scuole e centri ippici.
L’Associazione del Cavallino di Monterufoli, in collaborazione con l’Arat, ha promosso rassegne morfologiche nelle quali sono stati approvati nuovi stalloni che sono stati indirizzati, tramite piani di accoppiamenti mirati, nei nuovi allevamenti creati negli ultimi anni, Questo permette di mantenere la biodiversità di questa razza e nello stesso tempo di diminuire la consanguineità mantenendo anche le caratteristiche morfologiche e caratteriali di questa razza.
Il valore del pony di Monterufoli
Considerate queste caratteristiche, e tornando alla domanda che ci si poneva ad inizio della nota, il valore aggiunto del pony di Monterufoli ha potuto espletarsi nel suo impiego in varie attività sociali, tra le quali inserimenti in piani socio-terapeutici rivolti alla gestione e accudimento del cavallo.
Non solo simbolo di biodiversità, quindi, ma anche “sostegno di cura” attivo in sedute di Taa (terapie assistite con animali): essendo pony estremamente docili e mansueti i Monterufolini si prestano a attività di ippoterapia nelle varie fasi, dalla semplice pulizia del cavallo fino all’attività pre-sportiva e agonistica per persone con diverse disabilità. In quest’ambito, sono state finora innumerevoli le partecipazioni di questo cavallino nelle discipline equestri sia in ambito regionale che nazionale, con l’ottenimento di buoni risultati nel dressage, endurance, attacchi e salto ostacoli.
In definitiva, questi sono i punti di forza che potranno dare un senso nel continuare ad allevare questa razza, ipotizzando sempre più sbocchi commerciali come pony italiano al pari di altre razze. Sicuramente, occorrerà proseguire nel lavoro di miglioramento e incremento, che finora ha consentito di passare dai 59 soggetti censiti nel 1990 all’attuale consistenza di 350 capi.
Sono numeri limitati, ovviamente, ma indicano la strada da perseguire per imporre il valore della biodiversità e multifunzionalità di questi cavallini che si esprimono anche in una particolare attitudine per il tiro leggero e come pony da sella, grazie al carattere fiero ma docile, alle belle andature, al piede sicuro. Oltre ad essere un ottimo compagno nelle attività sportive, il Monterufolino può rappresentare un buon “ambasciatore” dell’equitazione di campagna ed un’alternativa dai costi più contenuti per far avvicinare anche i più giovani alle attività ippiche.
I vantaggi nella produzione del Monterufolino, dunque, oltre alla sua attiva partecipazione e simbiosi funzionale nelle azioni di conservazione del valore storico-culturale della propria area di allevamento, risiedono pure nel fatto che si tratta di un prodotto che richiede un impegno economico abbastanza ridotto per l’allevatore che deve collocare il cavallino sul mercato ed un corrispondente esborso finanziario contenuto da parte dei potenziali acquirenti