L’Associazione nazionale allevatori bovini italiani da carne (Anabic), afferente ad Aia, detiene i Libri genealogici delle cinque celebri razze bianche italiane: Marchigiana, Chianina, Romagnola, Maremmana e Podolica.
Il suo presidente, Luca Panichi, spiega l’importante ruolo che l’Anabic svolge nel miglioramento genetico e nella promozione delle cinque razze.
Qualità, tracciabilità e sicurezza delle carni italiane, sono le tematiche centrali che secondo il presidente andrebbero comunicate più efficacemente al consumatore.
Qual è il ruolo dell’Anabic?
«L’Associazione nazionale allevatori bovini italiani da carne è nata negli anni ‘60 ed è deputata al miglioramento genetico e alla promozione delle razze bovine italiane da carne autoctone: Marchigiana, Chianina, Romagnola, Maremmana e Podolica, di cui detiene il Libro Genealogico e le stazioni di controllo genetico. L’Associazione, riconosciuta quale Ente selezionatore delle razze Marchigiana, Chianina, Romagnola, ha vinto insieme a Anaborapi (per la razza Piemontese) e ad Anacli (per le razze Limousine e Charolaise) il bando del comparto carne del Piano di sviluppo rurale nazionale relativo alla Biodiversità con il progetto I-Beef (Italian - Biodiversity Environment Efficiency Fitness)».
Quante sono le aziende zootecniche iscritte all’Anabic? E quanti bovini avete in selezione?
«Gli allevamenti associati all’Anabic sono oltre 5.100 con circa 157.000 capi iscritti al Libro Genealogico. La razza più rappresentata è la Marchigiana con oltre 2.000 allevamenti e 51.000 capi. Seguono la Chianina con circa 1.500 allevamenti e 46.000 capi, la Podolica con circa 1.000 allevamenti e 37.000 capi, la Romagnola con 350 allevamenti e 11.500 capi e la Maremmana con 250 allevamenti e 12.000 capi iscritti».
Quali sono le differenze di selezione genetica sulle cinque razze?
«La messa in funzione dei Centri Genetici, negli anni ‘80/‘90, e l’utilizzo su vasta scala della fecondazione artificiale ha consentito di migliorare le caratteristiche di produzione della carne come l’accrescimento e la muscolosità. Nelle razze Maremmana e Podolica la selezione ha puntato a migliorare la produzione di carne mantenendo l’adattabilità e la rusticità, caratteristiche imprescindibili dall’ambiente e dalla tipologia di allevamento. Negli ultimi anni anche per la Marchigiana, Chianina e Romagnola si è assistito al progressivo passaggio all’allevamento estensivo con largo uso del pascolo.
Ciò ha mutato le esigenze degli allevatori e di conseguenza l’Associazione sta modificando i propri obiettivi di selezione verso caratteri che le rendano più adatte all’allevamento estensivo e al pascolamento, senza pregiudicarne le qualità da carne. Il miglioramento genetico ha consentito alle cinque razze italiane di rimanere vitali e numericamente significative a differenza di molte altre razze podoliche di origine europea che si sono estinte o sono conservate in appositi siti di protezione».
La razza Marchigiana, Romagnola e Chianina sono inserite all’interno del Consorzio del Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale, che applica per tutte lo stesso disciplinare di produzione, ma la Romagnola non gode in Italia della stessa notorietà delle altre due. Come mai?
«La razza Romagnola è apprezzata in tutto il mondo. Per l’elevata qualità delle sue carni e la sua adattabilità ai climi tropicali e sub-tropicali è stata esportata in molti Paesi. Troviamo numeri significativi di Romagnola in Australia, Sud Africa, Stati Uniti, Irlanda, Namibia, Messico, Guatemala, Nuova Zelanda dove viene utilizzata con successo anche come razza incrociante sulle popolazioni bovine locali. In Italia e in Europa purtroppo è inserita tra le razze minacciate di estinzione. L’attività di valorizzazione dell’Igp del Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale non è stata ancora capace di farla conoscere al pari della Chianina o della Marchigiana e le dinamiche commerciali attuate dagli operatori del settore negli ultimi anni l’hanno penalizzata notevolmente».
Quali azioni bisognerebbe mettere in campo per valorizzare la razza Romagnola?
«Negli anni sono stati fatti diversi interventi per la conservazione, ma mancano investimenti volti alla valorizzazione di questo patrimonio, per permettere agli allevatori di poter avere un reddito dignitoso che oggi manca. La Romagnola soffre della presenza di una rete di lavorazione e commercializzazione rivolta soprattutto alla ristorazione collettiva che non riesce a valorizzare in termini economici una razza che produce carne di qualità elevata. È incredibile che una razza che deve il suo nome al territorio dove è nata e allevata da sempre sia praticamente sconosciuta a casa propria».
Quali sono le quotazioni di mercato della Romagnola?
«La Romagnola viene pagata all’allevatore meno di 5,40 €/kg di peso carcassa, Iva compresa. Una sorte simile sta vivendo la Marchigiana che però riesce a spuntare un prezzo all’azienda intorno a 6,00 €. La Chianina invece, che ha un canale distributivo più differenziato con maggiore valorizzazione al consumatore, riesce a raggiungere un prezzo all’allevatore, Iva compresa, di oltre 7,00 €/kg di peso carcassa».
Perché è importante acquistare i vitelli presso il centro genetico Anabic e non attraverso canali commerciali?
«L’ingresso alle stazioni di controllo dell’Anabic è riservato ai vitelli con la migliore genetica. Ogni tre mesi vengono individuati i migliori animali che vengono ispezionati dai nostri esperti di razza, sottoposti ai test per escludere la possibilità che siano portatori di anomalie genetiche o di patologie sanitarie, quindi sottoposti al “Performance Test”. Gli animali, dopo avere superato un ulteriore periodo di quarantena, sono alimentati in modo standardizzato e controllato, pesati e misurati ad intervalli regolari.
A fine prova i dati raccolti vengono elaborati e verificato il loro valore genetico. Una ulteriore serie di controlli morfologici, sanitari ed andrologici li rende abilitabili come riproduttori. Gli animali più performanti vengono sottoposti a prelievo del materiale seminale poi reso disponibile agli allevatori. È opportuno che gli allevatori si approvvigionino dei riproduttori maschi alle aste al Centro Genetico per avere in azienda riproduttori di altissimo valore genetico, sicuri dal punto di vista sanitario e delle prestazioni».
Circa un terzo delle carni bovine consumate in Italia proviene da Paesi extra-Ue. Cosa non funziona? Perché le carni italiane non primeggiano sulle nostre tavole?
«Credo che una delle maggiori difficoltà che le nostre produzioni affrontino sia la scarsa conoscenza da parte dei consumatori dei sistemi di allevamento adottati per queste razze e dei sistemi di controllo, tracciabilità e trasparenza vigenti in Italia. Razze come la Chianina, la Marchigiana la Romagnola, la Podolica e la Maremmana vengono allevate con livelli di benessere animale molto elevati, alimentate con fieno e materie prime di qualità, spesso di origine locale, senza uso di sottoprodotti e scarti di altre lavorazioni alimentari. Ma tutto questo non riusciamo a comunicarlo con efficacia al consumatore che spesso è attratto solamente dal prezzo basso, quasi sempre corrisponde a carni di importazione. Ritengo sia necessario un grande progetto di comunicazione su questi temi che l’Anabic, insieme alle altre Associazioni del Sistema Allevatoriale del nostro Paese, intende mettere in atto nei prossimi mesi nell’interesse degli allevatori e dei consumatori italiani».
Uso responsabile dei farmaci e benessere animale
Con Luca Panichi facciamo anche il punto su come, nell’allevamento delle cinque razze, vengano perseguiti i due grandi obiettivi dell’utilizzo responsabile del farmaco e del benessere animale.
Le razze italiane da carne, come tutte le razze bovine allevate in Italia, spiega, «sono sottoposte a continui controlli da parte dell’autorità sanitaria. Marchigiana, Chianina e Romagnola sono allevate in percentuali che vanno dal 50% al 75% allo stato brado o semibrado; Maremmana e Podolica sono allevate completamente allo stato brado. Tutte e cinque le razze vantano livelli di benessere animale altissimi e queste particolari condizioni di allevamento all’aperto conferiscono agli animali una spiccata resistenza alle malattie e di conseguenza un limitato ricorso ai farmaci. Anabic inoltre ha puntato da molti anni al risanamento degli allevamenti da diverse patologie. Siamo stati anche incaricati di coordinare il Piano di Risanamento Nazionale dall’IBR per le razze italiane autoctone e stiamo studiando l’esistenza di linee genetiche naturalmente resistenti alla paratubercolosi».