Azioni di internazionalizzazione per costruirsi una solida rete commerciale nei mercati esteri; acquisizioni di segmenti produttivi in Italia per rafforzare l'offerta o differenziarla, sviluppando le potenzialità di produzioni locali che non hanno una capacità distributiva sufficiente per uscire dal territorio di origine. Sono queste le due linee strategiche su cui si muove Granarolo spa, gruppo bolognese tra i maggiori operatori agroindustriali italiani. Tra le ultime operazioni del Gruppo la fusione di Latterie Friulane in Granlatte, il consorzio di produttori di Granarolo spa che, stando agli accordi raggiunti tra le parti, dovrebbe completarsi in tutte le procedure previste dalla legge entro il 2014.
Inoltre, il presidente di Granarolo, Gianpiero Calzolari, ha dichiarato di voler realizzare un'altra acquisizione entro giugno di quest'anno: «Ci stiamo muovendo nel segmento dei formaggi duri, quindi Grana Padano o Parmigiano Reggiano; puntiamo a rafforzare la nostra capacità produttiva per questi prodotti dalla lunga conservabilità e quindi idonei al commercio estero, oltre che già apprezzati e conosciuti nel mondo».
Da cosa nasce invece l'interesse per Latterie Friulane?
«L'interesse è partito dalla richiesta d'intervento da parte del sistema cooperativo perché si evitasse di arrivare alla liquidazione di Latterie Friulane. Per quanto ci riguarda, il piano presentato punta al rafforzamento della filiera zootecnica regionale e alla valorizzazione del Montasio: il Friuli Venezia Giulia diventa così un'area di approvvigionamento importante con un significativo incremento della presenza in Granlatte di conferitori friulani di latte fresco e vogliamo sviluppare la commercializzazione del Montasio, formaggio semi duro che al momento ha una distribuzione pressoché locale, ma che crediamo possa trovare spazio sia nella grande distribuzione sia nei punti di vendita al dettaglio tradizionali in Italia e all'estero».
Lo scorso dicembre avete annunciato la nascita di Granarolo Uk, società controllata da Granarolo International per l'esportazione di formaggi nel Regno Unito e Irlanda, entro giugno completerete l'acquisizione del restante 30% del gruppo caseario di produzione e distribuzione francese Cipf Codipal; anche Granarolo ha quindi bisogno di guardare ai mercati esteri per compensare la crisi dei consumi in Italia?
«La crisi dei consumi è sicuramente una ragione, un'altra ragione è il cambio delle abitudini alimentari degli italiani a colazione. Poi c'è la forte concorrenza della grande distribuzione sulle marche. Sul mercato nazionale abbiamo risposto puntando sulla differenziazione, con l'offerta di formaggi freschi e duri, prodotti per target specifici (bambini, persone intolleranti al lattosio, …); l'innovazione di prodotto vale mediamente 40-50 milioni di euro all'anno, realizzati soprattutto in Italia, poi ci sono alcuni prodotti specificatamente studiati per l'estero.
Granarolo è già oggi il primo esportatore italiano di mozzarella di bufala, fra i primi esportatori di Grana Padano e Parmigiano Reggiano. Abbiamo intenzione di mantenere i nostri marchi sui mercati internazionali, quando ciò è possibile, in Francia (e probabilmente in Uk) utilizzeremo il marchio Casa Azzurra perché già molto noto tra i consumatori francesi.
Nel 2011 l'export rappresentava il 3% del fatturato di Granarolo Spa, oggi è il 16% e l'obiettivo è arrivare al 35% il più in fretta possibile, ma per affrontare i mercati esteri occorre una buona organizzazione della rete distributiva. Da qui le operazioni di internazionalizzazione intraprese. Continueranno perciò le acquisizioni di linee commerciali, mentre è nostro interesse mantenere la produzione in Italia. Guardiamo prima di tutto all'Europa (Francia, Spagna, Inghilterra, Germania), ma stiamo lavorando anche con la Cina, la Russia, l'Est Europa, la Turchia, gli Usa, il Sud America per mettere a punto partnership con i distributori. Per la promozione il Gruppo partecipa a fiere internazionali, il prossimo appuntamento sarà ad aprile a Singapore, ne seguiranno sei solo quest'anno; c'è poi il grande appuntamento di Expo 2015».
La crescita dei volumi esportati implica la necessità di maggiore materia prima.
«Abbiamo soci produttori lungo tutta la Penisola e ci arrivano molte richieste di adesione. Siamo sempre aperti ad allargare il parco fornitori. Il Gruppo si muove dove si creano le condizioni per sviluppare l'indotto commerciale. Al momento, in Italia, abbiamo 8 stabilimenti, 700 soci diretti e complessivamente un migliaio di aziende conferenti, lavoriamo 7 milioni di quintali di latte all'anno, di cui 5 milioni conferiti dalla cooperativa e 2 milioni dobbiamo acquistarli sul mercato».
Come gestite, da una parte, la richiesta del mercato di latte a prezzi bassi e la concorrenza delle private label e, dall'altra, quella dei produttori di mantenere una redditività?
«Siamo consapevoli che in Italia produrre latte costa più che in altri paesi, il compito di Granarolo è proprio quello di valorizzare commercialmente la materia prima nel modo migliore possibile. I dividendi che derivano dalla gestione d'esercizio vengono redistribuiti ai soci e si vanno ad aggiungere alla liquidazione ordinaria del latte (più premi di qualità). Sommando queste due voci diamo le liquidazioni più alte a livello nazionale e, in alcune annate, le liquidazioni per la linea Alta Qualità sono state molto vicine alle remunerazioni alla stalla del Grana Padano. La chiusura 2013 è in linea con le quotazioni del Grana e ad aprile 2014 paghiamo il primo trimestre dell'anno 45 centesimi al litro più i premi, quotazioni che al Sud vanno ritoccate di altri 0,5 centesimi. Inoltre paghiamo un acconto significativo, il 92-93% della liquidazione finale, a 30 giorni dal conferimento, secondo i tempi stabiliti dall'articolo 62. Questa norma è un sostegno importante alla liquidità delle aziende socie in tempi in cui l'accesso al credito è praticamente bloccato».
Lo scorso anno Granarolo ha acquisito una quota di Amalattea per il latte di capra e derivati e a inizio anno ha stretto una partnership con Vivartia per la distribuzione dello yogurt greco in Italia. Però con le nicchie di mercato non si fanno i grandi numeri.
«Crediamo di poter essere un “ombrello” per le produzioni di piccole dimensioni, e in Italia ce ne sono molte, supplendo a mancanze distributive e finanziarie. Nel caso di Amalattea, ritengo che in Italia il latte di capra abbia potenzialità di mercato ancora tutte da sviluppare. Per quanto riguarda Vivartia, lo yogurt greco verrà distribuito nella nostra rete commerciale mantenendo il brand Delta Food Vivartia a garanzia dell'origine del prodotto. Sarà segnalato solo: Selezionato da Yomo».
Le analisi di Bruxelles stimano che dopo l'abolizione delle quote latte la capacità produttiva europea non consentirà di aumentare più di tanto i volumi, cosa ne pensa?
«Credo invece che la produzione aumenterà molto. Paesi come Francia, Germania, tutto il Nord Europa si stanno già preparando ad aumentarla e produrranno molto di più di quanto riusciremo a fare noi. L'Italia perciò deve puntare sulle dop e sulle produzioni di alta qualità, ad alto valore aggiunto, più riconoscibili ad apprezzabili all'estero. In questo un ruolo importante dovrebbe esercitarlo anche la politica per esempio attraverso l'Ice. Tra le dop il Parmigiano Reggiano è riconosciuto in tutto il mondo come il re dei formaggi, ma si fatica a trovarlo nella gdo estera o lo si trova a prezzi irragionevoli. Dobbiamo riuscire a riempire quegli scaffali sennò lo faranno i produttori di simil grana. Credo che il segmento dei duri rappresenti il futuro dell'export made in Italy. Dobbiamo quindi guardare nel lungo periodo conquistandoci i nostri spazi con i derivati e i formaggi duri».
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