Il tavolo convocato al Masaf dal ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida ha portato alla definizione di un’intesa sul prezzo del latte destinata ad allentare la pressione su un settore zootecnico reduce da settimane di forte incertezza. Un risultato che, secondo le principali organizzazioni agricole e cooperative, consente di evitare la disdetta dei contratti e di riportare un primo equilibrio in un mercato rallentato da quotazioni in calo e costi produttivi in aumento.
«Stalle presidio economico e ambientale»
La stabilizzazione temporanea del mercato è accolta positivamente anche da Coldiretti. «Garantire la stabilità della rete zootecnica italiana non riguarda solo l’economia nazionale: quando una stalla chiude - ha fatto sapere Gianfranco Comincioli, presidente di Coldiretti Lombardia - si perde un intero sistema fatto di animali, prati per il foraggio, formaggi tipici e soprattutto comunità che presidiano territori fragili».
L’organizzazione ha evidenziatp come l’intesa permetta di «non lasciare a terra neppure un litro di latte» dopo settimane di tensioni che mettevano a rischio la sostenibilità del comparto». La Lombardia, con oltre 5mila stalle, produce il 46% del latte nazionale, destinato in gran parte ai principali formaggi Dop.
«Ora serve un patto di filiera che protegga la parte produttiva»
Il presidente nazionale di Cia, Cristiano Fini, ha sottolineato come l’accordo rappresenti «la necessità di riportare equilibrio tra domanda e offerta e alleggerisce il peso di una crisi che stava ricadendo completamente sugli allevatori».
Fini ha parlato di un confronto responsabile: «Il tavolo negoziale di ieri al Masaf, con il ministro Lollobrigida, è un risultato positivo su cui continuare a costruire le migliori condizioni di lavoro per i nostri produttori».
Evitate le disdette contrattuali, ora per Fini è il momento di ragionare in ottica strutturale: «Si è gestita l’emergenza ed era assolutamente necessario farlo. È tempo però di costruire un patto di filiera che tuteli la parte produttiva da dinamiche di mercato che stanno erodendo la redditività delle aziende, aiutando anche a governare la futura sovrapproduzione».
Il presidente della Cia ha sollecitato «un modello più equo, competitivo e sostenibile», il rilancio dell’Ocm Latte, misure europee di crisi, nuovi canali per le eccedenze e «una campagna istituzionale di promozione davvero forte ed efficace».
«Puntare su programmazione e monitoraggio continuo»
Molto positivo anche il giudizio della Copagri. Il presidente Tommaso Battista ha definito l'accordo «fondamentale per stabilizzare i mercati e restituire un po’ di ossigeno agli allevatori, messi alle corde dal calo del prezzo alla stalla».
Il meccanismo del prezzo, come ha spiegato Battista, «verterà su una indicizzazione con una differenziazione per le quantità eccedenti rispetto al primo trimestre 2025, sulla base delle quotazioni della commissione camerale di Milano, Lodi, Monza e Brianza». Questo consentirà di intervenire su uno squilibrio crescente che stava comprimendo ulteriormente la redditività aziendale.
Per Copagri è altrettanto significativo l’impegno del Masaf a investire sulla promozione del consumo interno ed estero, ma soprattutto l’apertura sulla programmazione di medio-lungo periodo: «Tutte le parti si sono impegnate a incontrarsi periodicamente, già da febbraio 2026».
Battista ha richiamato infine la necessità di «monitorare gli indicatori di mercato, prevenire comportamenti distorsivi e lavorare sulla certificazione dei costi di produzione», oltre alla proposta di «un programma Ue per la riduzione volontaria della produzione comunitaria».
«Accordo utile ma margini troppo stretti. Così si lavora in pareggio»
Più prudente, pur riconoscendone l’importanza, è Confagricoltura Mantova. «L’accordo è essenziale per stabilizzare almeno per tre mesi un settore che sta vivendo scossoni importanti - ha commentato Manuel Lugli, vicepresidente di Confagricoltura Mantova e presidente della sezione economica Lattiero casearia -. Il prezzo minimo fissato, 0,54 euro al litro a gennaio, 0,53 a febbraio e 0,52 a marzo, rappresenta un argine, ma non una soluzione».
«La situazione resta preoccupante e ampiamente antieconomica per gli allevatora - ha affermato Lugli, ricordando che «per un’azienda agricola realizzare un litro di latte costa circa 50 centesimi». Il margine è quindi estremamente ridotto, soprattutto per chi non produce latte destinato alle Dop: «Chi lavora per il latte fresco - ha ribadito Lugli - lavora quasi in pareggio». E l’allevatore, sottolinea, riceve «meno del 30% del prezzo finale di un litro di latte pagato dal consumatore, tra 1,5 e 2 euro».
Confagricoltura Mantova ha messo inoltre in guardia dal rischio import: un aumento dell’ingresso di latte estero comprimerebbe ulteriormente il valore del prodotto italiano. Anche l’ipotesi di assorbire il surplus nella produzione Dop non sarebbe percorribile: «Aumentare eccessivamente la produzione di Grana, in questa fase, farebbe crollare il prezzo del Grana Padano, già in calo».
Per Lugli le soluzioni devono puntare su una «programmazione ragionata della produzione», su misure per sostenere la domanda interna – dagli aiuti agli indigenti alla promozione nelle scuole – e su incentivi all’export. Fondamentale anche il coinvolgimento delle Regioni attraverso le misure sullo sviluppo rurale









