Il tasso di autoapprovvigionamento italiano di carne bovina, secondo un’indagine Ismea, scende nel 2023 ai livelli più bassi dell’ultimo decennio: 40,3%, rispetto al 58% del 2010. Inoltre, il settore è tra i meno autosufficienti con saldo bilancia commerciale tra i più negativi tra le filiere. Mentre un’indagine Nielsen sugli acquisti domestici di carne nel nostro Paese mostra che il 92% dei consumatori italiani compra regolarmente carne bovina con un’attenzione particolare per la carne prodotta in Italia.
Un quadro economico del comparto bovino italiano fatto di luci e ombre quello presentato a Roma in occasione dell’assemblea annuale di Assocarni, che ha evidenziato l’urgenza di intervenire per mettere in sicurezza la produzione nazionale.
Sebbene l’Italia sia il terzo produttore europeo di carni bovine con una quota dell’11% (al pari della Spagna), come sottolineato dal presidente dell’associazione Serafino Cremonini, «il crollo del livello di autoapprovvigionamento al 40% è un dato allarmante per la sovranità alimentare del nostro paese. Dobbiamo agire subito per preservare questo settore fondamentale per la sicurezza alimentare nazionale che è anche un formidabile presidio ambientale in quanto bovini e ovini sono presenti lungo tutto l’arco appenninico dal Piemonte alla Sicilia».
L’indagine Ismea, presentata da Fabio Del Bravo, ha fatto il punto anche sul tasso di autoapprovvigionamento delle carni bovine dell’Europa, che è pari al 103% ma con enormi differenze fra paesi: Irlanda 549%; Francia 139%; Spagna 115%; Germania 105%. Del Bravo ha quindi reso noto che il patrimonio bovino di quasi tutti i paesi europei risulta in contrazione a eccezione della Polonia, il solo paese che nel quinquennio 2019-2023 è cresciuto del 2,8%.
Il bilancio di autoapprovvigionamento della carne bovina | |||
.000 Tec (Tonnellate equivalenti carcassa) | 2019 | 2023 | var.% 23/22 |
Macellazioni | 759 | 671 | -7,9% |
Produzione interna | 564 | 382 | -7,8% |
Importazioni di animali vivi | 196 | 291 | -8,0% |
Esportazioni di animali vivi | 1,4 | 2,3 | -17,0% |
Produzione netta | 759 | 671 | -7,9% |
Importazioni di carne | 421 | 407 | 5,5% |
Disponibilità | 1.180 | 1.078 | -3,2% |
Esportazioni di carne | 134 | 130 | -6,5% |
Usi domestici/consumi apparenti | 1.046 | 947 | -2,8% |
Consumo pro capite (kg) | 17,5 | 16,1 | -2,70% |
Fonte: elaborazioni Ismea su dati Istat e Bdnz |
Difendere l’unicità del modello di allevamento italiano
Il presidente Assocarni ha quindi ribadito come il modello di allevamento italiano sia caratterizzato da un «equilibrio in termini di benessere animale, sostenibilità ambientale, economia circolare e presidio di un territorio con una conformazione olografica unica nel suo genere: il paese è caratterizzato da un territorio collinare (pari al 41%), montano (35%) di pianura (23%), 8.300 km di coste e, per questo motivo, ci sembra assurdo assoggettare la nostra zootecnia alle stesse regole dei paesi europei che non hanno le stesse condizioni ambientali».
«Malgrado ciò – ha proseguito Cremonini – il modello di allevamento italiano è uno dei comparti più penalizzati da un approccio ideologico che non ha nulla a che fare con la realtà, con i numeri, con i dati di un settore che opera nel nostro paese con un modello fortemente distintivo e che oggi vogliamo rivendicare con orgoglio. Bisogna sostenere chi ogni giorno vive in campagna con gli animali, chi alleva vacche nutrici e pecore, anche per favorire un passaggio generazionale che potrà avvenire solo se questo lavoro, non semplice, verrà adeguatamente remunerato».
Le proposte per rilanciare il settore
L’assemblea è stata anche l’occasione per lanciare alcune proposte di Assocarni, che il presidente Cremonini ha diviso in due macro-temi: prevedere risorse a favore della linea vacca-vitello affinché ci si affranchi, almeno parzialmente, dalle importazioni di animali vivi dalla Francia migliorando il deficit commerciale; e mettere in campo incentivi per favorire il ricambio generazionale e l’ingresso dei giovani in agricoltura.
Cremonini ha anche posto l’accento sull’impatto economico della Blue Tongue, una malattia animale che non è trasmissibile all’uomo e che non comporta alcun problema di sicurezza degli alimenti, ma che ormai è diffusa in gran parte dell’Europa limitando fortemente il movimento degli animali all’interno del nostro paese e verso i paesi confinanti. «La Commissione europea – ha incalzato – deve intervenire per facilitare gli spostamenti degli animali e trovare una soluzione efficace attraverso i vaccini contro una malattia ormai endemica».
Durante i lavori, Cremonini ha inoltre colto l’occasione per invitare il Parlamento europeo e il Consiglio a intervenire nei riguardi della proposta di revisione del regolamento europeo sul trasporto degli animali che la Commissione europea ha presentato poco prima di concludere il proprio mandato. «Si tratta di una proposta che si pone ideologicamente contro gli allevatori che, se non verrà modificata, rischia di aumentare i costi per la filiera senza migliorare il benessere animale. L’attuale regolamentazione europea ha gli standard di benessere animale tra i più alti al mondo, alzare ulteriormente l’asticella - ha rimarcato Cremonini - significa mettere fuori mercato la filiera italiana che importa gran parte degli animali dalla Francia».
Da ultimo Cremonini ha chiesto un’azione politica più incisiva da parte delle autorità per aprire nuovi mercati internazionali: «È fondamentale sbloccare l’export di carni bovine verso mercati strategici come Cina, Corea, Giappone e Stati Uniti come hanno già fatto alcuni paesi europei nostri competitor».
La struttura produttiva nazionale comparto bovino 2019-2023 (Indagine Ismea)
- 20% il numero di allevamenti bovini da carne nel quinquennio (passati da 100.199 a 84.652);
- 3% il patrimonio bovino da carne (chiudono le aziende piccole, aumentano i capi in quelle già grandi);
- 54% del patrimonio concentrato in tre regioni: Piemonte, Lombardia, Veneto.
Solo un quarto dei capi appartiene a razze autoctone, il 43% sono incroci e il resto razze francesi.
Evoluzione dei consumi di carne bovina (Dati Ismea)
- Sale del 20% la spesa per l’acquisto di carne bovina in cinque anni (2019-2023).
- Allineamento degli acquisti in volume di carne bovina a quelli pre-Covid (-0,3% 2023 vs 2019).
- Il tutto in un contesto di grande interesse per le fonti proteiche.
- Tra le fonti principali, la carne bovina, insieme a quella ovina, sono le uniche a non crescere nel quinquennio, rispettivamente -0,2% e -2,8%.