Per la Plenaria del Parlamento europeo gli allevamenti bovini restano esclusi dalla nuova direttiva Ue sulle emissioni industriali e non si prevedono nuove soglie per suini e pollame. Con 367 voti a favore il Parlamento europeo ha bocciato oggi, in linea con l’orientamento della Commissione agricoltura, la proposta iniziale della Commissione europea che equiparava il settore agricolo alle industrie includendo i bovini nella riforma della direttiva. La Commissione Ambiente aveva di recente ribaltato questa posizione inserendo, invece, i bovini (vedi qui).
L'iter della direttiva sulle emissioni industriali
Il nodo cruciale della riforma della direttiva sulle emissioni industriali è l'inserimento o meno dei bovini che nel provvedimento originario non erano previsti. La proposta di nuova direttiva presentatata dalla Commissione europea ad aprile 2022 aveva inserito i bovini nella nuova direttiva ma sul testo era stato poi raggiunto un compromesso dai ministri dell’Ambiente dell’Ue nel marzo 2023.
Nell'aprile 2023 la Commissione Agricoltura del Parlamento europeo aveva approvato il Progetto di Parere presentato da Benoît Lutgen, che chiedeva l’esclusione degli allevamenti di bovini e di mantenere invariate la situazione per il settore dei suini e del pollame.
Successivamente, a maggio 2023, la Commissione Ambiente si era espressa a favore dell'inserimento dei bovini. Ora la Plenaria del Parlamento europeo ha votato per l'esclusione del comparto. L’iter prevede ora un ulteriore passaggio in sede di trilogo (che vedrà coinvolti rappresentanti del Parlamento, del Consiglio e della Commissione).
«Una scelta diversa avrebbe portato a considerare zootecnia inquinante»
Soddisfatto per il voto della Plenaria il ministro dell’Agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, Francesco Lollobrigida: una scelta diversa «avrebbe portato la zootecnia a essere definita altamente inquinante. Respingere questo provvedimento – ha fatto sapere – è la decisione opportuna per tutelare un settore nevralgico per l’agroalimentare, evitando il rischio di desertificare intere aree della Nazione, a vantaggio di quegli Stati extra-Ue che non avrebbero rispettato gli stessi nostri vincoli. Continueremo a lavorare per difendere un tessuto produttivo già ampiamente sostenibile e vigileremo affinché non passi l’idea che i cibi sintetici possano essere la soluzione per garantire la sostenibilità ambientale».
«Sarebbero scaturite ripercussioni economiche e amministrative insostenibili»
Commenti positivi sono arrivati anche dalla associazioni di categoria: «Con il voto odierno di Strasburgo – ha commentato il presidente di Alleanza Cooperative Agroalimentari, Carlo Piccinini –, non è passata la proposta iniziale della Commissione che in tema di emissioni mirava ad equiparare il settore agricolo agli altri settori altamente industrializzati, un assunto da cui sarebbero scaturite ripercussioni economiche e amministrative insostenibili. Il nostro auspicio è che il Parlamento Europeo difenda la posizione espressa con il voto odierno, affinché il quadro normativo attuale resti sostanzialmente quello regolamentato dall’assetto normativo vigente: ovvero gli allevamenti bovini rimangono fuori dal sistema di certificazione sulle emissioni e nessuna nuova soglia viene prevista per i settori delle carni avicole e suinicole».
In gioco posti di lavoro e la chiusura di molti allevamenti di dimensioni medio-piccole
«Abbiamo fermato in Europa la norma ammazzastalle – ha affermato il presidente della Coldiretti, Ettore Prandini –, con la decisione di lasciar fuori gli allevamenti bovini dalla revisione della direttiva sulle emissioni industriali che salva un settore cardine del made in Italy. Coldiretti per prima aveva denunciato l’assurdità scientifica di paragonare le stalle alle fabbriche e avviato su questo una campagna di sensibilizzazione in Italia ed in Europa».
Il testo boccia la proposta della Commissione europea di ampliare le attività coperte dalla direttiva agli allevamenti di bovini da 150 capi in su, la quale, come ha sottolineato Prandini, avrebbe portato alla perdita di posti di lavoro con la chiusura di molti allevamenti di dimensioni medio-piccole, minando la sovranità alimentare e il conseguente aumento della dipendenza dalle importazioni di prodotti animali da Paesi terzi, che hanno standard ambientali, di sicurezza alimentare e di benessere animale molto più bassi di quelli imposti agli allevatori dell’Unione.
«Ora tenere ferma la posizione nel quadro del trilogo con il Consiglio e con la Commissione»
Soddisfatto anche il presidente diConfagricoltura, Massimiliano Giansanti, che ha ricordato come «l’inclusione degli allevamenti bovini, proposta dalla Commissione e bocciata dal Parlamento europeo, avrebbe comportato la chiusura di numerose strutture produttive con la conseguente perdita di posti di lavoro. L’invito che rivolgiamo ora al Parlamento europeo è di tenere ferma la posizione nel quadro del trilogo con il Consiglio e con la Commissione per raggiungere l’intesa finale. Va ricordato che l’orientamento del Consiglio è stato approvato con il voto contrario dell’Italia».
«Si è riusciti a bloccare – ha commentato Carlo Siciliani, presidente di Uniceb – un approccio ideologico che da tempo sta cercando di equiparare gli allevamenti alle attività industriali, andando anche contro gli stessi dati statistici che, per quanto riguarda l’Italia indicano solo nel 4% le emissioni imputabili alla filiera zootecnia (carne, latte e uova). Da sottolineare – conclude Siciliani – il lavoro portato avanti con particolare impegno dall’On.le Paolo de Castro in Commissione Agricoltura del Parlamento europeo che ha permesso questo grande risultato».
Gli allevamenti hanno investito in sostenibilità
La proposta di revisione appariva, secondo il presidente nazionale di Cia, Cristiano Fini, «totalmente scorretta e ingiusta. Gli agricoltori sono continuamente impegnati a ridurre l’impatto ambientale delle loro attività con pratiche sostenibili, tanto che oggi in Europa l’incidenza degli allevamenti sulle emissioni complessive si colloca tra il 7% e il 10%. Ancora meglio fa l’Italia, dove le emissioni di CO2 della zootecnia rappresentano appena il 5,2% del totale. Dunque, è chiaro che il settore non rappresenta un problema, anzi è una risorsa utile anche per la cattura e sequestro di anidride carbonica e per la produzione di energia pulita».
«È bene ricordare che il primario è l’unico settore produttivo che oltre a generare gas serra, contribuisce sensibilmente al loro assorbimento – ha fatto sapere il presidente di Copagri, Tommaso Battista, evidenziando, inoltre –, che sono sempre più numerosi gli autorevoli studi scientifici e accademici dai quali emerge con chiarezza come il contributo della zootecnia in materia di inquinamento sia sensibilmente più contenuto di quanto si pensi, tanto che nel decennio 2010-2020 il comparto non solo abbia notevolmente ridotto le proprie emissioni, ma sia addirittura andato in negativo, finendo cioè per sottrarne dall’atmosfera ben 49 milioni di tonnellate».